Cannes militante al via, Metoo, guerre, Iran e Trump

“Cannes fa politica? Sono gli autori ad essere cittadini e a leggere da artisti il nostro tempo. Non siamo noi a fare la politica, noi selezioniamo i film migliori, giudichiamo la qualità dell’opera”: è il benvenuto di Thierry Fremaux, delegato generale del Festival di Cannes che apre domani sera la 77/a edizione, madrina Camille Cottin, presidente di giuria Greta Gerwig, autrice del fenomeno Barbie, Pierfrancesco Favino giurato italiano. Su il sipario con la commedia grottesca Le Deuxieme Act del genio folle Quentin Dupieux con superstar francesi come Lea Seydoux, Vincent Cassel e Louis Garrel, per la Palma d’oro l’Italia punta su Parthenope di Paolo Sorrentino il cui poster meraviglioso, con la giovane musa Celeste Della Porta che nuota tra le acque del golfo di Napoli con il Vesuvio nel fondale, giganteggia sulla Croisette.
    Il discorso di Fremaux è logico e neppure inedito, la selezione del cinema migliore è la vocazione di un festival come Cannes, ma è anche un dato di fatto che in queste quasi due settimane sulla Croisette si vedrà di tutto, un concentrato di politica, ad alto rischio di polemiche. Come sempre, più di sempre.
    Il Metoo è un fronte caldissimo a cominciare dal cortometraggio partecipato Moi Aussi ossia MeToo dell’attivista francese Judith Godrèche che ha denunciato la violenza sessuale di Benoit Jacquot e Jacques Doillon quando lei aveva solo 15 anni. Godrèche, inserita all’ultimo nel festival quando già impazzavano rumors di notizie di scandali di abusi che usciranno nei prossimi giorni, questa mattina era a Parigi con un centinaio di attiviste a chiedere le dimissioni di Dominique Boutunnat che sarà processato a giugno per aggressioni sessuali, ma intanto è al suo posto di presidente del Cnc, il centro nazionale del cinema.
    A Cannes si prevedono altri presidi oltre al lancio il 17 del nuovo studio sulla parità di genere nel cinema francese, dopo quello clamoroso di cinque anni fa, del Collectif 50/50, esempio di scuola in tutto il mondo. E i lavoratori dei festival francesi, che sono molti e precari, hanno già fatto sapere di azioni di protesta sulla Montée des Marches, mentre Fremaux ha assicurato di essere dalla loro parte “per una migliore equità e giustizia salariale”.
    Non è solo questo ma tanto altro. La notizia dell’ultima ora riguarda Mohammad Rasoulof, il celebre regista iraniano che ha in concorso il top secret e senza visto di censura ‘Il seme del fico sacro’, appena condannato dal regime degli ayatollah a 8 anni di carcere e alla fustigazione, si è reso irreperibile e ha confermato di essere riuscito a lasciare il suo paese d’origine e di trovarsi attualmente in una località segreta in Europa. E potrebbe addirittura essere clamorosamente presente all’anteprima mondiale del festival.
    Rasoulof denuncia senza giri di parole che “la Repubblica islamica ha preso di mira le vite di manifestanti e attivisti per i diritti civili. È difficile da credere, ma proprio in questo momento mentre scrivo, il giovane rapper Toomaj Salehi è detenuto in carcere ed è stato condannato a morte. Prima che i servizi segreti della Repubblica islamica venissero informati della produzione del mio film, un certo numero di attori è riuscito a lasciare l’Iran. Tuttavia, molti degli attori e degli agenti del film sono ancora in Iran e il sistema di intelligence sta facendo pressione su di loro con minacce e perquisizioni” ha detto il regista dall’esilio che si appella al sostegno delle organizzazioni cinematografiche internazionali.
    Sulle guerre c’è il film militante L’invasione (un titolo che già spiega tutto) dell’ucraino Sergei Loznitsa che descrive la vita della popolazione civile in tutta l’Ucraina, mostrando la resilienza del suo popolo di fronte all’invasione russa, e il politicamente scorretto La belle de Gaza di Yolande Zauberman, storia Lgbt tra Tel Aviv e Gaza. Non ci sono film da Israele, ha provocato Fremaux un giornalista, per il timore di manifestazioni? “Abbiamo scelto i film migliori, la risposta è questa, nessuna scelta politica”, ha ribadito il direttore di Cannes.
    La battuta più bella, che smonta i furori militanti, arriva sul finale. Crede che The Apprentice di Ali Abbasi sul giovane Trump (interpretato da Sebastian Stan) possa essere un disturbo nelle elezioni americane? “È utopia – ha risposto -: vi ricordo che nel 2004 Michael Moore vinse la Palma d’oro con Fahrehneit 9/11 e George Bush ebbe un mandato presidenziale finito solo nel 2009”.
   

Cannes militante al via, Metoo, guerre, Iran e Trumpultima modifica: 2024-05-13T20:08:45+02:00da newsconulana

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