26. esperti/e?

ATTILIO BRILLI, Dove finiscono le mappe. Storie di esplorazione e di conquista, Il Mulino, 2012 (p. 73)
Nell’affrontare l’ignoto, spingendosi là dove finiscono le mappe, l’audacia, la perseveranza e un aggiornato sapere cosmografico e cartografico erano doti, qualità e saperi del navigatore che non potevano prescindere da una pratica e da un senso del mare fuori del comune. Questo traspare da un impareggiabile bozzetto per mano del mercante savonese Michele da Cuneo in cui Colombo viene ritratto all’apice della carriera:
Ma una cosa voglio io ben che sapiate, che, al mio poco vedere, poiché Genoa è Genoa, non è nato uno omo tanto magnanimo e acuto del facto de navicare come il dicto signor armirante; perciò che, navicando, solum a vedere una nuvola o una stella di nocte, indicava quello dovea sequire e se essere dovea mal tempo; lui  proprio comandava e staxeva il temone; e poi che la fortuna era passata, lui alzava le velle, e li altri dormiano.

 

Ah, le mappe. Che belle sorprese riservano.
Per esempio, capita non soltanto che tu hai un vuoto sulla tua bella mappina disegnata e invece nella realtà vai a sbattere la testona contro un albero o, viceversa, sulla mappa hai un albero e là fuori è il vuoto; capita anche che sulla tua mappa hai disegnata una cosa e nella realtà c’è un’altra, differente, spesso proprio opposta a quella segnalata.
Come mai? Beh, qui l’Interpretazione si è sfogata ben bene. Povera! L’Interpretazione, intendo. Magari l’hai costretta per giorni e giorni a starsene buona, a fare amicizia con la Descrizione, sì con quella sussiegosa della Descrizione, ché lei si sente bravissima e oggettiva e scientifica: un’amicizia difficile, lo hai constatato diverse volte. Eccole là: e  l’Interpretazione che sfida la Descrizione apoditticando che si può solo interpretare interpretare interpretare; e la Descrizione che sfida l’Interpretazione a suon di Nietzsche: “Ogni parola è un pregiudizio” e che, con sguardo altero rivolto all’Interpretazione, sfoggia la Deissi come fosse un gioiello di magica marca d’obiettività. E tu naufraghi con loro nell’immensità di questo mondo.
Fermati.
Respira.
Rilassati.
Non ne esci –almeno in parte- finché non comprendi i valori, i presupposti con cui costruisci la tua mappa bella. Fai un bel Salto Meta. Non è detto che basti; sì, può darsi che tu sia una di quelle persone che ha bisogno di un salto solo, per una Terza- Quarta Posizione (percettiva, non del kamasutra … ma poi c’è tanta differenza:-) ???); però ricordati che il mondo è pieno di Soggetti-Umani che hanno bisogno di numerosi Altri Salti prima di poter accedere a un chicchessia e qualsivoglia e qualunque Salto Meta. E che anche tu potresti avere bisogno di qualche Saltino Di Aiuto in qualche punto della tua mappa. Ricordati, lo abbiamo già detto, bisogna diversificare, pluralizzare, tu non puoi avere identici comportamenti in contesti diversi: pensa che accadrebbe se a tavola facessi i gesti che necessitano invece al bagno, e così via.
Pensa che buffo sarebbe. Pensa che buffo che è, non “sarebbe”; eh, sì, perché accade; accade che agiamo in modi stranucci, mica siamo completamente evoluti consapevolizzati risorti paradisizzati, eh no!
Esempi? Tutte le nostre vite sono esempi di questi nostri modi stranucci! Eccoti qualcosa. Qualcosa di sfrugugliante, spero; si tratta di rapporti tra uomo e donna … io direi persone, ma così è più sfrugugliante … forse …
Dunque, dicevamo.
Nella tua mappa c’è un/a lui/lei. Ci mettiamo le persone perché gli alberi e gli animali sono più coerenti: i gatti fanno i gatti, le rondini fanno le rondini, gli ulivi fanno gli ulivi, i castagni fanno i castagni; mai visto un ulivo che fa la quercia o desidera comportarsi come un acero; mai sentito un gatto nitrire o atteggiarsi a pettirosso … mai. Noi sì, l’erba del vicino è sempre più verde ecc.ecc.
Dunque, un esempio, dicevamo.
Eccolo.
Tu sei stanco/a di certi comportamenti di lui/lei; stanco/a perché negli ultimi tempi qualcosa lo/la affligge-innervosisce- fa arrabbiare e tutto ciò lo riversa su di te nella forma di distanza, di parole offensive, e così via, le cose che sappiamo.
