Rufo

Nihil ulterius


Imparai a ridere ,violai il mare,misi piede su verdi prati,una nube d'0ro svavillava sulla selva;divenni vecchio ,cercai incanti per vincere la morte .Non invidiai nessun destino,respirai la morte.Poi partii accettando la sorte.Chiedevo a Dio cose impossibili:si fa il male per essere grandi,per essere come Dio.L'uomo vorrebbe essere Dio almeno un giorno ,almeno un'ora ,non vorrebbe avere a che fare con la carne mortale e così s'infuria e non si accontenta più nemmeno d'essere Dio.Così diventa vecchio anzitempo ma non prima d'aver tentato tutto per conquistare la luce lunare e per imparare a non piangere più.Ho dato uno sguardo al nido della civetta ,la strada è larga e vi si striscia come lumache .E' zitto il vento ,le stelle corrono via ,la luna è torbida vuole nascodersi;da un coro fatato sibilano fitte faville :chi oggi non si leverà sarà perso per l'eternità.Va bene per vela uno straccio ,una madia qualunque per fare un'ottima nave:chi oggi non vola non volerà mai più.Uno stormo stregato copre la brughiera poi si pigia ,urta ,fruscia,passa e ciarla.Lampi,faville,fetore e fiamme ;con un balzo solo via da questa folla , è troppo scatenata.Laggiù brilla qualcosa d'una luce stranissima ,le fiamme hanno mille colori,il fumo segna mille rotte ,ci dovremo abituare a questo maledetto stridio,le lumache hanno annusato la mia anima con le loro corna esitanti.