Che cosa ti tiene compagnia in questo momento: un libro? Un ricordo? Una storia? …O che altro ?
Ho letto la parola Adonai, poco fa, sfogliando un libro che tratta il tema della “numerologia”, la traduzione di questo termine è letteralmente: Signore. Sono certa che saranno innumerevoli le persone che avranno tradotto subito nel modo giusto la parola, ancora prima che lo scrivessi..
Leggendo questa parola la mia mente ha fatto un subitaneo collegamento con la Bibbia e il successivo pensiero mio, è stata la constatazione del fatto di aver letto la Bibbia solo in sue poche parti e in momenti diversi nel tempo. Ovvero: non ho mai affrontato una vera e proprio lettura della Bibbia,
completa, approfondita. Ricordo che ad una lezione di storia dell’arte al mio primo anno di università un professione
ci disse che studiare storia dell’arte non era un semplice studio della materia in sè, ma che dovevamo,
per analizzare il quadro/ l’opera, conoscere la sua storia completa: il periodo storico e gli avvenimenti storici raffigurati, la storia politica e sociale del tempo ritratto e nel caso di certe opere dovevamo conoscere
anche i personaggi e le storie narrate in certi testi sacri, come la Bibbia.
L’opera che stavamo analizzando insieme in quel pomeriggio trattava di Giobbe, e delle sventure che il suo Dio non gli aveva risparmiato. Dovevamo citare anche il testo della Bibbia, per l’esame universitario.
Ricordo ancora la penombra di quella stanza, il viso pressappoco di quel professore e le depositive osservate.
Quante cose è in grado di contenere la memoria, immagino che se volessi concentrarmi di più su quel momento mi ricorderei più dettagli.
Ma in verità non è di questo che vorrei parlare e scrivere, ma di me da bambina. Di com’ero da bambina?
Perchè non lo ricordo molto bene, so che non ero una di quelle bambine e bambini (in questo caso non c’è differenza
tra maschi e femmine )
che si affezionano o meglio che si attaccano immediatamente alle figure che incontrano al di là della
loro famiglia d’appartenenza: ovvero le maestre, gli altri bambini, le “tate” -baby sitter, o altri tipi
di estranei alla famiglia che hanno la possibilità di entrare in relazione con loro, vuoi per motivi
di vicinanza fisica (vicini di casa) o di insegnamento(maestre), o di cura e assistenza (come tate, colf ecc).
E questo probabilmente non mi è mai successo un po’ per carattere personale ma in larga misura perchè
allora, da bambina, ossia sino ai miei 11 anni e mezzo di età, avevo una famiglia, che mi dava considerazione, affetto
e non avevo bisogno e necessità di cercarlo al di fuori di questa..
Dicono che i bambini che si legano facilmente ad altre persone…al di fuori del proprio nucleo parentale siano
poco amati e che siano trascurati. Questo l’ho letto in qualche manuale di pedagogia delle scuole superiori.
Chissà se è del tutto così, o magari, semplicemente ci sono bambini più bisognosi di affetto di altri? Che hanno
una fiducia totale nel loro prossimo…?
Anche, se devo dire, che ricordo di essere stata anch’io una bambina espansiva e affettuosa ma non cercavo di stringere un
legame troppo forte con degli estranei, avevo già i miei “cari” . Non avevo la necessità di cercare una famiglia che già avevo.
E che ad un certo punto, però, fatalità ha voluto, che si sia disgregata, improvvisamente, vuoi per la morte di mia nonna paterna
con la quale vivevo, vuoi per la separazione dei miei genitori e anche per l’allontanamento di un altro parente che abitava
con noi. Tutto questo distacco, e vuoto mi ha “segnata”. Non sono riuscita ad accettare bene tutto questo vuoto
improvviso e al secondo anno delle scuole medie ho iniziato a soffrirne…nell’avere avere una casa per me così “vuota”. Non sono mai riuscita a ri-crearmi una famiglia, anzi ormai ritengo che la mia solitudine esistenziale sia il mio sistema di vita definitivo.
Mi sono abituata in questo modo, all’età dei miei 12 anni, a fare affidamento su di me soprattutto, non so se questo sia stato un bene o no, ma è stato, semplicemente.