Oltre il pensiero...

L'Ageismo é la nuova malattia...


 

L’ageista è l’odiatore più impunito. Se insulto un cinghiale rischio il linciaggio mediatico, posso però dire tranquillamente a una persona che è troppo vecchia per dire, fare, baciare... testamento compreso, con implicito augurio di sprofondare nella fossa dove ha già messo un piede. Nessuno mi arresterebbe per questo, nemmeno sarei multato. Non ci sarebbero cortei, proteste, petizioni e nemmeno denunce di comitati di rappresentanti della terza e quarta età, che si appellano alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che dal dicembre 2000 vieta espressamente qualsiasi forma di «discriminazione basata sull'età». L’ageismo non è contemplato tra i comportamenti socialmente riprovevoli, forse nemmeno perseguibile a termini di legge se si limita a scritti o parole. Sarebbe forse il caso di chiamare la discriminazione per i giovanilmente svantaggiati “gerontofobia”, forse allora sì che si potrebbero indire campagne civili per stanare il gerontofobico che cova in noi. Ogni persona in odore di gerontofobia si giustificherebbe subito affermando di avere tantissimi vecchi tra i suoi amici.

Avevo vent’anni circa quando dissi per la prima volta «sei un vecchio» a mio padre, con un tono aspramente dispregiativo. Ricordo ci rimase molto male e me l’ha rinfacciato ancora per parecchio. Credo bene che se la prese, al tempo lui aveva 48 anni, gli stessi che avevo io vent’anni fa, quando rispetto a oggi ero un bambino. Il breve aneddoto è per far capire che dall’ageismo si guarisce solo invecchiando, il disprezzo per l’umano vecchieggiante fa parte della catena di omicidi simbolici che, una volta usciti dalla fase preadolescenziale di bambini che amano i nonni, necessariamente alluciniamo per scongiurare il terrore di retrocedere alla fase di autonomia limitata, che comporta il rimbambinimento senile. L’anziano è percepito, da chi è oggettivamente giovane, come appartenente una stirpe aliena. E’ capitato a tutti, compresi quelli che oggi sono decrepiti. E’ comprensibile; con gli anni il nostro aspetto cambia radicalmente, cambia il nostro modo di parlare, di guardare, cambia il nostro odore. Occupiamo lo spazio in maniera diversa perché cambiano i nostri tempi di nel percepirlo e attraversarlo. Sembriamo per questo visitatori che vengono da galassie remote, non abituati a gestire la gravità a cui è sottoposto il genere umano.

Come può il vecchio salvaguardarsi da questa legge non scritta? Quella cioè che ci porrà prima o poi tutti inevitabilmente in una categoria di discriminati? Nulla può. E’ fatale, si diventa vecchi. Chi non lo diventa significa che muore prima e non è certo una consolazione. Quando però si cominciano ad avvertire i primi sintomi di quella malattia, che se siamo fortunati ci porterà alla tomba, ci sono molte cose che è meglio non fare. Per prima cosa direi che è inutile mascherarsi da giovani. Meglio vecchi a tutti gli effetti, che vecchi patetici. Vale naturalmente per vecchi maschi, femmine, gender fluid di ogni categoria. La cosmesi della vecchiaia è un rivelatore spietato di pavidità. Si accetti eroicamente che il proprio tempo comincia a essere agli sgoccioli. Ci sono passati quasi tutti, meglio farsene una ragione che consumare ore e giorni nel disperato restauro fisico, o nella rincorsa allo spirito della contemporaneità, che non capiremo mai nella sua vera essenza. La nostra dimensione ideale si nutre di nostalgia, non vale la pena di cercare di arrampicarsi sulle impalcature mentali su cui potrà scorrere il futuro.

Seconda trappola da evitare è quella di citare esempi eccelsi di genialità decrepite che hanno fatto la storia. Scienziati, pensatori, artisti, poeti... Sono una percentuale minima di sopravvissuti nell’intelletto, talvolta anche nella carne, allo spappolamento fisiologico. Non fanno testo sono felici eccezioni, nature extra ordinarie, persone con virtù eroiche al limite della santità, che come è noto preserva persino le salme dalla putrefazione. La maggior parte dei vecchi sono lagnosi, ancorati al loro passato, arrabbiati nel vedere la moltitudine che sopravvivrà alla loro fine. I vecchi non mollerebbero mai quello che si sono conquistati, non lasciano spazio ai giovani, si zavorrano con le unghie alla terra per non esserne inghiottiti. Lo so che quello che sto scrivendo è una bieca manifestazione di ageismo del più vile. Sono vecchio anche io però.

E’ proprio il bello d’esser vecchi poter gridare quanto sia orribile la vecchiaia, senza che qualcuno ci dica che siamo dei giovani ingrati e scellerati. Al massimo diranno che siamo dei poveretti, anche un po’ rincoglioniti. Meglio così; solo se riusciremo a ispirare compassione ci salveremo da chi pensa che è ora che molliamo, dall’indifferenza di figli ingrati, dal disprezzo di chi vorremmo ancora come amante, dalla rabbia di badanti schifati della nostra misera incontinenza. Poi naturalmente continueranno tutti a dire che la vecchiaia è bella, lo fanno però solo per vendere adesivo per dentiere, presidi per la verecondia, crociere in bassa stagione. Solo da qualche anno c’è qualche speranza per alcuni vecchi di tipo “comune” particolarmente fortunati. Sono quelli che invece che essere buttati nell’indifferenziato vengono riciclati per i casting di Maria de Filippi, di Mara Venier, di Barbara D’Urso, di qualche talk del pomeriggio in di tutta la tv crepuscolare pubblica e commerciale.