Tra le Stelle

Dalle Stelle siamo venuti e tra le Stelle viviamo. I nostri corpi su questa Terra nascono e muoiono ma ciò che siamo realmente non è solo il nostro corpo. Nessuno ha mai passato la propria vita senza mai osservare almeno una volta il cielo sopra di sè. Perchè?
Cosa porta l’uomo a voler scoprire il mistero dell’Universo? Forse perchè dentro di sè conosce la sua origine ma non ne ha ricordo?
Si dice che dove lasci il tuo cuore è lì che c’è la tua casa, e se l’uomo cerca nell’Universo è perchè sta cercando il suo cuore? Quindi la sua casa?
Siamo tutti figli della stessa casa. Tutti, quando siamo impotenti di fronte alla vita, volgiamo gli occhi al Cielo. Tutti, nessuno escluso, quando arriva la morte abbiamo paura di tornare a casa.
Eppure ci rivolgiamo a qualcosa che non possiamo vedere o toccare ma sappiamo che esiste, aldilà della nostra razionalità.
Quindi cosa è questo potere che deriva dalle Stelle? Cosa c’è tra le Stelle?
Solo colori, galassie, buchi neri, materia oscura, il vuoto?
Perchè cerchiamo forme di Vita tra le Stelle quando noi stessi siamo già Vita? Forse per cercare qualcuno a cui chiedere “da dove siamo venuti”?
Eppure siamo già tutti qui: neri, gialli, bianchi ecc ecc… Tutti diversi nell’aspetto e nella personalità ma uguali in ciò che siamo dentro.
Quindi se cerchiamo una Vita nell’Universo è come cercare il nostro vicino di casa. Non c’è differenza, il vicino è come noi.
L’unica differenza è ciò che abbiamo vissuto e l’ambiente in cui il nostro corpo è cresciuto.
Ma dentro, nel nostro profondo, siamo tutti alla ricerca di qualcosa che c’è tra le Stelle.
Quindi quel giorno in cui troveremo qualcuno nelle Stelle dovremmo ricordarci che forse non sarà uguale a noi, forse non ci piacerà proprio come non ci piace il nostro vicino.
Allora dovremo prima accettare la diversità del nostro vicino e poi ciò che è tra le Stelle.
Ma a parte questo, diamo il meglio che possiamo ora e in questa Vita. Osserviamoci e ascoltiamoci. Comprendiamo che ogni uomo e donna possono essere una grande luce, ma solo dopo aver accettato anche le sue grandi sofferenze e le sue differenze. Solo allora vedremo quanto ognuno di noi può fare molto, per tutti.
Tutto ha un motivo ben preciso, nessuno è qui per sbaglio o qui per soffrire.
Tutti siamo qui per trovare un accordo, per vivere in pace e aiutarsi a vicenda e permettere a tutti di poter comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Ma chi sa cosa è giusto e cosa è sbagliato? Ciò che è giusto per me potrebbe non essere giusto per il mio vicino.
Allora la risposta è nelle Stelle. Per questo sono lì, ad osservarci da tempo.
Perchè sanno che noi tutti nella Vita, prima o poi, alziamo lo sguardo a loro, ed è sempre da lì che arriva la risposta.
Chiediamo alle Stelle e il nostro cuore saprà cosa fare, perchè è da casa nostra che arriverà quel messaggio. La casa di tutti.

…..Il libro…..

….Ciao,sono un tuo amico,il libro.
sono qui solo per te,portami ovunque,
in macchina,in treno in aereo,non ti
tradirò mai,leggimi bene e con attenzione;
la prima pagina come pure le altre sono importanti,
attento alle virgole,punti e troverai tanti interrogativi.
Se hai qualche dubbio,torna indietro e rifletti bene,
non andare oltre.
La notte se preso da insonnia o angoscia,chiamami
pure non mi scomodi,ti leggo una bella canzone e
ti faccio sognare.
Troverai tutto nel libro,lo studio,il lavoro e anche
l’amore,solo tu lo puoi leggere.
L’ultima pagina e’ bianca,farai una dedica e mi
donerai a tuo figlio…..
Ma chi sei,chi sei?
Sono io,sono io,il libro della tua vita

