Quando andava a trovare mia madre, la signora Maria, scalati i 54 gradini e guadagnata la solita sedia in cucina, esclamava: “Io qui non ci vengo più, quelle scale mi ammazzano!” E invece tornava sempre, due o tre volte a settimana, perché era legata a mia madre da un affetto che aveva messo radici nell’infanzia, quell’infanzia che entrambe rimpiangevano malgrado la povertà “però dignitosa” e certi accidenti esistenziali piuttosto destabilizzanti.
La ritualità degli incontri subì un contraccolpo quando la signora Maria cominciò a soffrire di vertigini e a sentire, come diceva lei, il freddo nelle ossa; tuttavia archiviò i 54 gradini solo nel momento in cui i sopraggiunti vuoti di memoria, inizialmente oggetto di spiritosaggini tra amiche, divennero motivo di preoccupazione per i figli, che a quel punto l’affidarono alle cure di una badante. Sussistevano però sprazzi di lucidità che a giorni facevano la differenza, e che nel salotto dal layout immutato dal giorno del matrimonio, riuscivano a tenere compagnia a mia madre che si contentava di quel che restava dell’amica di una vita.
Quando morì mia madre, Annalisa, la figlia della signora Maria, preferì tacerle la verità, motivando la scelta in questi termini: “Se anche le dicessi quello che è accaduto, pur soffrendone nell’immediatezza, cancellerebbe tutto nell’arco di cinque minuti, quindi non sarebbe inutile? Ormai non mi faccio più illusioni, l’Alzheimer sta facendo il suo corso”. A riprova del fatto che Annalisa fosse nel giusto, quando chiamavo, sua madre – che pure aveva ancora una certa contezza della mia identità -, non chiedeva della mia. Non lo fece mai.
Per sei o sette mesi scelsi di non cercare Annalisa per dedicarmi alle mie sottrazioni; poi, un giorno in cui gli scrupoli di coscienza cominciarono a mordere, la chiamai, e quello che mi disse ebbe come controcanto il mio balbettio: “Mia madre è costretta su una sedia a rotelle, e ora si è aggiunto un tumore; non mi riconosce più, ma, anche se di rado, torna in sé e mi dice che sono bella”. Con tutta probabilità lo sconcerto presente nella mia replica attraverso cui le esprimevo vicinanza e affetto, spinsero Annalisa ad aggiungere: “Credo che, se ti rivedesse, ti riconoscerebbe, lo sai che ti voleva bene”.
Non lo ritenni probabile ma non dissi niente. Quando rividi la signora Maria, era di Pasqua, si limitò a ripetere meccanicamente il mio nome, imbeccata dalla figlia. Tornai a trovarla altre due volte. Sostanzialmente era ancora lei. La nuova lei.