15 MINUTI

15 MINUTI

Come il maschio Italico standard , sono un appassionato di calcio.

Quando da piccolo i miei amici volevano fare gli astronauti o i pompieri , io sognavo d’essere il capocannoniere del Toro ( Si, sono Granata) .

Per me e il calcio non è mai stato solo quei “90 minuti” di gioco, ma una piccola enciclopedia d’insegnamenti e metafore della vita.

C’è una canzone di “De Gregori” che dice “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio , dall’altruismo e dalla fantasia”

E cosa c’è di più vero di queste parole? Non solo nel calcio ma anche nella vita?

Per quasi tutti è il risultato che conta , e non dico non sia vero, ma c’è altro, c’è tanto altro. Ci sono gol che sbagli , ci saranno sempre palle che non entrano in porta, ma alla fine la sola cosa che può rincuorare da un sconfitta sarà sapere di aver giocato al meglio delle tue possibilità .

E per farlo ,non devi mai pensarti sconfitto . Non devi mai smettere di provare a farlo quel gol.

E così nella vita. Perchè a contare non è solo il risultato ma anche come arrivi a quel risultato.

Preferisco non fare un gol che meritavo di fare, piuttosto che farne uno per mera fortuna o in modo sleale.

Mio Nonno mi ha raccontato una storia che io , quando ne avranno bisogno racconterò ai miei figli e che parte dal campo da calcio ma che è un immenso insegnamento di vita.

“Erano gli anni 50, Il Grande Torino stava giocando una partita importantissima contro un’importante squadra straniera. Stavano perdendo 7 a 0 .

Tutti pensavano che era una partita persa, che c’era troppo poco tempo per un recupero, anche i giocatori la stavano dando persa, Perfino la curva aveva smesso di tifare.

Poi il capo della curva suonò la sua trombetta per incitare i giocatori ed i tifosi. Mancavano 15 minuti alla fine della partita.

Quella trombetta stava a dire “Se dobbiamo perdere facciamolo con onore. Giochiamo davvero!”

E il grande Mazzola con i suoi compagni raccolse quel invito.

Smisero di pensarsi sconfitti ed in quei 15 minuti non solo riuscirono a pareggiare ma addirittura a vincere!

Il giorno dopo chiamarono quel Miracolo come “il quarto d’ora Granata”

E per uno strano caso del destino , dopo quel giorno , in tutte le altre partite al suono di quella trombetta scattavano quei 15 minuti in cui il Torino cambiava le sorti della partita.

Poi una sera l’aereo di quei giocatori si schiantò contro il colle di Superga. Nessun sopravvissuto.

L’intera prima squadra era scomparsa. Ma dovevano ancora giocare una partita, l’ultima di campionato. Erano primi in classifica e la Lega Calcio propose alla società di non giocarla ed assegnare lo scudetto , ma loro risposero di no e scesero in campo con la squadra giovanile.

Giocatori inesperti che non potevano competere con i loro avversari. Ma decisero di onorare così i loro compagni scomparsi, giocando, rischiando …

Quel giorno l’intero stadio era a lutto. Sugli spalti le mogli dei giocatori deceduti, un presidente in lacrime ed i tifosi che solo pochi giorni prima erano in piazza per i funerali ora erano tutti li , pensando solo a quei giocatori che non erano solo calciatori ma amici …perchè una volta i giocatori non erano Vip , erano persone che giravano per la strada, entravano nei bar , si fermavano a parlare con i tifosi . Quel Grande Toro che aveva continuato a giocare anche durante la guerra, che li aveva distratti dai bombardamenti, dalle tragedie.

Il silenzio in quello stadio era tombale. Si poteva sentire il rumore dei piedi contro la palla.

Quel Torino di “riserve” giocava con gli occhi lucidi e perdeva..si stava perdendo .

Poi, quel capo ultrà prese in mano ancora la sua tromba e quasi come in saluto di chi non c’era la suonò. Un suono che lacerò quel silenzio .

