Record di espositori presenti al Tokyo Game Show (TGS), provenienti da oltre 40 paesi del mondo, compresa l’Italia, che ha richiamato in quattro giorni 243.000 presenze. L’evento nato nel 1999 ha occupato l’intero centro congressi di Makuhari Messe, a est della capitale, confermando le aspettative che fanno del TGS una delle più grandi kermesse del settore dei videogiochi insieme all’E3 negli Stati Uniti e al Gamescom in Germania. Un’industria che ha fatturato oltre 120 miliardi di dollari l’anno scorso – più di cinema e comparto musicale messi assieme, e che secondo uno studio della PricewaterhouseCoopers raggiungerà i 300 miliardi nel 2026.
In Italia il settore vale 2,2 miliardi di euro, con una crescita di circa il 30% nel 2022. A Tokyo erano quattro le aziende presenti, in un Paese che sebbene sotto molti aspetti rappresenti l’avanguardia, opera in modo anomalo nel contesto sociale.
“Credo che in Giappone ci sia stato molto più tempo per maturare un certo tipo di rispetto per questo settore. Da noi invece la concezione del videogioco è come quella di un adolescente”, racconta all’ a Tokyo Francesco Mazza, Co-Founder e Art Director Kid Onion Studio. “A Tokyo si cammina per strada e ci si imbatte in insegne e interi palazzi di grandi studi. Qui il videogioco lo si vede sul marciapiede mentre cammini, lo si percepisce. In Italia non siamo ancora a quel punto, spero che ci arriveremo presto”. Dello stesso parere Mauro Fanelli, pioniere in Giappone nel 1999 con una rivista specializzata, e poi fondatore di un’azienda di settore in Italia: “Il mercato giapponese è parecchio fuori dalle logiche che noi vediamo in America o in Europa. E’ rimasto sostanzialmente un business ‘vecchia scuola’, quindi i generi che funzionano qui e che vendono non seguono le nostre regole. I giochi sono nuovi, però l’immaginario e i modelli che funzionano sono sempre gli stessi, ed è molto difficile che la cultura occidentale permei quella giapponese.
Noi oggi in Europa e negli Stati Uniti abbiamo forti influssi culturali di un certo tipo, una spinta ad avere giochi inclusivi ed aperti, non è il caso qui in Giappone”. Un’industria globale che si basa sulla creatività dove però i videogames sono fortemente ancorati al business, aggiunge Fanelli: “È un settore che va interpretato dal punto di vista imprenditoriale, occorre saper coniugare entrambi gli aspetti. È molto difficile avere successo con la sola creatività perché la competizione è veramente alta. Rispetto a 20 anni fa oggi i giochi sono più complessi, è richiesta molta più tecnologia e investimenti più alti. Una volta il vero limite era quello distributivo: lo sviluppo costava meno, ma stampare dischi, cartucce e spedirle in giro per il mondo richiedeva grossi capitali. Oggi è il contrario, la distribuzione fisica conta in modo più limitato grazie a internet, ma il costo si è completamente ribaltato sullo sviluppo”.
Videogioco inteso anche come un ambiente di simulazione, spiega all’ Claudia Molinari, Game & Visual Designer di We Are Muesli, un’azienda attiva da 10 anni che tenta di far avvicinare il mondo della cultura al videogioco e viceversa: “C’é un bias culturale da entrambe le regioni, sia dal mondo video ludico che dal mondo della cultura. Il primo si porta dietro degli stereotipi che conosciamo, legati alla violenza, che sono esperienze fine a se stesse di intrattenimento, spesso legate a una cultura Woke. Dall’altra parte il mondo culturale non vuole avvicinarsi al videogioco perché lo ritiene infantilizzato, non al pari degli altri media. Mentre il videogioco depurato da questi bias è un’avanguardia inesplorata, perché é l’unico medium che mette la persona che gioca al centro dell’esperienza”. Da qui l’importanza di creare dei ‘ponti di prossimità tra varie culture’ in relazione con le scelte narrative. “Il videogioco in sostanza non è soltanto quello che il mainstream si immagina: lo sparatutto in prima persona dove devi andare a distruggere cose”, conclude Molinari. “C’e’ una nicchia indipendente che lavora tanto sul far si che il videogioco diventi un valore culturale. Adesso esistono esperienze su qualsiasi tipo di problematica o vicinanza culturale. Puoi trovare videogiochi che parlano di depressione in maniera molto scientifica, di abuso sessuale, cancro. Quindi è molto importante iniziare a prendere contatto perché possono insegnare tanto, sia dal punto di vista educativo, che di accrescimento personale, e anche artistico”.
Tokyo Game Show 2023, tutte le novità dei videogiochi tra creatività e business
Tokyo Game Show 2023, tutte le novità dei videogiochi tra creatività e businessultima modifica: 2023-09-25T15:17:29+02:00da