Benjamin Labatut, ‘Maniac, l’AI e l’irrazionalità della scienza’

(di Francesca De Lucia) “L’Intelligenza artificiale non è una novità. In letteratura per esempio è la voce narrante. Non sono un divulgatore ma uno scrittore, mi affascina l’irrazionalità della scienza, della ragione”. Outsider geniale, metafisico e trasversale, il cileno Benjamín Labatut, 44 anni e l’aspetto di un ragazzino, racconta a Capri, dove ritira domani il Premio Malaparte, il suo ultimo romanzo ‘Maniac'(Adelphi) che va all’origine dell’AI e non solo), ed è già un caso per la critica internazionale. Nato in Olanda, avi italiani, lingua del cuore l’inglese, nel nuovo capitolo del suo rapporto fuori dagli schemi con la scienza come genere letterario, dopo il successo di ‘Quando abbiamo smesso di capire il mondo (Adelphi), ci fa scoprire la super mente John von Neumann (1903-1957), l’ungherese che stabilì la struttura matematica della meccanica quantistica e passando per la teoria dei giochi arrivò al Progetto Manhattan, quello dell’ormai celebre Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica celebrato dal blockbuster di Nolan. Maniac è una delle sue macchine, l’ antenato dei nostri computer. ” Il modo migliore per descrivere i rischi nella scienza è formulato proprio da Neuman – racconta lo scrittore ospite della XXVI edizione del prestigioso premio caprese curato da Gabriella Buontempo e sostenuto da Ferrarelle Società Benefit – lui ci dice infatti che la scienza è neutra, allo stesso modo utile e indifferente per tutti gli scopi. Tra le imprese umane è la più pericolosa e anche la più importante: ma a decidere quello che vogliamo davvero dobbiamo essere noi. Neuman ci dice anche che per il progresso non esiste una cura. E questo mi è molto chiaro viaggiando oggi in Europa, e venendo da un paese che non l’ha ancora raggiunto. Arrivando qui vedi però il prezzo che questo progresso ci porta a pagare. Nonostante tutto continuiamo però ad essere irrequieti e pieni contraddizioni”. Ed ancora, sull’argomento centrale dei nostri tempi, l’AI: “La gente non lo coglie ma parliamo di un modello predettivo che non si basa sulla replicazione o la copia e non sa essere creativo.
    Tutti i modelli più avanzati si concentrano infatti sulla predizione e questo sì che avrà impatto sulle nostre vite perché oggi non siano più in grado di immaginare il futuro. Invece bisogna immaginarlo prima di viverlo. Non so che riflessi avrà l’AI sulla letteratura e sulla creatività, so solo che tutto questo arriva in un momento in cui sembriamo ciechi: l’AI funziona un po’ come l oracolo per gli antichi”. E a chi gli chiede del realismo magico della letteratura sudamericana risponde: “per fortuna ce ne siamo liberati”. Il premio Malaparte è assegnato dalla curatrice Gabriella Buontempo insieme alla giuria composta da Leonardo Colombati, Giordano Bruno Guerri, Giuseppe Merlino, Silvio Perrella, Emanuele Trevi e Marina Valensise. Dopo l’incontro tra il premiato e Guido Tonelli, uno dei massimi fisici del Cern di Ginevra, domani consegna del riconoscimento alle 11 alla Certosa di San Giacomo con un ‘discorso di accettazione’ sul tema della ragione.
   

Benjamin Labatut, ‘Maniac, l’AI e l’irrazionalità della scienza’ultima modifica: 2023-09-30T18:01:05+02:00da newsconulana

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