(solosocrate)

download

Giorgia

In un castello viveva un essere deforme. Mòris era il suo nome. Gli abitanti del villaggio vicino lo prendevano sempre in giro per il suo aspetto e quando lui rientrava a casa piangeva. Poi si arrabbiava e diceva:
“Brutti cafoni! Domani gli farò vedere io!! Spaccherò la faccia a tutti!!”
Diceva sempre così, ma il suo cuore era buono e il giorno dopo tornava sempre nel villaggio per fare amicizia. Poi veniva preso in giro, rientrava a casa e piangeva e di nuovo si arrabbiava. Tutti i giorni così. Per molto tempo.
Un giorno pensò:
“Se io indosserò una maschera, e un vestito nuovo, gli abitanti non mi riconosceranno e non mi prenderanno in giro!”
Allora preso dall’entusiamo si mise subito al lavoro e costruì una maschera e si cucì il suo nuovo vestito.
Il giorno dopo andò verso il villaggio e mentre passava, vicino ad una casa, sentì una musica bellissima.
Incuriosito si avvicinò alla finestra e guardò dentro.
Nella stanza c’era una bambina che ballava ma i suoi occhi erano chiusi. Allora Mòris pensò di farle uno scherzo:
“BUUUU!!!” – urlò dalla finestra
La bambina smise di danzare e disse:
“Chi è??”
In quel momento Mòris si accorse che gli occhi della bambina non si aprivano e allora disse:
“Sono un amico, ho sentito la musica e mi sono avvicinato alla finestra. Volevo farti uno scherzo…ma perchè i tuoi occhi non si aprono??”
“Sono cieca ma sento bene e ho riconosciuto la tua voce! Tu sei Mòris!” – rispose la bambina
Allora Mòris si sentì in imbarazzo e fece per allontanarsi dalla finestra, per andare via, quando la bambina disse:
“Sai io so quello che gli atri dicono di te. Dicono che sei un essere deforme e cattivo….”
“Non è vero non sono cattivo!!” – disse Mòris
“Io mi chiamo Giorgia e mi piace tanto ballare, ascoltando la musica.” – disse Giorgia
“Anche a me piace la musica ma non riesco a ballare…. non sono capace.” – disse Mòris
“Davvero?? – chiese Giorgia – Sai quando ballo mi sento così bene… mi sento libera di essere me stessa e, anche se i miei occhi non vedono, riesco a percepire la bellezza del mondo”.
“Mi fa piacere piccola Giorgia – disse Mòris – anch’io vorrei poter essere me stesso…libero.. e poter percepire la bellezza del mondo! Ma tutti qui mi prendono in giro e io mi arrabbio sempre, ma non sono cattivo!”
“Vuoi che ti insegni a ballare??” – chiese Giorgia
“Si!” – esclamò felice Mòris
Da quel giorno Giorgia e Mòris furono amici e ogni giorno lui andava davanti a quella casa. Lui fuori dalla finestra e lei dentro la stanza. Lui le raccontava del suo aspetto e lei gli insegnava a ballare.
Un giorno Mòris andò verso la casa di Giorgia e quando arrivò alla finestra si rese conto di aver dimenticato la maschera.
Stava per tornare a casa a prenderla ma Giorgia, sentendolo arrivare, lo chiamò dalla stanza e gli disse:
“Sai oggi papà e mamma mi lasceranno andare al villaggio, vuoi accompagnarmi? Sai ho parlato a loro di te e sono felici che siamo amici”
Mòris si sentì sopraffatto dalla paura di essere visto al villaggio senza maschera e disse:
“Ho dimenticato una cosa a casa! Corro a prenderla e torno subito!”.
“Non serve che tu indossi la tua maschera!” – disse Giorgia
“Quale maschera??!!” – chiese Mòris
“Quella che tu indossi verso il mondo. Io sento quando le persone hanno paura, se mentono e se invece sono sincere. Io ascolto la loro voce! Te l’ho detto sono cieca ma “sento” bene.” – disse Giorgia
“Ma mi prenderanno in giro! Poi stasera piangerò e mi arrabbierò ancora!! – disse Mòris singhiozzando.
“Le persone a volte prendono in giro le altre persone. Mio papà mi ha detto che non dobbiamo mai permettere al mondo di nascondere ciò che siamo, altrimenti il mondo verrà nascosto ai nostri occhi……ecco perchè sono cieca….anch’io come te ho paura del mondo e mi sono nascosta nel mio buio. Ti prego…. ora accompagnami al villaggio”.
Mòris allora si fece coraggio e nel suo cuore sentì tanto amore per quella bambina. Così tanto amore che avrebbe danzato davanti a tutto il villaggio!
Prese la sua mano e assieme s’incamminarono.
Giorgia tornò a vedere il mondo e Mòris non indossò mai più la maschera. Restarono amici per sempre e tutti i giorni andarono al villaggio e ballarono assieme. Le persone li chiamavano “il mostro e la bambina” e loro li chiamavano “il mondo che cerca di nasconderci”.

