91. figure di donna 13, Tornami. Tu, chi sei Tu, che Te ne sei andato così, chi sono io che mi hai lasciata così, rispondi, cosa dovevo imparare?

Non lo so se la domanda “io chi sono?” mi sia nata dal non essere vista e accettata per quella che ero; da una costante e, a volte sottile a volte palese, negazione di tutto ciò che sentivo di essere. Lo sai, è anche per questo che da bimba mi piaceva il Tuo mondo “creato”, perché significava che Tu avevi amato e generato e sostenuto le differenze e quindi anche me: sentivo la Tua mano prendere la mia, piccola, ogni volta che avevo sogni su di me, progetti, predilezioni, e che venivano negati perché inusuali in quel mondo dove “ero” e dove vivevo. E per questo mi piaceva il Tuo mondo “salvato” da Te, perché significava che Tu avevi fatto qualcosa per farci esistere, e per far esistere anche me.
Ti amavo, come sapeva amare una bambina continuamente allontanata dalla sua strada, e poi come sapeva amare un’adolescente bisognosa di tutto o di niente in un mondo di mezze e inutili e ipocrite vie. Tu c’eri.
Te lo ripeto ogni giorno ‘Tu c’eri’, Te lo ripeto dal vuoto che hai lasciato, dal terribile opaco luogo in cui mi trovo a chiedermi se Tu esisti, se Tu ci sei, mentre contemporaneamente so che ci sei, Tu ci sei in un modo così diverso da come Ti sapevo e Ti raccontano, in un modo Tuo, e lì provo a cercarTi, ma senza sapere dove sia questo “lì”, a volte intuendolo in-me-e-insieme-nel-mondo, luoghi inscindibili per pensarTi, per immaginare la Tua presenza.
Vorrei ritrovare l’amore di quella bambina e di quella ragazza che ero, no, non lo stesso, ma la stessa intensità, la stessa sicurezza rocciosa e fluente che mi facevano sentire amata, la certezza che potevo vivere anche se ero io, anche se tutto intorno diceva che ero sbagliata, che dovevo fare questo e quello e non ciò che sgorgava dal mio colorato cuore. Ti amavo perché Tu in quei momenti mi accarezzavi il cuore che sbiancava e si anneriva e si stringeva impaurito, perché Tu gli riportavi i colori, perché Tu rispondevi in quei momenti a quella mia domanda ’io chi sono?’; e all’altra che sorgeva a ogni incontro “tu chi sei?”.
Tu rispondevi, ricordi? Tu Ti interessavi a me, come Tu sapevi fare, abbracciando l’intera mia vita e sapevo chi ero dov’ero in quei momenti, e dove stavo andando. Mi rifugiavo nelle preghiere che amavo, nelle letture che parlavano di Te.
Lo sai quanto cercai nel libro dell’Esodo le risposte quando poi Ti persi. Tutto in quel libro è identità, Mosè il rovo ardente il popolo schiavo che deve liberarsi, tutto in quel libro suggerisce “io chi sono?”, “tu chi sei?”, e a tutto rispondeva con lo spostarsi l’uscire il mettersi in cammino, col non credere definitivi quell’io quel dove quel quando che erano momento e che io avevo scambiato col sempre.
