Miguel de Cervantes Saavedra, Don Chisciotte della Mancia, cura e traduzione di Barbara Troiano e Giorgio Di Dio, Introduzione di Alessandra Riccio, Edizioni integrali Newton Compton editori, 2017
dall’Introduzione
… UNO SFORZO GRANDIOSO DELLA CREATIVITÀ E DELL’INTELLIGENZA PER RIUSCIRE A SUPERARE LA DISPERANTE CLAUSTROFOBIA DI UN MONDO STERMINATO, IN QUANTO SPAZIO GEOGRAFICO, MA IMPLACABILMENTE INGABBIATO DALL’IDEOLOGIA …
[…] la Penisola Iberica […]
Sette secoli di convivenza nella penisola (711-1492) […], se da una parte hanno offerto l’occasione di prefigurare una società multietnica e pluriculturale, dall’altra hanno finito col fissare un’ipotesi di identità nazionale cattolica, monarchica ed espansiva, strutturata sul pericolo del nemico alle porte e sull’imperativo di scacciare l’infedele a nome e per conto della Santa, Cattolica, Apostolica Chiesa Romana.
Con questo ideario, consolidato da secoli di lontananza dall’Europa e vicinanza al nemico, la giovane Isabella di Castiglia sposa Fernando d’Aragona […]
Questi grandi successi in politica internazionale, questa grandezza imperiale misurata stridono però con la situazione interna del paese vittimea di paurose carestie, dello scarso rendimento dell’industria, dell’incompetenza finanziaria che aveva, fin dai tempi di Isabella, costretto la Corona a rivolgersi a banchieri tedeschi, genovesi o ebrei, disastri che il popolo sopporta grazie al generale consenso che si è sviluppato intorno alla convinzione che la missione ecumenica della Spagna a difesa della Chiesa operava una preziosa mediazione fra lo splendore della dinastia e il bisogno di democrazia diffusa del popolo. Nella Spagna imperiale il disprezzo per i beni terreni diventa generalizzato e il puntiglio d’onore (el pundonor) costituisce il perno di un comportamento sociale collettivo caratterizzante. […] La crisi è ormai gravissima, Madrid, la capitale voluta e creata da Filippo II, cresce in maniera malsana a causa dell’immigrazione di miserabili e malfattori provenienti dal Sud affamato; dal Nord arrivano pestilenze e malcontento. Il duca di Lerma, in nome dell’integralismo religioso, espelle nel 1909 i discendenti dei mori che ormai da più di un secolo vivevano nel paese dediti, in prevalenza, ai lavori agricoli. Fra la continua emorragia di braccia, dirette nelle Americhe in cerca di un destino migliore, la falcidia delle epidemie e adesso l’espulsione dei lavoratori moriscos, l’economia del paese e il suo futuro sono ridotti ai minimi termini. Appare in questi anni il romanzo di Cervantes, a testimonianza della lacerante contraddizione in cui vivono le più avvertite coscienze del regno fra la realtà del presente e la falsa retorica di un passato che viene mantenuto in vita con la respirazione artificiale.
[…]
Su questo scenario si va dipanando una attività artistica e intellettuale guardata con forte senso critico […]
Eppure il Barocco fu un grandioso tentativo di adattare i sogni dell’uomo ad una realtà ormai insoddisfacente ma per cambiare la quale sarebbe stato necessario fare uno sforzo creativo, una capacità progettuale impensabile all’epoca. Il grande consenso all’indiscussa ideologia monastica e all’ideologia cattolica con il suo corollario di potere temporale del Papa di Roma costituiva una gabbia al di furi della quale non era possibile pensare nessun progetto di società civile. Era nello spazio serrato della gabbia cattolico-monarchica che l’intelligenza, la creatività, l’estro di scrittori e artisti potevano e sapevano muoversi, nella incapacità di ipotizzare un sano scambio con l’altro, con il diverso da sé. Questa incapacità era il frutto di generazioni abituate a vivere e combattere contro: contro i Mori, contro le eresie, contro le minacce alle purezze di sangue, contro le barbarie delle popolazioni americane; imprese che avevano assunto in più occasioni i connotati dell’ardimento e del vero e proprio eroismo, impedendo però che quelle correnti di novità, che pure attraversarono la Spagna al tempo di Carlo V (penso soprattutto agli stimoli dell’Erasmismo) potessero cambiare o semplicemente rendere meno blindata l’ideologia imperiale da padroni del mondo.
