forse esiste un’altra strada

Qualche anno fa scrivevo l’articolo “fuori dalla normalità“. Sono ancora convinta che, nel nostro corrente modo di valutare l’apprendimento e le capacità qualcosa non quadri.

Pur stimando il lavoro di chi si prodiga per far raggiungere lo standard comunemente accettato come “sufficiente” anche ai ragazzi con un percorso di apprendimento difficoltoso rispetto ai canoni stabiliti (parlo dei DSA), ho la sensazione che esista un’altra strada da seguire per evitare che questi ragazzi, pur sudando sette camicie per raggiungere gli obiettivi minimi, si sentano per tutta la vita “un gradino più in basso” rispetto agli altri.

I ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento sono ogni anno di più.

Non pretendo certo di dispensare verità, non sono un'”addetta ai lavori” in senso specifico, ma solo un’insegnante con tanti anni di esperienza, e il mio è quindi un pensiero personale, più o meno condivisibile.

Quale può essere la causa del disagio sempre crescente degli studenti di fronte all’apprendimento del bagaglio di nozioni offerto dalla scuola?

Dislessici, disgrafici e disortografici generalmente comprendono come tutti, il loro problema sta in ciò che veicola la comprensione, ovvero nel mezzo utilizzato per raggiungere lo scopo e non nella complessità della meta da raggiungere.

Può avere un peso il fatto che per scrivere si utilizzi sempre di più la tastiera e sempre meno la penna? O che si apprenda cliccando su link e visualizzando pagine sempre più ricche di immagini (statiche o in movimento) anzichè sfogliando pagine di un libro in successione, magari con frasi complesse e senza immagini?

Quelli che oggi chiamiamo DSA sono sempre esistiti anche se spesso non individuati, perciò questa non può certo essere l’unica causa. Ma l’incremento della problematica, secondo il mio modesto parere, ha sicuramente a che fare con tutto ciò.

Prendiamone atto.

In tutta la storia dell’umanità, le capacità delle persone si sono sviluppate in caso di necessità (il bisogno aguzza l’ingegno!) e hanno perso vigore se destinate a soddisfare pratiche obsolete. Le nuove generazioni stanno sviluppando abilità diverse dalle nostre: sono sicuramente più abili dei cinquantenni nella comunicazione che si serve della tecnologia.

Ma ora vorrei provare a ragionare slegandomi da considerazioni che riguardano la contemporaneità.

Un dislessico ha spesso capacità visuo-spaziali  maggiormente sviluppate rispetto agli altri: le sue abilità nell’osservare, interpretare e riprodurre immagini sono quindi frequentemente migliori rispetto a quelle dei coetanei, essendo tali abilità di lettura della realtà maggiormente utilizzate (e quindi esercitate); per molti di loro infatti, il mondo delle immagini rappresenta la strada più agevole nella comprensione della realtà;

i dislessici perciò spesso sono artisti e non eccellono solo nel campo delle arti figurative: talvolta diventano attori, conduttori radiofonici, musicisti, (ma anche scrittori!) oltre che disegnatori, pittori, artigiani particolarmente abili e creativi.
Seguendo strade alternative, veicolate dai cinque sensi, rafforzano le loro capacità nell’utilizzo di uno o più percorsi di questo tipo, ottenendo risultati migliori rispetto ai coetanei.

E se l’aumento dei disturbi specifici di apprendimento fosse causato dalla mancanza, in ambito scolastico, di spazi dedicati ai percorsi di apprendimento alternativi? Quanto peso viene dato oggi all’apprendimento esperienziale che passa attraverso i sensi e la costruzione di qualcosa di pratico? E infine, quale peso viene attribuito oggi al disegno o alla musica come mezzi di comunicazione nella scuola superiore?

Chi l’ha detto che siano loro ad avere una tessera del puzzle mancante e non noi?