Giorgia

In un castello viveva un essere deforme. Mòris era il suo nome. Gli abitanti del villaggio vicino lo prendevano sempre in giro per il suo aspetto e quando lui rientrava a casa piangeva. Poi si arrabbiava e diceva:
“Brutti cafoni! Domani gli farò vedere io!! Spaccherò la faccia a tutti!!”
Diceva sempre così, ma il suo cuore era buono e il giorno dopo tornava sempre nel villaggio per fare amicizia. Poi veniva preso in giro, rientrava a casa e piangeva e di nuovo si arrabbiava. Tutti i giorni così. Per molto tempo.
Un giorno pensò:
“Se io indosserò una maschera, e un vestito nuovo, gli abitanti non mi riconosceranno e non mi prenderanno in giro!”
Allora preso dall’entusiamo si mise subito al lavoro e costruì una maschera e si cucì il suo nuovo vestito.
Il giorno dopo andò verso il villaggio e mentre passava, vicino ad una casa, sentì una musica bellissima.
Incuriosito si avvicinò alla finestra e guardò dentro.
Nella stanza c’era una bambina che ballava ma i suoi occhi erano chiusi. Allora Mòris pensò di farle uno scherzo:
“BUUUU!!!” – urlò dalla finestra
La bambina smise di danzare e disse:
“Chi è??”
In quel momento Mòris si accorse che gli occhi della bambina non si aprivano e allora disse:
“Sono un amico, ho sentito la musica e mi sono avvicinato alla finestra. Volevo farti uno scherzo…ma perchè i tuoi occhi non si aprono??”
“Sono cieca ma sento bene e ho riconosciuto la tua voce! Tu sei Mòris!” – rispose la bambina
Allora Mòris si sentì in imbarazzo e fece per allontanarsi dalla finestra, per andare via, quando la bambina disse:
“Sai io so quello che gli atri dicono di te. Dicono che sei un essere deforme e cattivo….”
“Non è vero non sono cattivo!!” – disse Mòris
“Io mi chiamo Giorgia e mi piace tanto ballare, ascoltando la musica.” – disse Giorgia
“Anche a me piace la musica ma non riesco a ballare…. non sono capace.” – disse Mòris
“Davvero?? – chiese Giorgia – Sai quando ballo mi sento così bene… mi sento libera di essere me stessa e, anche se i miei occhi non vedono, riesco a percepire la bellezza del mondo”.
“Mi fa piacere piccola Giorgia – disse Mòris – anch’io vorrei poter essere me stesso…libero.. e poter percepire la bellezza del mondo! Ma tutti qui mi prendono in giro e io mi arrabbio sempre, ma non sono cattivo!”
“Vuoi che ti insegni a ballare??” – chiese Giorgia
“Si!” – esclamò felice Mòris
Da quel giorno Giorgia e Mòris furono amici e ogni giorno lui andava davanti a quella casa. Lui fuori dalla finestra e lei dentro la stanza. Lui le raccontava del suo aspetto e lei gli insegnava a ballare.
Un giorno Mòris andò verso la casa di Giorgia e quando arrivò alla finestra si rese conto di aver dimenticato la maschera.
Stava per tornare a casa a prenderla ma Giorgia, sentendolo arrivare, lo chiamò dalla stanza e gli disse:
“Sai oggi papà e mamma mi lasceranno andare al villaggio, vuoi accompagnarmi? Sai ho parlato a loro di te e sono felici che siamo amici”
Mòris si sentì sopraffatto dalla paura di essere visto al villaggio senza maschera e disse:
“Ho dimenticato una cosa a casa! Corro a prenderla e torno subito!”.
“Non serve che tu indossi la tua maschera!” – disse Giorgia
“Quale maschera??!!” – chiese Mòris
“Quella che tu indossi verso il mondo. Io sento quando le persone hanno paura, se mentono e se invece sono sincere. Io ascolto la loro voce! Te l’ho detto sono cieca ma “sento” bene.” – disse Giorgia
“Ma mi prenderanno in giro! Poi stasera piangerò e mi arrabbierò ancora!! – disse Mòris singhiozzando.
“Le persone a volte prendono in giro le altre persone. Mio papà mi ha detto che non dobbiamo mai permettere al mondo di nascondere ciò che siamo, altrimenti il mondo verrà nascosto ai nostri occhi……ecco perchè sono cieca….anch’io come te ho paura del mondo e mi sono nascosta nel mio buio. Ti prego…. ora accompagnami al villaggio”.
Mòris allora si fece coraggio e nel suo cuore sentì tanto amore per quella bambina. Così tanto amore che avrebbe danzato davanti a tutto il villaggio!
Prese la sua mano e assieme s’incamminarono.
Giorgia tornò a vedere il mondo e Mòris non indossò mai più la maschera. Restarono amici per sempre e tutti i giorni andarono al villaggio e ballarono assieme. Le persone li chiamavano “il mostro e la bambina” e loro li chiamavano “il mondo che cerca di nasconderci”.

