220. curriculum vitarum, oltre il curriculum vitae

“io” è una parola che significa “noi”, anzi va oltre il ‘noi’, altrimenti rischieremmo di lasciar fuori ‘voi’ e ‘loro’.
Impossibile pensarla diversamente, con buona pace per la grammatica e la semantica. La grammatica separa e definisce, per aiutarci a capire la lingua e a capirci, ed ha il pregio che può essere aggiornata e cambiata. E così la semantica.

E’ come la parola ‘mondo’, come la parola Terra. Noi diciamo con una sola parola un numero immenso di persone animali piante cose sentimenti pensieri visioni-del-mondo, e delle relazioni che intercorrono tra tutto ciò. E non  abbiamo sempre una coscienza chiara di questa immensità racchiusa in una parola.
E Universo? Lo liquidiamo così, con un singolare totalitario, a volte con una maiuscola che sta tra e il perentorio e l’autoritario, insomma lo confiniamo in ogni modo.

E così è per ‘io’: bisognerebbe inventare un pronome soggetto che chiarisca la multirealtà, la complessità, la capacità inclusiva e di connessione di ciò che de-finiamo, limitandolo, con ‘io’.

Non tutti hanno questa autopercezione allargata dell'”io”. Pazienza? Ma fino a un certo punto. Perché a furia di percepire “io” come “io” solitario e scollegato dal resto del mondo si è arrivati dove si è arrivati.

Eppure basta dirlo, basta pensarci un po’. Tra gli esercizi che suggerisco ai ragazzi e alle ragazze delle scuole di ogni ordine e grado che frequentano l’Archivio, ce n’è uno semplice semplice. Faccio loro prendere coscienza di tutto ciò che permette l’esistenza della loro singola vita.
E mica glielo dico io, ci arrivano da soli.
I genitori: il loro amore, il loro atto sessuale; la madre che li ha portati nella pancia. E prima del padre e della madre, quante persone vivendo e procreando hanno permesso la loro vita? La genealogia non tratta solo radici, ma anche spazi aperti, infiniti.
L’ossigeno, l’acqua, il cibo. Il cibo? E come arriva il cibo alla loro bocca? Chi coltiva le verdure? Chi fa il pane? Ecc. … L’acqua? E come arriva al rubinetto di casa? E come è mantenuta potabile? L’ossigeno? Ah, l’ossigeno, l’aria … Osservo i loro occhi illuminarsi, spalancarsi a guardare l’intero mondo che sostiene la loro meravigliosa vita; e spalancarsi a veder se stessi come parte integrante e costruttiva di questo vasto mondo che collabora alle vite.
Ecco radicarsi in essi l’idea di bene comune: e radicarsi pure l’idea che “anch’io” sono un bene comune, come tutti e tutto su questa terra.
Sì, si parlava di documenti … che sono beni comuni … beh, abbiamo capito un po’ di più che serve rispettarli … ma a che servono i documenti?
E allora … noi siamo in vita solo perché sono soddisfatte le esigenze primarie e vitali? E quali sono le esigenze primarie e vitali? O siamo in vita anche perché nessuno ci uccide, ci strazia, ci violenta? E cosa serve a un essere umano per comprendere le assurdità della violenza, della guerra, della prevaricazione? La cultura serve? Sì, serve. Come il cibo. Così non litighiamo per averlo solo noi e magari ce lo dividiamo.
Quale cultura?
Riflettiamo su cosa si intende per cultura, ché mica è quella cosa spocchiosa che si chiude in se stessa, che si crogiola e si isola nella torre d’avorio per perseguire solo i propri interessi e i propri ideali!
E allora cos’è “cultura”?
Beh, siamo in un Archivio, in un luogo che conserva e produce cultura, vediamo di approfondire un po’.
Voi che ne dite?
Cosa significa “cultura” secondo voi? … Coltivare … Cura … Aver cura … Sì, e poi? Cos’altro?
E se fosse proprio questa domanda ‘cos’altro?’ uno dei cardini della cultura? ‘Cos’altro?’, che è come dire ‘E …?’, cioè qualcosa che unisce, che include, che fa andare avanti a conoscere, a esplorare, a sentire …
Potremmo istituire una Commissione per la Cultura con tutti i ragazzi e le ragazze che hanno riflettuto su questa domanda, con le loro risposte, con le loro visioni.
Con la loro creatività.

