169. ‘com’è l’anima?’ mi chiede mia madre: im – poss – abilità di una risposta

L’altro ieri mia madre mi ha detto:
“Vorrei farti una domanda … ma non mi prendere in giro.”
“No, non ti prendo in giro … non ti ho mai preso in giro” ho risposto.
Pausa sua. Attesa mia.
“Come è l’anima?”
Non è  la prima volta che mia madre mi fa domande importanti. A quella su come è fatto il sistema solare risposi con mappamondo, torcia, aiuto di mio padre, atlante; a quella su come è fatto l’universo ebbi più difficoltà; a quella su Dio mi appellai al catechismo; più semplice fu rispondere alla domanda “come sono fatti gli altri?”, gli altri degli altri Paesi. Il titolo di studio di mia madre è la quinta elementare e ha vissuto sempre nel paesino, sempre nella sua casa, dove è stata regale nel condurla. Non conosco completamente  come sia la sua visione del mondo, ne ho esperienza quando lei si esprime o dai suoi comportamenti, ma tutto il suo orizzonte interiore non lo so, non so esattamente come interpreta il mondo, e non so fin dove arrivi la sua capacità di astrazione. Però scrive e pensa poesie ed è vicina a ciò che è buono e bello, considerando inscindibili i due concetti, in modo biblico.
Le sue domande importanti non sono mai sul “chi è?” o “cosa è?”, ma “come è”, includendo quindi un aspetto fisico e un processo intesi anch’essi inscindibili, nel senso proprio che ha anche la vita.

Prendo qualche secondo di silenzio. Nella mia mente arrivano immagini eteree, morbide pennellate bianche su un fondo scuro che potrebbe essere l’infinito e l’eterno.
“Tu come te la immagini?” le domando.
“Non me la immagino, per questo te lo chiedo.”
“Tu mamma sei cristiana, hai sentito parlare sempre dell’anima …”
“Sì, sono cristiana, prego, io credo tanto, ma non lo so come è fatta l’anima.” Sul suo viso c’è un broncio; una delusione e un po’ di rabbia si sentono nel tono della sua voce. “Volevo chiederlo a don Danilo, ma mi vergogno.”
“Meglio di lui nessuno può risponderti, non vergognarti.”
E poi apre il suo cuore: “Perché io non sono più tanto sicura che rivedo il babbo. Non lo rivedo più come quando mi sorrideva, io non lo tocco più come lo toccavo finché era vivo.”
Quindi lei aveva un’idea fisica dell’Aldilà, un’idea che adesso il vuoto anche fisico lasciato dalla morte sta mettendo totalmente in discussione e sta devastando il suo mondo.
Accorro verso il cuore di mia madre, col mio dilaniato dal dolore ma che accantono per sostenere una donna di 87 anni che da un mese e mezzo piange e ricorda di lei e di lui solo da fidanzati; e che legge di continuo le frasi scritte sul libro delle firme che l’impresa funebre aveva posto all’ingresso della camera mortuaria, dove abbiamo dato gli ultimi saluti a mio padre. Ma probabilmente sono proprio quelle frasi ad aver instillato in lei il dubbio, insieme all’evidenza di un vuoto insopportabile: parlano di vicinanza, anche se di un altro tipo di vicinanza; dicono della gioia dove vivono adesso i nostri cari che non sono più con noi.

Accorro. Mi sento egoista a pensare che anch’io vorrei sfogare un dolore che mi annichilisce e che anch’io vorrei parlare ed essere ascoltata confortata abbracciata. Ma forse no, non sono egoista o forse sì o forse no, di certo so che c’è solo da imparare, solo sempre da imparare. Nemmeno io so come è l’anima. L’anima è una parola potente nella mia rappresentazione del mondo, ma sento con sgomento che è solo una parola, che è stata fede certa anni fa, che adesso è un suono di speranza.
Accorro.
“Ecco mamma … tu pensi i pensieri …”
“Sì.”
“I pensieri non puoi toccarli, ma ci sono.”
“Sì”
“Anche quando immagini, vedi le immagini nella tua testa, ma non le tocchi.”
“Sì.”
“Beh, ecco, questo ci aiuta un po’ a capire come è l’anima. E’ un altro modo di vivere, in un’altra dimensione. E’ una dimensione spirituale.” E non so cosa ho detto.
“Ecco, allora è così, ho ragione, io il babbo non lo vedrò più come lo vedevo qui.”
“lo vedrai con occhi spirituali, lo toccherai con mani spirituali, in un altro modo. Non so esattamente come, ma avverrà, stai tranquilla.”
E’ seduta nel suo solito angolo della cucina e che adesso è diventato l’angolo della sua stessa vita. 65 anni di matrimonio, 6 anni di fidanzamento e il suo orgoglio dell’unico amore, dell’unico uomo. Come dettava il canone della sua epoca e del suo mondo per definire una ragazza seria. Mia madre ha rispettato tutte le regole, non è stata un’innovatrice, il suo regno è stato conservatore, bello e preciso, ma conservatore. Inutile dire qui di quando  parlavamo di una possibile papa donna, lei disse proprio “impossibile” e “mai”.
E quindi, quando arriva qualcosa di nuovo, qualcosa che addirittura non è bello-buono, qualcosa che è perdita-dolore e vuoto prima inimmaginabile, quel qualcosa è possibile o impossibile? Il fatto è che arriva, esiste, e si fa beffe del nostro considerarlo possibile o impossibile.