Tu sei stanco/a –e anche sorpreso/a- di tutto ciò: sulla tua mappa avevi disegnato prati verdi e cieli sereni e ti trovi invece sotto temporali e terreni fangosi, e scivoli, cadi ti fai male e diventi triste e ne parli con lui/lei e lui/lei continua come niente fosse e tu riparli e lui/lei continua imperterrito/a; e allora (un allora che è un poi, molto poi, troppo poi) ti arrabbi a tal punto che a un dato momento ti scansi, ti siedi ti fermi e stai in silenzio per un po’: per non esplodere in modo scomposto, per non bisticciare, per non  offendere lui/lei, perché intuisci che c’è qualcosa e aspetti che ‘sto qualcosa ti venga condiviso da lui/lei. Poco tempo, una manciata d’ore in cui ti eclissi, ti rendi irraggiungibile anche dal raggio laser e dal razzo missile di Ufo Robot. Respiri, ti rilassi, respiri, respiri, ti rilassi, fai autocritica, ti rilassi, fai anche un po’ di critica a lui/lei, respiri, rifai autocritica, rifai autocritica, e poi riemergi e ti riconnetti col mondo avendo intatte le stesse domande di quando ti sei appartato/a.
Perché …
Perché a quelle domande potrebbe rispondere solo lui/lei. Potrebbe, e tu, speranzoso/a, ti metti in attesa che lui/lei -perché lo avrà capito, pensi, che o sei arrabbiato/a o sei triste o sei smarrito/a o qualsiasi cosa tu sia che esce dal normale modo tuo di relazionarti con lui/lei e poi perché è un tuo modo di fare che lui/lei già conosce- dicevamo, in attesa che lui/lei ti ripeschi dall’opacità dove ti trovi e ti illumini del suo immenso significato profondo e apparentemente traducibile finora solo in modo offensivo per te.
Riemergi, quindi.
E trovi il deserto.
Lui/lei non c’è più.
Ti metti in attesa, sì, come se fossi una chiamata che è meno prioritaria di un’altra.
Aspetti. Aspetti. Silenzio.
Dopo un tempo da te percepito come un’era geologica – trascorso in ansia, piangendo, non mangiando, dimagrendo, sussultando, boccheggiando, invecchiando, delirando (le diverse azioni in -ando dipendono dal tuo carattere, dalla tua storia, ecc. ecc.)- ti distendi a terra come un tappetino bisognoso di briciole sassetti pezzetti di fango secco e telefoni-scriviunamail-mandiunsms e sei fortunato/a se ricevi una delle risposte-tipo già depositate alla SIAE, da utilizzare per queste occasioni: è finita, scusa non volermene, è meglio così, non voglio farti del male, mi sono sentito/a abbandonato/a, ecc. ecc.: cioè tutte quelle frasi dove sembrano aleggiare tristezza destino fatalità la-saggezza-di-lui/lei e che sottendono, ma nemmeno tanto sotto, che la colpa è tua che sei quello/a che ha lasciato.
Ecco.
Se tu fossi su un pero, cadresti giù e confermeresti il detto, ché pare brutto smentire la saggezza popolare.
Ma non sei su un pero, sei nella tua vita, e cadi giù da tutto.
La mappettina bella del tuo rapporto di coppia si sbriciola e i pezzettini, come neve, cadono sul quel territorio che, ora è evidentissimo, tu non hai osservato, né conosciuto.
Praticamente vi siete lasciati senza che nessuno lasciasse? Lui/lei ha approfittato del tuo silenzio per realizzare un suo piano già pensato? Si è dileguato/a pure facendo un po’ l’offeso/a e lasciando a te quell’elegante filino di senso di responsabilità colposa? Tornerà? C’è un altro-c’è un’altra? Qualcuno ha operato contro di voi e voi ci siete cascati e senza saperlo?
Tu inizi a porti una serie di domande, le stesse che ti eri posto/a prima di chiuderti a prendere fiato, con la differenza che prima avevi una certezza di risposta e adesso hai una certezza di silenzio.
Dove sei? E dov’è lui/lei?
Sulla tua mappa eravate disegnati entrambi in modo molto carino, e vi parlavate e vi spiegavate le cose che non capivate. Avevi disegnato bene? Avevi visto il territorio e riportato tutti i dettagli di quell’angolino di mondo? Cosa ti ha guidato nel fare quel disegno di voi? Quali convinzioni? Quali presupposti? Quali cancellazioni e negazioni? Quali occhiali avevi per offuscare la lettura degli eventi e quindi per disegnare una mappa fasulla? Troisi docet: Pensavo fosse amore invece era un calesse. E chi ti ha autorizzato a pensare che fosse amore?
Così.
Così tu (lui o lei che tu sia) naufraghi giorno dopo giorno alla ricerca della balena bianca che ti ucciderà: non era amore, era un calesse; e tu non sei Ismaele, stavolta ti è toccato di interpretare il personaggio che non ce la fa.
Ripensa a come hai costruito quella tua mappa, mentre affondi tra i gorghi del dolore; e perché hai cercato quella sfida e quella sconfitta. Pensaci, prima di ridisegnare un altro calesse.
Mentre. Prima.
Quando.
Dove.
Chi.
Nell’affrontare l’ignoto, spingendosi là dove finiscono le mappe, l’audacia, la perseveranza e un aggiornato sapere cosmografico e cartografico sono doti, qualità e saperi del navigatore che non possono prescindere da una pratica e da un senso del mare fuori del comune.