Perché le cose basta dirle, basta suggerirle.
Basta rifletterle: che poi significa metterle in prospettiva.
A cosa serve un documento? A cosa serve la storia? A nutrirci, a vivere, certo.  E in che modo? Alla storia, e alle sue fonti, spetta il compito di  metterci in luoghi del tempo e dello spazio dove ci sono i ‘prima’ e i ‘dopo’. Ché viviamo nel presente, sì, e anche inseriti in un complesso filogenetico di multirealtà da cui deriviamo  e a cui daremo vita. Anche la storia serve a sentirsi “parte di” e a sentire “gli altri parte di me”.
I documenti, fonti della storia, pongono il nostro presente sincronico nella diacronia evolutiva e diversificante degli eventi e nella diatopia dilagante fino agli spazi più lontani da noi.

Io siamo. Noi è.
Si è già detto in questo blog, e negli altri precedenti.
E’ possibile allora continuare a compilare un curriculum vitae che non sia anche un ‘curriculum vitarum’? che non comprenda anche le vite degli altri? tutte quelle che hanno sostenuto e sostengono una vita? e quelle che noi sosteniamo, a nostra volta?
Per la burocrazia forse sì, e noi speriamo che arrivi a chiedere il curriculum vitarum 🙂
Intanto, possiamo farlo noi, per noi.
Lo hanno fatto i ragazzi e le ragazze delle scuole.
Fantastico.
Documenti che rimarranno a futura memoria di un momento storico, testimonianze di una presa di coscienza epocale: “tutti insieme, ognuno col proprio passo.”
Speriamo.
Sì.
Creatività. Tutto qui.

Cristina T. è un’ assidua frequentatrice dell’Archivio e mia amica.
L’ho vista crescere culturalmente, all’inizio incerta poi ferrea nel suo cammino di studiosa. Attualmente ha raggiunto un livello incredibile di conoscenze e competenze.
Si laureò nell’A. A. 2010-2011. Nella pagina dei ringraziamenti della sua tesi così scrisse: Ringrazio Mara per avermi fatto credere in me stessa, per l’assistenza in sala studio e per il supporto bibliografico.
Le dissi che il merito era suo, che io avrei potuto dirle qualsiasi cosa, ma che se lei non avesse ascoltato non ci sarebbero stati i suoi risultati.
D’altronde avevo belle prove di quello che dicevo. Sia per cose dette da me e non ascoltate da altri, sia per parole ricevute e da me non ascoltate.
Semi e terra. Insieme. Inscindibili.
Pochi giorni fa parlavo con lei. Di questo periodo difficile. Di come si sentano molti lamenti. Di come basterebbe un po’ di creatività per vedere aprirsi orizzonti e soluzioni.
E lei mi dice: “E’ questo che mi ha salvato. La creatività. Le tue parole. Ricordi?: ‘cosa ci fai con la pioggia?’. Me le sono ripetute continuamente, sempre.”
Cristina ha attraversato tempeste, ha conosciuto sofferenze grandi. Ed è qui, ancora oggi, a studiare.
Le ripeto che è merito suo, lei mi dice che no. E da questa schermaglia amorevole emerge la terza via, la via della relazione, dell’accoglienza, della partecipazione costruttiva alla realtà del mondo: ognuna ha il proprio merito, io di aver detto, lei di aver ascoltato. E’ semplice la collaborazione.
Aggiungo questo momento al mio curriculum vitarum. E’ prezioso. Talmente prezioso che lo leggo all’uomo che amo, e lui mi legge il suo.
Non è necessario che lui esista, che mi sia vicino.
La creatività apre e raggiunge orizzonti al di là del tempo e dello spazio. E non è illusione. E’ un salto quantico.
Ché il mondo non è bidimensionale come le mappe che ci siamo fatte di esso. Tutt’altro. E’ multidimensionale. E non vogliamo esplorarlo e viverlo nelle sue completezze?
🙂 

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220. curriculum vitarum, oltre il curriculum vitaeultima modifica: 2020-09-24T16:39:13+02:00da mara.alunni

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