E forse proprio quel rumore spronò i giocatori a non mollare.

E tornò il quarto d’ora Granata. Ancora una volta . La volontà di reagire vinse la tragedia.  E quella vittoria fu la più triste ed anche la più bella.”

Era finita un epoca. Era un’altro calcio. Altre persone.

Ma quei “15 minuti” di questa storia di calcio sono una metafora incredibile di come si debba affrontare una sfida.. non è finita finchè non è finita. Mai. “Non è finita finchè l’arbitro non fischia”

Dai tutto, dai il meglio che riesci , vada come vada. I veri perdenti sono quelli che smettono di provare…

quindi :

“no, non aver paura di tirare un calcio di rigore…”

Sono figlio di mia madre

Anni fa, quando ancora non c’era la “giornata contro la violenza sulle donne”  mi trovavo in un locale con la mia ex ragazza e degli amici .

Stavamo scherzando e bevendo allegramente seduti al nostro tavolo godendoci quelle belle serate di “movida” ( che ora suonano come una bestemmia ) quando pochi tavoli più in là vediamo una coppia che inizia a litigare.

Lei sembrava cercare di calmarlo di smorzare i toni di lui , nel suo sguardo era palese il disagio e la vergogna per quella scenata pubblica .

La cosa che più m’infastidiva era che tutti dopo aver dato loro un’occhiata era tornati a farsi i fatti loro .

La insultava ad alta voce per motivi che nessuno poteva conoscere se non loro due, ma che non avrebbero cambiato di una virgola il mio ritenere quell’atteggiamento vomitevole e non perchè fosse una sfuriata pubblica ma perchè mi è stato insegnato che per nessun motivo ci si deve rivolgere ad un altro essere umano con quella cattiveria , non importa cosa t’abbia fatto c’è un limite da non poter superare per poter essere chiamato Essere Umano.

Quella scena era già fastidiosa così , ma quando poi si è alzato in piedi e l’ha presa per il braccio trascinandola via dal tavolo dov’erano seduti mi ha fatto chiudere la vena , come se quella donna fosse una mia amica, mia sorella o mia madre.

Mi sono alzato bloccandogli il passaggio.

E non perchè sono un supereroe , ma perchè so che se non l’avessi fatto non avrei più potuto guardarmi in faccia.

Non conoscevo quella donna, non l’avevo mai vista prima di quella sera..

Alzarmi in piedi quella sera mi è costato 2500 euro e un’udienza da un giudice di pace ma lo rifarei altre milioni di volte.

Non c’è bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne , c’è bisogno di persone che non pensino sia un problema lontano da loro . C’è bisogno d’esseri umani che non fingano di guardare da un’altra parte. C’è bisogno di uomini che smettano di sentirsi migliori delle donne. C’è bisogno di persone che diano il coraggio a quelle donne vittima di violenza fisica o psicologica di alzare la testa sapendo che qualcuno che le aiuti . C’è la necessità impellente che si smetta di trovare scriminanti ad atteggiamenti che di scriminanti non devono averne.

C’è necessità di una morale che non usi i MA..

“lui si è comportato male MA…magari lei se l’è meritato”

“Lui l’ha stuprata MA perchè lei è andata in macchina con lui?”

“Beh MA una che manda foto porno ad un uomo poi non si può lamentare se lui le pubblica”

“L’ha uccisa è vero , MA era geloso “

E quanti altri MA si dicono troppe volte senza pensare.

Un MA lo voglio dire io :

MA se quella donna non fosse un’estranea? Se quella donna fosse tua figlia? Tua sorella? Tua madre? Una tua amica? Tutti quei mai che dici ora avrebbero senso?

Se avere una giornata contro la violenza porta a questi ragionamenti allora benvenga ci sia…per quanto riguarda QUESTO UOMO…non è importante perchè che ci sia o meno .. sarò sempre il FIGLIO DI MIA MADRE…che per fortuna mi ha insegnato il rispetto per il prossimo ( chiunque sia )  è sempre la strada migliore su cui viaggiare.