Luna

Un giorno la Luna prese coraggio, si avvicinò al Sole e gli disse:
“Amore mio! Io ti amo!”
“Lo so, – rispose il Sole – anch’io ti amo!”
“Ma perchè allora non possiamo stare assieme?” – chiese la Luna
“Perchè per ora io devo stare qui e tu devi stare là” – rispose il Sole
“Ma che risposta è?? Ma ce la fai?” – disse la Luna
“Ahah! – disse il Sole – Tesoro, le Creature della Terra hanno bisogno che tu sia nel Cielo, durante le notti in cui è tanto buio. Gli uomini e le donne hanno bisogno di guardarti e contemplarti, mentre in cuor loro sentiranno crescere l’amore nel stare assieme e nel condividere tutti i momenti belli della loro esistenza. Tutto questo avverrà grazie alla tua bellezza!”
“Lo so, però vorrei tanto stare con te” – disse la Luna
“Quando sentirai di voler tanto amore allunga a me il tuo sguardo e io ti invierò i miei raggi di amore, affinchè tu sarai nella piena luce della tua bellezza e del tuo splendore e tutti potranno ammirarti!” – disse il Sole
E così la Luna prese il suo posto nel Cielo e il Sole le inviava tutto l’amore necessario, aspettando quel giorno in cui potranno essere sempre vicini.

…..La chitarra…..

Toc toc….
Chi è che bussa?
==Mi scusi professore se
lei non si scomoda,
desidero un favore:
avevo una chitarra
molto bene accomodata
l’ho fatta suonare e
me l’hanno rovinata==
Il professore la esamina
e la provò a suonare….
==Figlia l’hai tutta rotta,
non la posso accomodare!!
Lì dove si appoggia il
manico,c’è una grande
confusione,
sembra che ci han sbattute
le palle di un cannone,
e’ rotto il piano armonico,
e’ rotto il ponticello e da tutto
un gran macello,
mi pare una Caporetto…
Perciò ragazze amabili
che le chitarre avete
se le fate suonare,presto
le romperete==
…Io maledissi il giorno
che la feci suonare,
le corde ancor più vibrarono
non sapevo cosa stavo
a fare….
==Dai professore,dacci
una accomodata così
l’accorderemo e la suoniamo
insieme==(solosocrate)

La bambola…..

A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo.
Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.

Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera “scritta” dalla bambola che diceva: “per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure.”

Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.

Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.

“Non assomiglia affatto alla mia bambola”, disse la bambina.
Kafka le consegnò un’altra lettera in cui la bambola scriveva: “i miei viaggi, mi hanno cambiato”. La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.

Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:

“tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l’amore tornerà in un altro modo.”

FB_IMG_1596025947437

Un tempo……

Un tempo gli operai non erano servi.
Lavoravano.
Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore.
La gamba di una sedia doveva essere ben fatta.
Era naturale, era inteso. Era un primato.
Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in
modo proporzionale al salario.
Non doveva essere ben fatta per il padrone,
né per gli intenditori, né per i clienti del padrone.
Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura.
Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza,
una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia
fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con
la medesima perfezione delle parti che si vedevano.
Secondo lo stesso principio delle cattedrali.
E sono solo io — io ormai così imbastardito — a farla adesso tanto lunga.
Per loro, in loro non c’era neppure l’ombra di una riflessione.
Il lavoro stava là. Si lavorava bene.
Non si trattava di essere visti o di non essere visti.
Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto.

Da Charles Pèguy – L’argent – 1914
Dipinto di Marius-Antoine Barret

FB_IMG_1595910605144