100 anni fa moriva Eleonora Duse, la Divina del teatro

La sera del 20 aprile di cent’anni fa il pubblico di Pittsburgh la applaude per l’ultima volta: minata dalla tubercolosi che la affligge da anni, aggredita da una polmonite causata dalla fatica dell’estenuante tournée americana e dal freddo, lunedì 21 aprile 1924, nel letto della sua camera d’albergo, muore Eleonora Duse, “la Divina”. Se con lei si chiude una pagina gloriosa del teatro, quella dei furori romantici e della gestualità estenuata, è proprio con lei che nasce il modello – modernissimo – dell’attrice contemporanea, tesa a portare in scena la naturalezza, l’empatia, la sobrietà della voce e del corpo.
    Proprio quell’Eleonora venerata e sfruttata da Gabriele d’Annunzio per anni, è il suo contrario nell’arte e nella tecnica; tanto è vero che nel suo più autentico repertorio si affaccia Henrik Ibsen dopo i primi successi giovanili legati al naturalismo di Zola e Verga o alla passionalità di Arrigo Boito e degli Scapigliati. Nella generazione dei miti teatrali come Sarah Bernhardt (la sua grande rivale) ed Ermete Zacconi (il suo grande amico), Eleonora Duse si staglia con una personalità e un’originalità che già ai suoi tempi fecero dire al critico Hermann Bahr: “è lei la più grande attrice del mondo”.
    Nata a Vigevano il 3 ottobre 1858 da una famiglia di teatranti girovaghi, appena ventenne, debutta con una sua compagnia insieme a Giacinta Pezzana ottenendo il successo con “Teresa Raquin” da Emile Zola. Grazie a un’abile scelta di testi amati dal pubblico borghese degli anni ’80 del secolo (in particolare Sardou e Dumas figlio) diventa presto una beniamina del pubblico, venerata dai critici per la sobrietà del gesto e idolatrata dagli spettatori per la bellezza schiva ed elegante.
    Minuta nel fisico (appena 165 centimetri che in scena sembravano però ingigantirne la statura), capace di alternare la proverbiale sobrietà con atteggiamenti da “divina” e da diva, Eleonora sfuggì a lungo la mondanità finché nel 1894 incontra a Venezia Gabriele D’Annunzio. È già stata moglie del collega Tebaldo Tarchetti da cui ha avuto la figlia Enrichetta ma che la lascerà per la più giovane Irma Gramatica; è stata la focosa musa di Arrigo Boito che ricorderà sempre come “il filo rosso della mia esistenza”, ma di fronte al Vate non sa sottrarsi e dividerà con lui successi ed eccessi fino al 1904 quando dichiara di essersi stancata di pagare i debiti per il suo irrequieto compagno d’arte che pure le ha dedicato “La città morta” e “Il fuoco”. In scena è più volte protagonista delle opere di D’Annunzio, ma non rinuncia ai suoi “cavalli di battaglia” e nel 1909 a Vienna coglie una volta di più un trionfo con “La donna del mare” di Ibsen.
    Il suo mito è destinato a rivivere, ancora una volta, grazie a Valeria Bruni Tedeschi che ne indosserà i panni nel nuovo film di Pietro Marcello, “Duse”, prodotto da Palomar a Avventurosa e forse in corsa per la prossima Mostra di Venezia.
   

100 anni fa moriva Eleonora Duse, la Divina del teatroultima modifica: 2024-04-20T14:21:08+02:00da newsconulana

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