81. figure di donna 5, fare l’amore con i capelli bianchi

Dicembre è un mese intenso e intimo, ci sono i giorni più corti e bui dell’anno e c’è la luce che torna a infiltrarsi nel buio.
Un bel mese per baciarsi e fare l’amore, un tempo perfetto per cantare e stare in silenzio, insomma il tempo giusto per unire cose lontane.
Questi sono i pensieri che ha Marta, mentre se ne sta accoccolata sotto le coperte, al calduccio. E’ una mattina fredda, ma dorata dai gialli delle foglie che ancora sostano sugli alberi, ah che stagione quest’anno! Che autunno lungo e portentoso! Trascorre come fosse il corteo con cui un re ricchissimo espone i suoi tesori.
Oggi è santa Lucia, una festa grande dalle parti di Marta, una bella festa, tutta religiosa e che ancora è rimasta tale, forse la furia consumistica l’ha dimenticata, per mangiarsi e digerire e defecare il più appetitoso Natale; e chi lo sa, poi, il motivo vero.
“E vabbè mi alzo” sbuffa Marta alle campane che, per antica tradizione, suonano dalla sera prima e per tutta la notte e per tutta la mattinata, in ricordo di un evento storico, una lite tra potenti, guarda caso, che cavolo di storia è la storia che scrivono! Chissà che faceva la sua ava dell’epoca mentre quelle due famiglie si facevano guerra e distruggevano le torri e appestavano le strade di morti e macerie.

Marta si alza. Si lava. Si veste. Uno sguardo veloce all’immagine riflessa nello specchio. Una fitta da qualche parte. “Chi sei?”. I suoi capelli scendono adesso del colore naturale e Marta guarda la ciocca che si imbiancò in una notte di fine aprile, è la testimonianza di un tempo perduto, di un soffio di gelo venuto da lontano dentro una primavera. Marta ama questi capelli che sembrano coperti di neve e si sente quasi una paladina della liberazione del corpo delle donne da artifizi chimici e convenzionali. E non è tra quei capelli la fitta, sebbene la esprimano un po’.
Com’erano quelle parole? “Sei anziana.” E poi “Sei vecchia.”  Quelle parole lì, dette da lui, erano rimaste come un punto interrogativo nella storia personale di Marta. Non proprio macerie, nemmeno crepe; solo un punto di domanda, una virgola di tenerezza, un trattino di sorpresa.
Ma è ora di andare a pranzo dai suoi genitori, loro sì vecchi, e con grandi domande, e con tenerezze incerte. Loro sì, vecchi, che non hanno più sorprese, così dicono, e che invece hanno paura, e non lo dicono. Loro sì più che anziani, a ridosso di un limite di vita che prima di quelle età solo si sfiora, è solo possibile, e a quelle età diventa certo, palpabile, ineluttabile. Loro sì, vecchi, e queste feste di fine anno li scaraventano dentro la giostra del tempo che passa con una violenza che altre età non conoscono. Lo sa bene, Marta, che a volte vorrebbe fuggire da queste evidenze, altro che problema di capelli bianchi, e di “sì, però se li tieni bianchi ti devi truccare un po’”, altro che regole per omologare corpi e bellezze.

Hanno mangiato bene, stanno parlando del più e del meno. Più che altro parla l’anziana madre di Marta, è lei che si fa carico delle parole e dei ricordi, “Io no, io sono diverso”, dice suo padre schermendosi, e guarda la moglie attento, e a volte la corregge perché adesso lei qualcosa la ricorda male, la inventa.
Marta è in piedi, si è soffermata al centro della cucina, a uguale distanza dai suoi, che non ci sentono più tanto bene e così spera di essere capita da entrambi. Sua madre si alza per andare a prendere qualcosa, con sforzo si alza, lentamente.
Ci sono montagne che sono così, Marta le ha viste in Turchia, ci sono montagne vecchie, anzi antiche e lo capisci subito che hanno migliaia di anni e immediato ti sale un senso di rispetto per quei massicci di pietra che ne hanno vista di storia, ah, se ne hanno vista e altro che libri di storia che farfugliano solo di punti di vista dei vincitori!, se le montagne potessero parlare … ma no, anzi, le montagne parlano, ma chi le ascolta più! Chi ascolta più le madri e i padri colmi di tempo, si vedono solo la vecchiaia e i sassolini che vengono giù dalle pendici degli anni; si vede quel loro sgretolarsi segreto; si vede l’inverno e il buio, tralasciando la luce che rinasce dentro le brevi giornate.