Ecco, io lo sono in cammino, per terre sconosciute, da tempo. Spesso ho conosciuto la schiavitù verso un potere altrui, spesso la mancanza di senso nei gesti non miei; sono salita sul Sinai e sono rimasta a valle a costruire il vitello d’oro, ho visto il mare aprirsi per farmi fare piccoli e grandi passi e poi richiudersi su di me, io in fuga io inseguitrice, ho mangiato la manna, ho aspettato di vedere la Tua nuvola alzarsi per mettermi in cammino, Ti ho interrogato sul Tuo furore e la Tua violenza pensando, a volte, che anche Tu avevi la Tua Ombra, che in qualche modo dovevi crescere, come liberamente suggerisce Jung nel suo libro su Giobbe. Sì, anche Giobbe leggevo affamata, i suoi perché sono i miei, perché la Tua mancanza è dolore è grido è scomparsa del mondo e degli affetti costruiti fino al momento in cui Tu sei scomparso, portandoTi via tutto. Giobbe, che anche lui dentro i suoi perché ha le domande “io chi sono?” e “tu chi sei?”, rivolto a Te come ad ogni tu. A Te, quando, scomparendo dal mio cuore, lo rendesTi muro da passaggio potente qual era fino a quel momento.
L’esodo, Mosè, la liberazione, Giobbe.
Torna a prendermi per mano. Torna lì dov’eri in me e nel mondo.
Tornami.
Vorrei rileggere e vivere con Te il Cantico dei Cantici, non ho trovato nessuno con cui cantare  quella vita, a volte ho sperato o mi sono illusa che fosse, vorrei ancora che fosse possibile un incontro così, ma ho smesso di assaggiare quelle parole di tenerezza e di erotismo che non diventavano esperienza. Torna, con Te voglio sedermi lungo le sponde ombrose di un fiume e parlare e mangiare e bere e ascoltare il canto degli uccelli delle fronde dei pesci, lo scorrere delle verdi acque, il silenzio; con Te distendermi su una spiaggia, salire i sentieri di montagna, camminare nelle vie e nelle piazze dei paesi e delle città, con Te costruire sulla terra la vita meravigliosa che mi hai sussurrato; con Te, presente com’eri, Presenza Inimitabile.
Torna, Amato, mi trovi dovunque, senza casa, senza meta, mi trovi, è facile per Te se lo vuoi.
Tu, chi sei Tu, che Te ne sei andato così, chi sono io che mi hai lasciata così, rispondi, cosa dovevo imparare?
No, io non mi sento smarrita e dispersa, mi sento in cammino, ma non so dove sto camminando.
Ed è Tua questa mia vita che cerca, più di quanto lo fosse mentre mi aggiravo felice e sicura nei recinti del giardino terrestre.
E’ Tua per tutte le volte che ho voluto rassicurarmi che esistevano  veramente le parole “cieli nuovi e terra nuova”, in Isaia, nella lettera di Pietro, nel libro dell’Apocalisse.
Tutti i cieli nuovi e la terra nuova, quelli in cui col fuoco della gioventù avevo ardentemente creduto, quelli in cui con la cenere del vuoto ancora credo, camminando dall’Eden alla Vita Quotidiana e, spero, al Paradiso: tenacemente e nel dubbio e nel silenzio della fede che tace, debolmente con i passi stanchi dati dalla Tua assenza.
Cieli nuovi e terra nuova, Tu che torni a me, il vero Tu, libero da ogni falsa narrazione -la mia quella degli altri- il vero Tu, disvelato, la vera io disvelata e insieme “Tu e Io” in un Dove che io non so ancora, che Tu sai già, che Tu abiti da sempre, dove mi porti prendendomi per mano, così io spero così Ti prego fa’ che sia.

