Rufo

27\12\2018


Io sublunare arreso alla dominazione di un astro irresistibile ,centro di gravità che mi attira;io vittima arresa alla straziante presa della cattività perchè il tuo passo oscilla come l'ascia che pesa fra le mani del boia  prima della caduta,ed io vorrei morirti fra le zanne e gli artigli.Parlavi della tua furia molecolare dietro il tuo velo ,al buio fra la guazza con quel film bianco che scorreva in fondo velando il mondo.Parlavi della nascita  e celebravi la morte ;io so qui  apiangere per tutte e due.Alfiere della tua alterità,guizzava una civetta,che idea abitare dentro una scultura;mi domando chi dei due è l'animale e chi la conchiglia,solo colui che è atterrito dalla fragilità può fare cose grevi e gravi,cose che lo proteggono dal fuori ma che insieme spalancano le segrete del dentro.Acri profumi,mare odoroso e vagabondo di flutti azzurri e bruni.Come un vascello che si sveglia al vento del mattino la mia anima sognante s'appresta a un cielo lontano.I tuoi occhi che nulla rivelano di dolce o d'amaro sono due gioielli in cui l'oro s'unisce al ferro.Sotto il fardello della pigrizia il tuo capo di donna si dondola con la mollezza d'un giovane elefante.Il tuo corpo si piega e s'allunga come una bella nave che bordeggia e tuffa nell'acqua le sue antenne:sei un cielo liquido che semina di stelle il mio cuore.Tutto è nulla e ombra,non vero.Parole nel silenzio,sillabe sull'acqua,uno spirito che,trillando,vaga.Una barchetta di carta spinta sull'acqua del mondo,buco nero che beve luce e mendica energia,disfa,collassa,assorbe la materia dell'io.Vorrei essere il non nato ma tempestivo mi ha preceduto l'assente,invece sono il callo osseo che cresce nella frattuta,il vuoto mi alimenta finchè dura:amputarsi,mutilarsi,abdicare,mendicare.Il mio paradiso è la camera con vista sull'inferno altrui,il tempo è trascorso in anni bui.Mi strappi a forza di pianti così traggo un filo d'aria attaccato alla cannuccia.Provo quello che prova Dio ossia debolezza,timore,un rovello e un affanno.Credo che Dio sia questa infinita sub-carogna dell'essere,una putrefazione in un nido d'insetti.Le tue radici schintano la mia vita per fare d'una coppia due infelici.Una clessidra che si svuota ,un agnello portato al macello;ogni nota una fitta,fammi perdere il filo,non lasciare che la storia si muova al tuo posto:non nascere più.Guardiamo nella stessa direzione,tu vai non vedendomi più o sono io che me ne vado con lo sguardo su di te? Morte che non muori,la mia vita è congedo e l'elettrolisi da me.L'occhio è come un' ape che va e viene,che voglia fare il miele in un alveare di sguardi.