Lubo di Giorgio Diritti, già n concorso per l’Italia all’ultima edizione della Mostra di Venezia e dal 9 novembre in sala con 01, racconta una vicenda drammatica e ammantata di razzismo, quella di uno jenisch che, solo per vendicarsi del fatto che gli hanno portato via i figli, diventa un dongiovanni seriale. Questo il lato incredibile e più originale di una storia che però il regista sottolinea poco, lascia sotto traccia, quasi nel rispetto del dramma vero che colpì i bambini di questa comunità nella Svizzera del 1939. Protagonista del film, come del libro dal titolo emblematico, Il seminatore di Mario Cavatore (Einaudi), a cui Diritti si è ispirato, è Lubo Moser (Franz Rogowski), giovane jenisch, ovvero la terza popolazione nomade europea dopo Rom e Sinti, che vive tranquillamente insieme alla sua famiglia, formata dalla moglie Mirana e dai loro tre figli, facendo l’artista di strada. Siamo però negli anni Trenta e il clima di guerra che c’è nell’aria fa sì che anche la Svizzera cerchi di rinforzare le sue frontiere, dichiarando la mobilitazione dei suoi cittadini maschi, compresi gli jenisch. E così Lubo si ritrova da un momento all’altro, in divisa, lontano dalla sua famiglia, con il compito di controllare e difendere i confini svizzeri. Una notte, però, riceve la visita di suo fratello che gli porta tragiche notizie: i suoi bambini sono stati presi dalla polizia e la moglie, che ha tentato invano di opporsi, è poi morta per il dolore. L’uomo, che ha disertato l’esercito grazie a un efferato delitto, si ritrova ricco e mette così in atto con più facilità un’originale vendetta: inseminare il maggior numero possibile di donne svizzere per corrompere con il suo sangue questa popolazione che gli ha rubato i figli.
Lubo, la vendetta di uno jenisch che diventa dongiovanni
Lubo, la vendetta di uno jenisch che diventa dongiovanniultima modifica: 2023-11-05T16:25:15+01:00da