 

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91. figure di donna 13, Tornami. Tu, chi sei Tu, che Te ne sei andato così, chi sono io che mi hai lasciata così, rispondi, cosa dovevo imparare?ultima modifica: 2019-04-28T14:03:11+02:00da mara.alunni

6 pensieri riguardo “91. figure di donna 13, Tornami. Tu, chi sei Tu, che Te ne sei andato così, chi sono io che mi hai lasciata così, rispondi, cosa dovevo imparare?”

    1. Non è così semplice. Non si tratta nemmeno di scommettere 🙂 Non è un’economia, non è un gioco. E’ biografia, dell’Universo, fra l’altro, oltre che personale. Sto anche provando a esprimere la figura retorica dell’ossimoro come sostrato e ispirazione di un testo, e l’argomento mi sembra appropriato. Sempre come esercizio, senza velleità; e sempre come frammento. Di un’anima, dell’universo, ma frammento.

      1. Ti credo e non volevo essere dissacrante. Tuttavia ravviso, nella schietta frase di Pascal, l’umile riconoscimento di un’ essenza utilitaristica che grava sull’essere umano su tutti i versanti, quello spirituale incluso.

        1. E io ti credo che non volevi essere dissacrante; in passato ho apprezzato certi tuoi interventi dissacranti ironici intelligenti, sia nel tuo spazio che in altri blog dove intervenivi con i commenti; e, pur dissacranti, erano rispettosi, mai volgari, mai offensivi. Anzi, approfitto per ringraziarti dell’educazione e della cura con cui entri e lasci tuoi commenti in questo spazio.
          E’ proprio l’essenza utilitaristica che a me spaventa: la ravviso comunque in tanti gesti di tante persone, lo chiamo doppio fine, cavallo di Troia, qualsiasi termine o locuzione per indicare la prevalenza dell’interesse personale – che è solo personale-sull’interesse comune -che è anche personale-.
          E poi … è proprio la forma esterna del ragionamento, il “se … allora …” e le altre simili, che, pur di rispettabilissimo assetto scientifico filosofico ecc., io critico con tutto questo non-blog, perché con quei procedimenti logici -e anche con fallacie logiche- sono stati e vengono avallati contenuti pericolosi dannosi, sono state e vengono uccise persone. Dovrebbero allinearsi la correttezza logica dei ragionamenti e la correttezza dei contenuti, ma …
          Rispetto al contenuto, già detto: leggere nella stessa frase le parole scommettere perdere vincere e Dio mi fa restare basita. Anche da atea, se lo fossi, prenderei quelle parole e le distanzierei, perché, fra l’altro, i giochi che mi piacciono sono quelli in cui vincono tutti. Conosci la storia di Ubuntu, penso. Un antropologo propose un gioco a dei bambini africani: mise un cesto di frutta sotto un albero e disse che il primo arrivato avrebbe vinto tutta la frutta; al segnale di partenza i bambini si presero per mano, corsero insieme, arrivarono insieme e insieme mangiarono la frutta: fu chiesto loro perché ed essi risposero “ubuntu”, che spiegarono con “come può essere uno felice se tutti gli altri sono tristi?”. Ubuntu è una parola della cultura sub-sahariana che significa “io sono perché noi siamo” e lo stesso concetto è espresso anche dal giainismo, ed è concetto-base del cristianesimo. Ecco, insieme a queste parole preferirei leggere la parola Dio.
          …. mmmmhhhh …..l’ho fatta di nuovo lunga, vero???!!!!???? 😉

  1. Sono assolutamente d’accordo con te sul danno perpetrato da tanti procedimenti logici. A quanto pare non esiste “UNA” storia dell’evoluzione umana, ne esistono diverse. Ad esempio l’enorme progresso degli ultimi due secoli in campo scientifico, non si accorda minimamente, non dico con quello spirituale, ma nemmeno con quello meramente sociale, ambientale ed etologico. Credo comunque che i veri guai, frutti avvelenati di questo disallineamento, siano appena cominciati.
    Ubuntu lo conosco ( e lo apprezzo), sia come sistema operativo, che come concetto africano che è poi il principio cardine su cui nasce e si sviluppa il software di questo sistema operativo. E non mi stupisce che una così grande lezione di vera umanità ci giunga da un gruppo di bambini africani.
    p.s. Non preoccuparti della lunghezza di ciò che scrivi, ti leggo davvero con piacere.
    Un abbraccio 🙂

    1. Sottoscrivo ogni tua parola. Talmente madornale il disallineamento tra i livelli di sviluppo (anche queste sono realtà parallele) da pensare sempre più che sia voluto, se non come progetto cosciente -ma anche sí- almeno come andamento e progressione ritenuti funzionali e appaganti. Provo, con questo mio non-blog, a raccontare LE storie delle evoluzioni umane proprio per suggerire un superamento delle unicità che di volta in volta si autoeleggono a verità assoluta. In questo, sono in buona compagnia di autorevoli pensa-u-tori 🙂
      p.s. concludo il commento perché prima col cellulare non so cosa sia successo, ma mi tagliava una cosa che volevo dirti, anzi due. La prima è un libro che mi piacque molto, a proposito del fatto che non c’è una sola storia, si intitola “Origini di storie”, gli autori sono Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti; uscì nel 1993 e nel 2009 è stata pubblicata l’edizione aggiornata. La seconda è che ti ringrazio dell’apprezzamento 🙂

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