Anais Nin che parla del lavoro svolto sulla sua mente, e sul suo stato mentale cambiato, migliorato, grazie alla psicoanalisi:
“Riassumerò il cambiamento straordinario provocato dall’analisi. Un mese senza depressioni, senza angoscia o nervosismo. Mi sento installata nel presente. Mi concedo ad esso. Non provo più rabbia, non sento più muri o ostilità in rapporto al mondo. Critico di meno. Mi godo quel che succede. Non sono nervosa per principio. Sono gaia e libera. Le paure sono diminuite, la paura di essere incapace di guadagnarmi da vivere, la paura di perdere l’amore. C’è meno ribellione, più linearità, e luminosità nel vivere. C’è la capacità di liberarmi dall’angoscia. Non c’è amarezza, non c’è attrito, e la rabbia contro l’America per non aver accettato il mio lavoro è sparita. Avendo meno conflitti mi stanco meno e realizzo di più. Leggerezza e senso di forza. Si è tutto consolidato in questo mese. E’ vero che potrei morire senza vedere Bali, ma avrò delle cose che mi compensano della perdita. Posso rendere felice un essere umano. Sono vicina a un essere umano e più vicina di prima ad altri. La mia naturale gentilezza sta tornando. Non mi aspetto che gli altri amino o capiscano il mio lavoro. Non sono acida o ferita. Molto realizzata. Sono andata ad una festa; in passato una parte di me si sarebbe bloccata perchè la gente non era interessante; questa volta sono entrata acriticamente, accentandola per quello che era. Contentezza. Mi ci è voluta una vita per imparare che la felicità è nelle cose tranquille, non nelle vette dell’estasi.”
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Principalmente ho cercato una stanza confortevole nella quale poter rilassarmi per farmi psicoanalizzare, ma non l’ho ancora trovata. Sono stata da una psicologa, uno psicologo e un sacerdote l’anno scorso, la prima aveva uno studio, ovvero la stanza nella quale accoglieva i pazienti troppo asettica, bianca…mi ha dato la sensazione di rigidità e non di armonia, bontà, benevolenza, cura…, lei non rispecchiava proprio del tutto le qualità non trovate (ed elencate) in quella stanza, e la sua figura in sè, non mi ha nemmeno rassicurata del tutto, nell’essere in grado di fornirmi un valido aiuto. Sto valutando comunque di tornarci, perchè la sua gentilezza dei modi mi hanno ad ogni modo confortato.
Il secondo -psicologo- aveva una stanza, uno studio più accogliente e riservato, con dei colori più caldi e miti sulle pareti…anche lui stesso mi è sembrato abbastanza aperto all’ascolto, ma essendo un uomo temo di poter rivedere in lui una specie di surrogato della figura paterna (che non ho mai avuto e che mi manca quindi) e di inficiare così la qualità pura dell’analisi.
Confidarmi e confessarmi con un sacerdote è stato da una parte liberatorio e dall’altra un po’ meno facile di quello che credessi, un po’ per il peso della colpa che mi sentivo addosso e di cui poi mi sono effettivamente alleggerita parlandone, un po’ perchè pensavo che il colloquio- confessione avvenisse diversamente, ovvero che non ci fosse un diretto contatto visivo -viso a viso- ma che ci dividesse una grata, cosa che non ho trovato. Ciò mi ha leggermente colta di sorpresa, pensavo alla confessione come ad un “momento” più riservato per il fedele. Una persona può non riuscire a dire tutto quello che sente, per imbarazzo o mancanza di libertà con un contatto immediato così diretto.
Non che io stia cercando soltanto un luogo-studio- dove entrare e sostare per ricevere delle parole di sostegno, attenzione e cura, più che altro cerco ovviamente un buon/a psicologo/psicologa, ma nel primo impatto con un medico ogni cosa che mi impressiona la tengo in considerazione, anche lo studio in cui dovrò recarmi. Saranno scuse per non addentrarmi in una cura per la mia psiche? Cosa che potrebbe benissimo essere… se è così dovrò comunque superarla, visto che sto ancora accusando i sintomi di un nuovo vecchio trauma dell’anno scorso. Sono sicura, perchè me ne sono accorta purtroppo di recente, di subire il dolore per la morte ingiusta e rapida di una persona alla quale ho voluto bene fin da quando ero un bambina. La sua morte mi ha tolto un pezzo della mia infanzia, oltre lui.