79. figure di donna 3, randagia o nomade

Il mondo diventa troppo piccolo quando due che si lasciano si incontrano di nuovo. Ed è ancora più piccolo se a lasciare è stato solo uno dei due e l’altro si trova a vagare, randagio o randagia senza più casa, senza più cuore da abitare.

Ed eccolo il mondo farsi piccolo piccolo per lei. Entra nella piazza e lo vede. Da lontano. Seduto al tavolo esterno di un bar. E’ lui? E’ lui. E’ lui?
Non dovrebbe essere qui, dovrebbe essere fuori a lavorare. Ma poi che ne sa più lei di dove dovrebbe essere lui? Sono attimi di ricordi di una vita fa, nient’altro. E’ lui? Potrebbe. Ha il suo tipico maglione scuro da cui esce il tipico colletto bianco della camicia. Ecco, è proprio quel bianco che gli fa sembrare sia lui l’uomo seduto al tavolo, sotto la pergola. Ma anche i capelli sono i suoi, anche il tipo di viso, il colore della pelle. E’ lui. E’ lui? Sbadiglia, è lui, lui sbadiglia così. Si porta le mani al viso a coprire lo sbadiglio. Lui fa così. Faceva, faceva così. Chissà adesso.
Passa un autobus di linea e copre il bar per un po’, c’è traffico. Dopo l’autobus, lui non c’è più, la sedia è vuota. Anche l’altra sedia è vuota. Lei realizza che sulla sedia accanto era seduta una donna, bionda, vestita con abiti dalle tinte neutre e chiare. Lei guarda a destra e a sinistra, non lo vede più. Era lui? Se era lui e se ha sbadigliato in quel modo, allora c’era intimità con la donna seduta al suo stesso tavolo.
Oppure è successo, come altre volte, che lei ha visto somiglianze? Spesso il mondo somiglia a lui, e allora lei fugge via da ogni appartenenza, diventa randagia, senza più casa, senza più cuore. Randagia, smarrita, abbandonata.
E il mondo gli somiglia spesso: piedi alla cassa di una gelateria, identici a quelli di lui, sia come forma che come modo d’appoggio a terra, e come amava lei quel suo modo di camminare! Mani che parlano come quelle di lui. Capelli. Il fisico nel suo insieme. Spesso lei si rigira a guardare. E’ lui. E’ lui? Ma non è mai lui.
Ma quel giorno gli sembra proprio lui. E’ lui. Ed ecco un altro modo per diventare randagia.
Forse passerà. Chissà. C’era una vita con lui. Immensa, intensa, incommensurabile. Per lei. Forse per lui no. Ed ecco un altro modo ancora per diventare randagia.
Lei non sa cosa scegliere di ricordare: i momenti belli, o quelli della deriva nel tempo. Ecco, diventa ancora più randagia in questa incertezza.
Si siede spesso su un sedile di pietra su cui erano stati seduti insieme e guarda la gente passare. Lo fa quando lui dovrebbe essere fuori per lavoro, così si sente sicura di non incontrarlo, ma che ne sa più adesso lei di dove dovrebbe o potrebbe essere lui?
Sa solo che è dentro il suo cuore, ancora, e che non vorrebbe fosse così, non vorrebbe avere in sé quell’attesa di lui. Ma lei ora è randagia. E aspetta, spera, cerca quella casa dove era felice, quell’abbraccio caldo dove aveva ritrovato fiducia dopo tanto dolore.
Dicono che la fine di un amore adolescente sia come la distruzione di territori. La fine di un amore adulto invece è la fine del mondo, ma se ne parla poco. Silenzio, silenzio e pensieri.
Lei sta pensando di cambiare casa e città, e mondo. Lui è dovunque, troppo.
E invece adesso la sedia del bar è subito vuota, e se era lui, adesso lui non è più seduto lì. Se ne è andato perché l’ha vista e ha avuto timore di incontrarla? L’ha vista, dunque? E non sa che lei non si sarebbe mai avvicinata? Che lo aspetta, sì, ma fugge via se lo vede, o si blocca, come adesso, lontana, a quella distanza da cui ci si può chiedere è lui-non è lui, senza averne mai la certezza, lasciando sfocato anche il dubbio, lasciando incerte anche le domande, questo fa l’attesa, questo accade quando si diventa randagi.
Allora ci si siede lei su quella sedia, sente il calore di un altro corpo che è appena stato lì. Ordina un caffè, prende il libro dalla borsa e comincia a leggere.
In mezzo alle righe, diventate flutti, avanza una barca e lei ci sale su. Tra qualche pagina c’è un’isola dove si trovano le risposte e lei vuole chiedere perché lui se ne è andato. Dopo altre pagine, scenderà dalla barca, chiuderà il libro e tornerà verso casa, randagia senza più casa.
E verrà anche il momento in cui diventerà finalmente nomade, senza terra, perché tutta la terra sarà sua. Adesso però deve superare questo muro creato sia da lui che da lei. E’ un muro di pietra e di fili metallici, è costruito da adesso, è costruito da secoli.
Trovami una vita felice, una senza fughe, senza rabbia, senza dolore, senza abbandoni, dice Dio a Lot. Trovami una vita felice e salverò Sodoma e Gomorra, Adma e Zeboim, e Bela. Trovami una vita felice, dice Dio. Si salverà soltanto la città di Bela e soltanto perché vi si rifugiarono gli angeli ospiti di Lot e da lui protetti. Trovami una vita felice, dice Dio, ma Lot non la trovò, e le città senza vite felici furono distrutte da una pioggia di fuoco.
Le pagine del libro scorrono ma lei non trova un vita felice. Trova l’isola e trova la risposta, ed è sempre la stessa, da che mondo è mondo, da che vita è vita, chi va via per sempre non ha amato poiché, qualunque sia il motivo dell’andare via, chi ama ritorna. Quindi non c’è nessun ritorno e nessun amore da aspettare.
Ed eccola, in un attimo, in questa certezza, adesso diventa nomade.  La terra si fa sua, i muri crollano al suono dei suoi passi come le mura di Gerico al suono delle trombe. La terra si fa ampia come quella raccontata nei poemi epici.
Ed era lui, sì, seduto su quella sedia al tavolo esterno di un bar. E se ne è andato via veloce perché non ha capito il cuore di lei, fin dove lei lo amava, anche lui randagio nel mondo, non sa che insieme sarebbero diventati nomadi in un istante, capaci di abbattere ogni muro della loro vita.
Lui e lei, grandi come l’universo, se l’avessero voluto entrambi.
(27 aprile 2016)

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79. figure di donna 3, randagia o nomadeultima modifica: 2019-04-25T10:51:42+02:00da mara.alunni

2 pensieri riguardo “79. figure di donna 3, randagia o nomade”

    1. Vado a rivedere il film, il libro non l’ho letto. Gira in rete una frase che dice che chi ama resta e torna chi si pente, a me piace pensare che chi ama cresce, e il restare e il tornare fanno parte delle storie personali, come nel film che citi. Il tornare fa spesso parte di una crescita.

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