Rufo

19 ottobre 2021


Parente dell'autunno, vivo una affabile agonia , ho seminato tutto me stesso nel fondo dell'abisso, sono impaziente di unirmi al vento, non faccio che aumentare il peso della notte. Il silenzio mi spacca la bocca, un balbettio di spighe mi sussurra: la morte ti rende puro. La nascita mi usura, la vera libertà sta nel sapersi morire. Rintocchi funebri su un mondo coperto di cenere mi ricordano che vivere è un limite immenso: il divenire passa, l'assenza rimane. La morte è un assoluto scintillante commiato dalla vita, predicendo ciò affermo di vivere, arriverà,poi,il silenzio che solleverà la mia anima esanime per trasportarla con sé. Bacio con gli occhi il vento notturno, esisto dentro una cornice di polvere nascosto dietro nebbie perenni. Una tempesta si scioglie docile davanti ai miei occhi, dal mio parapetto di solitudine contemplo il mondo ,le parole non scoprono più nulla, tutto passa e scompare. Un bavaglio di cenere mi impedisce di parlare, rimane un fiore che brucia all'orizzonte. La mia esistenza è come un giorno di vento perpetuo: è l'ora di tacere, di diventare morte. Il passo delle stagioni ricopre d'ignoto la mia vita, sono una vela che ripugna il vento, sono la luce che si corica dentro l'ennesimo tramonto.