Rufo

27\02\2019


Conosco l'angoscia,la vergogna,i rimorsi,i singhiozzi,i fastidi e i vaghi terrori di quelle orrende notti che comprimono il cuore come si spiegazza una carta.Conosco l'odio,i pugni serrati nell'ombra e le lacrime di fiele quando la vendetta suona il suo infernale richiamo e si fa guida delle mie virtù.Conosco le febbri dei vecchi lungo i grandi muri dell'ospizio sbiadito che,come degli esiliati,vanno,con piede strascicato,cercando il sole raro.Conoscono le rughe e la paura di invecchiare e il tormento orribile di leggere l'orrore segreto della devozione negli occhi dove a lungo bevvero i miei avidi occhi.Una volta,una sola,dolce e amabile donna il tuo braccio levigato s'appoggiò al mio ,sul fondo tenebroso dell'anima il ricordo non è impallidito.Era tardi,la luna si affacciava come una medaglia nuova e la solennità della notte scorreva come un fiume addormentato.Lungo le case,dietro i portoni,gatti avanzavano furtivi,l'occhio vigile,come ombre amate,ci accompagnavano lentamente.D'un tratto,nella libera intimità fiorita sotto il pallido chiarore,il suono di uno strumento in cui vibrava una radiosa gaiezza,sfuggì una nota lamentosa e bizzarra come una fanfara nel chiaro,allegro scintillante mattino.