lui lei trasp fiume

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lei trasparente capelli

Mundo_inflable_desinflado1

pianeta con tre soli

http://www.nationalgeographic.it/scienza/spazio/2016/07/08/news/pianeta_con_tre_soli-3155338/

images (1)
antarctica-76648__340Carta geografica dell’Antartide, 1912

26. esperti/e?ultima modifica: 2018-10-16T18:14:23+02:00da mara.alunni

2 pensieri riguardo “26. esperti/e?”

  1. Mi sono trovato un giorno in una condizione simile, la mappa di me stesso si era smarrita. Ero sulla vecchia Appia in aperta campagna e in quel momento ritenevo pericolosamente evanescente qualsiasi certezza o riferimento ordinario. Ricordo che mi tirò fuori dai guai il senso più ancestrale che abbiamo, l’olfatto. Sentii con tutto me stesso l’odore acre dell’erba selvatica in quel particolare momento della giornata che è il crepuscolo. Una brezza di carattere e l’umidità incedente corroboravano questo odore imponendomelo, quasi per riagganciarmi alla realtà. Così come nel tuo cenno sui soggetti naturali che sanno bene e sempre cosa fare ( gli ulivi, i castagni, i gatti e via dicendo), io ebbi la rara quanto felice certezza di sapere cosa e chi in quel momento ero e dovevo essere. Una creatura percettiva, Solo questo, e ai tempi mi bastò.

    1. un momento intenso: essere percettivi e tanto basterebbe, sempre, ma quante sovrastrutture … quella tua esperienza è oltre le domande per capire, è esserci, è Il Salto … grazie della tua splendida condivisione

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