Nell’impossibilità di concepire l’idea di una rinuncia alla struttura di dominio e all’ordine imperiale esistente, le intelligenze del tempo produssero un ininterrotto e frenetico movimento che tuttavia non generava cambiamenti; si trattava di un falso movimento che nella sua circolarità finiva di tornare sempre al punto di partenza. […] incapace di inventare nuovi spazi e di scorgere nuovi orizzonti, il barocco diventa l’arte di far vivere strutture convenzionali introducendovi l’estro, il capriccio, l’invenzione, ma sempre all’interno di quella gabbia che è anche un intricato labirinto per conoscere il quale è indispensabile percorrerlo munendosi di svariati fili di Arianna, primo fra tutti un linguaggio capace di rappresentare la realtà del tempo. […]
La grande cultura barocca spagnola è drammatica e agonica: soffre per l’inadeguatezza tra il modello desiderato e la miserabile realtà quotidiana, eppure, quando non si attarda sul disinganno, riesce ad operare una straordinaria e armonica sintesi, esemplificata nella grande tela del pittore di corte e cavaliere dell’ordine di Santiago, Diego Velasquez. Nelle sue celeberrime Meninas, […] il pittore con le sue insegne di cavaliere e nella dignità della sua funzione, ritrae se stesso nell’atto di ritrarre il re e la regina, mentre l’infanta e la sua corte di cani, bambine e governanti, assistono alla posa. Per l’uomo del barocco non c’è altra forma di riconciliarsi con la realtà che questa: prendere distanza dai sovrani, relegandoli a una fumosa immagine nello specchio, in salvo dal pericolo di uno sguardo impietoso e realista, mentre è sulle fanciulle e su se stesso che il pittore accende i riflettori; sulla realtà del suo studio, sull’andirivieni del personale, sulla quotidianità della vita di corte. Questo slittamento del punto di vista consente allo sguardo di non mettere a fuoco un’ autorità indiscutibile seppure oppressiva e di scegliere un altro soggetto, apparentemente minore, per parlare del mondo e per descrivere la realtà senza dover rinnegare le grandi certezze della Spagna imperiale. Si tratta di una tecnica di sopravvivenza non estranea alla disciplina suggerita da quel grande movimento religioso creato da Ignazio di Loiola, valente soldato di Carlo V prima, fondatore della Compagnia di Gesù poi. […] i Gesuiti praticano una tecnica di sopravvivenza e resistenza al baratro del disinganno che si fonda su ingegnosi strumenti intellettuali che consentono di disobbedire obbedendo; hanno la certezza che Gesù vada difeso con la militanza ma danno spazio alla conoscenza e all’ascolto dell’altro sia pure con il proposito di condurlo nell’ambito della sola concezione del mondo accettabile, quella di cui sono portatori. Le esperienze d’oltremare della Compagnia di Gesù, assolutamente nuove nella forma e nel metodo, non spostano di una virgola la certezza della civiltà superiore che essi rappresentano nella remota Cina o nelle Misiones del Paraguay.
Si tratta, anche in questo caso, di un falso movimento, di uno sforzo grandioso della creatività e dell’intelligenza per riuscire a superare la disperante claustrofobia di un mondo sterminato, in quanto spazio geografico, ma implacabilmente ingabbiato dall’ideologia. La spirale, questa inquietante figura geometrica alla quale si è voluto assimilare il barocco, si avvita su se stessa; e tuttavia le sue volute consentono di occupare tempo e spazio in maniera ingegnosa e, pur nella consapevolezza della falsità del movimento, di nutrire la speranza che questo tempo immobile nella frenesia delle peripezie barocche, come per un incanto, possa servire a concepire un nuovo progetto per il mondo.
[…] e in questa peripezia dove l’immaginazione trasforma i mulini a vento in giganti, Don Chisciotte aggredisce, sotto la maschera del ridicolo, la rigida norma dell’identità e dell’unità che hanno caratterizzato l’epoca di Filippo III riuscendo a tentarci con l’eccezione alla regola che lo guida nel suo itinerario di giustizia e che gli consente di capire e di farci capire che i galeotti che si trascinano incatenati o il giovane capraio ladruncolo frustato dal suo padrone, sono al tempo stesso criminali e esseri umani e il nostro cavaliere sceglie di tener conto non tanto delle loro colpe quanto delle loro pene.
[…] il perfetto gioco di specchi che rimanda di continuo dalla scrittura alla lettura intese come una unica attività creativa che consente alla finzione inventata dall’autore, e da lui raccontata in un modo che è solamente suo, di diventare letteratura, la grande letteratura che ha fatto del Don Chisciotte il primo grande romanzo moderno e della lingua con cui parlano i suoi personaggi, il modello di un idioma –il castigliano- che si imponeva sugli altri come la lingua per antonomasia della Spagna.
[…] don Chisciotte e Sancho, come le parole, l’immaginazione, e la sapienza di Miguel de Cervantes hanno voluto, continuano a dialogare per le strade del mondo l’uno tirando verso il sogno, l’altro richiamandolo alla realtà.
Pablo Picasso, Don Quixote, 1955
http://www.treccani.it/enciclopedia/barocco/
azulejo
http://www.treccani.it/enciclopedia/azulejo_%28Enciclopedia-Italiana%29/
motto di Carlo V
https://it.wikipedia.org/wiki/Plus_Ultra
https://it.wikipedia.org/wiki/Nec_plus_ultra
https://it.wikipedia.org/wiki/Colonne_d%27Ercole
Olao Magno, Carta Marina, 1527-1529