Luna

Un giorno la Luna prese coraggio, si avvicinò al Sole e gli disse:
“Amore mio! Io ti amo!”
“Lo so, – rispose il Sole – anch’io ti amo!”
“Ma perchè allora non possiamo stare assieme?” – chiese la Luna
“Perchè per ora io devo stare qui e tu devi stare là” – rispose il Sole
“Ma che risposta è?? Ma ce la fai?” – disse la Luna
“Ahah! – disse il Sole – Tesoro, le Creature della Terra hanno bisogno che tu sia nel Cielo, durante le notti in cui è tanto buio. Gli uomini e le donne hanno bisogno di guardarti e contemplarti, mentre in cuor loro sentiranno crescere l’amore nel stare assieme e nel condividere tutti i momenti belli della loro esistenza. Tutto questo avverrà grazie alla tua bellezza!”
“Lo so, però vorrei tanto stare con te” – disse la Luna
“Quando sentirai di voler tanto amore allunga a me il tuo sguardo e io ti invierò i miei raggi di amore, affinchè tu sarai nella piena luce della tua bellezza e del tuo splendore e tutti potranno ammirarti!” – disse il Sole
E così la Luna prese il suo posto nel Cielo e il Sole le inviava tutto l’amore necessario, aspettando quel giorno in cui potranno essere sempre vicini.

…..La chitarra…..

Toc toc….
Chi è che bussa?
==Mi scusi professore se
lei non si scomoda,
desidero un favore:
avevo una chitarra
molto bene accomodata
l’ho fatta suonare e
me l’hanno rovinata==
Il professore la esamina
e la provò a suonare….
==Figlia l’hai tutta rotta,
non la posso accomodare!!
Lì dove si appoggia il
manico,c’è una grande
confusione,
sembra che ci han sbattute
le palle di un cannone,
e’ rotto il piano armonico,
e’ rotto il ponticello e da tutto
un gran macello,
mi pare una Caporetto…
Perciò ragazze amabili
che le chitarre avete
se le fate suonare,presto
le romperete==
…Io maledissi il giorno
che la feci suonare,
le corde ancor più vibrarono
non sapevo cosa stavo
a fare….
==Dai professore,dacci
una accomodata così
l’accorderemo e la suoniamo
insieme==(solosocrate)

La bambola…..

A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo.
Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.

Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera “scritta” dalla bambola che diceva: “per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure.”

Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.

Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.

“Non assomiglia affatto alla mia bambola”, disse la bambina.
Kafka le consegnò un’altra lettera in cui la bambola scriveva: “i miei viaggi, mi hanno cambiato”. La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.

Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:

“tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l’amore tornerà in un altro modo.”

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Un tempo……

Un tempo gli operai non erano servi.
Lavoravano.
Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore.
La gamba di una sedia doveva essere ben fatta.
Era naturale, era inteso. Era un primato.
Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in
modo proporzionale al salario.
Non doveva essere ben fatta per il padrone,
né per gli intenditori, né per i clienti del padrone.
Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura.
Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza,
una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia
fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con
la medesima perfezione delle parti che si vedevano.
Secondo lo stesso principio delle cattedrali.
E sono solo io — io ormai così imbastardito — a farla adesso tanto lunga.
Per loro, in loro non c’era neppure l’ombra di una riflessione.
Il lavoro stava là. Si lavorava bene.
Non si trattava di essere visti o di non essere visti.
Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto.

Da Charles Pèguy – L’argent – 1914
Dipinto di Marius-Antoine Barret

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Buona domenica……

Nonostante tutte le esperienze che possiamo fare,
c’è un “errore” che ripeteremo all’infinito.
È quello di pensare
che le altre persone siano come noi.
Se siamo buoni d’animo pensiamo che tutti lo siano.
Possiamo rimanere delusi mille volte,
ma difficilmente cambieremo
questo nostro modo di vedere gli altri.
Perché negli altri cerchiamo sempre noi stessi.

(Agostino Degas)

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Nu tesoro

Tu tiene nu
tesoro dint a
casa e nun lo sape.
Solo tu tien a chiave
della casciaforte
e quand l’apre nun
trove brillante,
ne’ oro ne’ diamant,
ma solo amore…
Non te chiede molto,
nu surrise fatte
cu ju core e na carezza
quand vuoi!!!
Le parole sie escene
dalla vocca come
mele.
e quand vai a dormì
la sera,
te guarde come n’angel
e te dice na preghiera(Solosocrate)

Una poesia un po’ particolare,in dialetto comprensibile,con riferimento alla mamma e a tutte le mamme del mondo..

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Buongiorno…..

Se togliamo ai nostri figli la possibilità di avvicinarsi all’arte, alla poesia, alla bellezza, in una sola parola alla cultura, siamo destinati a un futuro di gente superficiale e pericolosa.
Per questo occorre difendere un settore che non esiste per dare dei profitti, ma per parlare direttamente alla gente.
Sottolineo che un’orchestra sinfonica costa molto, ma molto meno di un giocatore di calcio.
I dittatori hanno sempre cercato di chiudere la bocca agli artisti e agli intellettuali, perché la cultura, nonostante l’imbarbarimento estetico al quale stiamo assistendo, continua a essere l’anima del popolo.
L’Europa ha alle spalle una storia importantissima, sul piano culturale è stata a lungo leader nel mondo.
Ora non può dimenticarlo: per risalire e tornare propositiva, basterebbe che i governi dei vari Paesi togliessero un po’ di denaro alle cose superflue e lo destinassero prima all’educazione, poi all’educazione e quindi all’educazione.
Riccardo Muti

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Lentamente muore…..

Lentamente muore

“Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Martha Medeiros

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