Un gruppo di scienziati americani riferisce che i pazienti anziani e obesi sono più spesso i superdiffusori dell’infezione da coronavirus. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista PNAS.
Lo studio ha coinvolto 194 esseri umani sani e 8 scimmie non umane. Questi ultimi sono stati infettati con un aerosol contenente particelle virali di SARS-CoV-2. Negli esseri umani, gli scienziati hanno analizzato il modello di espirazione misurando la quantità di particelle di aerosol espirate.
Si è scoperto che il 18% delle persone rappresentava l’80% del bioaerosol espirato. Ciò corrisponde al rapporto classico della diffusione dell’infezione: l’80% dei casi di infezione è fornito solo dal 20% dei malati. In precedenza è stato dimostrato che per COVID-19 questo rapporto è 80:10, ovvero solo il 10% dei diffusori dell’infezione da coronavirus fornisce l’80% di tutte le infezioni. Ciò conferma l’esistenza del fenomeno della superdiffusione, cioè delle persone che diffondono il virus più attivamente di altre.
Gli studi hanno dimostrato che la capacità di diffondere un’infezione aumenta con l’aumentare dell’indice di massa corporea moltiplicato per l’età. Cioè, i superdiffusori hanno maggiori probabilità di essere pazienti infetti da SARS-CoV-2 con obesità, così come pazienti anziani. Ciò è dovuto al fatto che le cellule della loro mucosa resistono peggio al virus e vengono distrutte più facilmente, il che contribuisce alla formazione di un bioaerosol concentrato con un gran numero di goccioline microscopiche con il virus.
I dati ottenuti consentono di identificare i pazienti appartenenti a un gruppo ad alto rischio per la diffusione dell’infezione e di applicare adeguate misure preventive.