Foto e racconti campeggiano sulle pareti bianche di corridoi lunghissimi a 8 metri sotto terra. Il rifugio anti-bombe dell’Ospedale First Medical Union di Leopoli, in Ucraina, è stato costruito a tempo di record, in meno di un mese, per mettere al sicuro i pazienti in caso di attacchi russi. Ma non è solo un rifugio: è un omaggio a chi ce l’ha fatta, ai tanti che da quell’ospedale ci sono passati con storie tragiche alle spalle, ma che oggi sono vivi e hanno la fortuna di poterle raccontare.
Sono infatti delle pareti parlanti quelle che accolgono medici e malati: grandi fotografie formato poster ritraggono uomini, donne, bambini. Accanto, la storia di ognuno. C’è la foto di Kateryna: ha 35 anni, una bomba russa ha distrutto la sua casa. Il marito e il figlio sono salvi ma lei, incinta, è ferita gravemente e perde il bambino. Ora è in Svezia per un intervento complesso e la riabilitazione ma vuole tornare in Ucraina al più presto dalla sua famiglia. E vicino c’è un’altra foto completamente bianca: “Qui ci sarebbe stata la storia del bambino di Kateryna – si legge nella didascalia – ma i russi lo hanno ucciso”.
Poi c’è la storia di Nastya, che a 15 anni vede arrivare una raffica di colpi sparati da soldati russi mentre è in auto con i parenti. La ragazza è ferita a una gamba ma, essendo il conducente in gravi condizioni, si fascia la gamba e si mette al volante. Le aveva insegnato a guidare la mamma. Nastya guida per 30 km, fino a quando è intercettata da militari ucraini. Tutte le persone a bordo si salvano. Lei è trasferita a Leopoli in un treno per evacuati per essere operata. E ancora ci sono Oksana e Viktor. Una mina esplode e la ragazza perde entrambe le gambe e 4 dita di una mano, ma avverte Viktor del pericolo. Dopo 4 operazioni, vanno in Germania per l’impianto di due protesi, ma prima di partire Viktor sposa la sua Oksana.
E’ un singolare memoriale dedicato ai vivi, per non dimenticare e per non abbattersi nel momento del pericolo. Il rifugio si estende per 7.000 metri quadri: è stato costruito in meno di 30 giorni con l’aiuto di 20 compagnie e aziende di Leopoli, ma anche i cittadini hanno partecipato. E’ pensato per rispondere pure ad una minaccia atomica ed è dotato di una sala operatoria e una terapia intensiva, potendo garantire un’autonomia di lungo periodo per cibo, acqua, aria ed elettricità. I pazienti allettati possono essere trasportati in auto fino ad un accesso riservato. In un’enorme stanza, i letti sono già pronti con lenzuola e coperte. Sono 300, ma l’intero rifugio può accogliere fino a 3.000 persone. “In un anno di guerra – racconta Volodymyr Fedorov, direttore Sviluppo dell’ospedale First Medical Union di Leopoli – il nostro ospedale è stato preso di mira varie volte ed i russi hanno bombardato i generatori elettrici. Ogni volta abbiamo ricostruito. L’emergenza però resta e dobbiamo poter proteggere i nostri pazienti. Ora, l’ospedale ha un rifugio sicuro”.Foto e parole, il rifugio dell’ospedale ucraino