Dopo essersi alzata in piedi, la madre di Marta si ferma per stabilizzare l’equilibrio. E poi, fa un gesto improvviso, per quanto le possa essere permesso dall’essere come una montagna maestosa d’anni. Allunga il braccio destro verso Marta, la mano aperta e protesa verso la figlia. E poi si ferma, con la mano ancora aperta, con quel braccio allungato e un po’ tremante.
“Perché non torni a tingerti i capelli?” dice alla figlia.
“Mi stanno male?”, chiede Marta, ed è una domanda che non fa mai, perché adesso sembra che tutto ciò che è naturale sia brutto e lei non vuole partecipare alla follia collettiva. Ma lo chiede a sua madre, sorpresa da quella richiesta e da quella mano protesa come fosse in preghiera; c’è qualcosa come di preghiera anche nella voce della madre.
“No, ma eri giovane con i capelli colorati.”
Che fa Marta? Come fa a rimanere in piedi, a non piangere di tenerezza, a non volare via, come fosse Peter Pan, verso l’Isola Che Non C’è?
“Ma io sono sempre io, anzi, sono più io così”, risponde.
E sua madre ripete: “Sì, però …” e sospende la frase, le fa forse male la parola ‘giovane’, pensa Marta con il cuore in subbuglio. Ma non lo fa vedere questo suo cuore bianco che batte a tratti di rosso e oro, e che rimbomba fin dentro ogni capello bianco e che vorrebbe tornare più giovane per non far sentire vecchia sua madre.

Santa Lucia è la giornata più corta che ci sia, dicono dalle parti di Marta. Nel primissimo pomeriggio comincia lo scampanio per le funzioni religiose, così le prime vengono celebrate che c’è ancora un po’ di luce, per coloro che non vogliono uscire col buio, dentro una sera scura di dicembre. Ma scura per poco, non le lasciano più in pace queste giornate corte e buie, le inondano di lucine omologate, di viavai per i regali e il tempo non è più il suo tempo, ma il tempo prima di, sempre prima di qualche festa, spesso inventata, un tempo per spendere e non per riflettere.
Marta saluta i suoi e se ne torna a casa. Si passa più volte le mani tra i capelli, sono morbidi, non più secchi e innaturali per il colore. Se servisse, tornerebbe bambina ogni giorno, per dare giorni a sua madre, perché parlando del colore dei capelli lei ha detto a Marta le sue paure, quelle che non dice in altro modo, e le paure diventano grandi quando non si riesce più a vedere la luce che torna dentro il punto massimo del buio. Forse è così la morte, quando si dice del Paradiso che c’è dopo: tanto buio e poi luce. Forse. Dipende da quanto ci hai creduto, ed è difficile credere, sempre più difficile, in quest’inverno del cuore. Non basta più nemmeno Santa Lucia e nemmeno il Natale, a volte, quando si fa scura la vita.

Marta, a casa, rimane al buio e guarda il cielo e le stelle che sembrano diamanti su un telo di velluto. E’ tutto così colmo di tempo e, nonostante ciò, è tutto così bello. Ed è una bella storia, letta così, la storia del mondo: dura tanto a leggerla per ere e si arricchisce di significati che invece sfuggono a leggerla con i giorni. Ma noi abbiamo i giorni, pensa Marta, non abbiamo le ere, e prende il telefono: è dicembre, un bel mese per baciarsi e fare l’amore. Fare l’amore con i capelli bianchi, a illuminare di bianco le notti scure del tempo, perché è dicembre e finisce un altro anno, perché ci sono il buio e la luce, sì, e così è la vita, scura e lucente, e così è l’amore, completo.
(12 dicembre 2015)

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81. figure di donna 5, fare l’amore con i capelli bianchiultima modifica: 2019-04-25T13:02:58+02:00da mara.alunni

2 pensieri riguardo “81. figure di donna 5, fare l’amore con i capelli bianchi”

    1. Figli e genitori, sempre, sono rapporti dove non si diventa mai ex. E poi c’è l’essere donna e c’è quel “qualcosa” il desiderio del quale non ci abbandona mai.

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