Telefono a mia sorella e continuiamo a parlare in tre. Tre donne alle prese con l’anima. Anzi, con tre convinzioni sull’anima. Io da ragazza studiai tre anni teologia, e adesso non ho nulla da dire, nulla per confortare. Ho conosciuto molte perdite, dalle morti alle separazioni; porto fardelli pesanti in silenzio e solitudine. Non vorrei parole, solo vicinanza.
Ecco, ho l’occasione di trasformare questo mio desiderio in dono. Ascolto. Trovo parole buone, il più possibile vicine a un dato fisico nello spirituale, ma mia madre è triste, sta diventando consapevole che l’eternità raccontata dalla sua fede non ha questo corpo col quale ha vissuto il suo amato.
Per mia madre il suo legame con mio padre era per l’eternità, e giustamente si chiede come sarà nell’altra vita in cui crede, come saranno le carezze, come sarà il loro amore; forse lei crede in un Aldilà-miracolo, fatto anch’esso di carne e impastato di amore.
E ora tutto sembra crollare in questa nuova consapevolezza di un altro Aldilà, di una spiritualità veramente e completamente scollegata dal corpo.
E quindi “Mi sono stancata di stare senza Enzo”, dice.

Il potere della sua domanda è tutto in quel “come”, il “come” di cui è fatto il suo mondo, le sue rappresentazioni, la sua vita. Non “cosa è il pane?”, ma “come ‘è’ il pane, come ‘diventa’ pane, in che modo esiste il pane, in che modo si fa esistere il pane, come si fa il pane?”
Una ricchezza che per fortuna lei e il babbo mi hanno dato, e a cui il mondo in cui io ho vissuto ha aggiunto prepotentemente il “chi-cosa è?” e l’arroganza di avere un a risposta certa unica duratura.
E’ proprio quel ‘come’ che spesso mi salva dal ‘chi’.
Ma stavolta non so rispondere.
E forse, forse, forse, è perché anch’io ho bisogno delle mie lacrime.
Di ricordare anch’io a voce alta, a qualcuno, quella volta in cui mio padre mi spiegò come si fa un muro “a faccia vista”, basato su 5 o 7 pietre, e come si posizionano le pietre per farlo ‘bene’; quella volta in cui mio padre mi disse come si fa quando si prende un impegno con qualcuno e come-quando si può recedere da tale impegno; come si costruisce un cappello di carta da muratore; come si impara ad andare in bicicletta; come, come, come, in che modo si fa …
E vorrei fosse qui, adesso, a dirmi come si fa ad imparare a vivere senza di lui. In realtà, lui, mentre era in vita, mi ha già dato tutti gli elementi per sapere come fare, altrimenti non sarebbe stato amore il suo verso me, e non non sarebbe amore il mio verso di lui. Non voglio deluderlo, imparerò.

Poche ore dopo la sua morte, in mezzo a lacrime brucianti, ho sentito al centro del mio petto la sua voce, come fosse lì, la sua bella voce dirmi:”Malù, forza!”, come a volte mi aveva detto mentre era in vita.
E questo mi ripeto.
In questo modo forse è l’anima. Una forza che sembra impossibile e che diventa  possibile.
E tutto è nel crederci, nell’averlo nella propria rappresentazione del mondo.

Parlerò sempre più con mia madre di “come è l’anima?”, fino a che lei stessa saprà parlarmene. Non voglio lasciarla sola in quell’angolo muto della sua vita. Io ho sofferto già tutto questo, non voglio che ne soffra anche lei.
C’è sempre solo da imparare: probabilmente è questo l’elemento fondamentale da includere nella propria rappresentazione della realtà, questo è l’elemento di base di ogni nostra narrazione.
Ciò che rende possibile il narrare-vivere è essere convinti che c’è sempre solo da imparare.
Imparare attraverso il “come è”, per arrivare con discrezione rispetto umiltà e amore il più vicino possibile al “chi è”, e lasciando a quel “chi è” il suo personale spazio inenarrabile di mistero, avvicinabile soltanto da un “come” che si è fatto “Esser-Ci”.

 

babbo e mamma
babbo

 

 

 

https://www.adelphi.it/libro/9788845917103

https://www.macrolibrarsi.it/libri/__la-mappa-dell-anima.php

https://www.amazon.it/Realt%C3%A0-dellanima-Carl-Gustav-Jung/dp/8833926524

https://www.rebeccalibri.it/articolo-pinl/i-confini-dellanima-non-troverai/

https://www.ibs.it/linee-rosse-uomini-confini-imperi-libro-federico-rampini/e/9788804683582

https://medium.com/@Micmarziani/gianni-brera-mario-albertarelli-lo-zio-piero-e-una-buona-carta-geografica-aa26de5c0c05

 

https://www.agi.it/scienza/mappa_anima_piu_antica-6341285/news/2019-10-11/

 

 

 

169. ‘com’è l’anima?’ mi chiede mia madre: im – poss – abilità di una rispostaultima modifica: 2020-02-16T14:29:09+01:00da mara.alunni