Il Vangelo di Giovanni non ci parla di miracoli, ma di segni che il Signore lascia lungo il cammino. Oggi è proposto il secondo segno compiuto da Gesù in Galilea, sottolineato per ben due volte, come a collegarlo con il precedente. Nel primo, alle nozze di Cana, Gesù aveva tramutato l'acqua in vino. Nel secondo, la guarigione del figlio del funzionario del re. È Lui stesso che li accomuna.
Dal primo al secondo segno, c'è stato un passaggio per il quale coloro che ascoltano e vedono Gesù, non sono più come all'inizio del percorso. L'invito è proprio questo: fare un cammino in profondità. I Galilei che accolgono Gesù, erano testimoni di tutto quello che aveva fatto durante la festa. La fiducia nel Signore, non è più quella degli inizi. Come loro, così anche noi, se prima il credere era per sentito dire, ora è perché Lui ci ha lasciato un segno.
Nel testo troviamo che: "Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino." Poi al termine del brano: "credette lui con tutta la sua famiglia". Per quel funzionario e per noi, il suggerimento è di fare un passaggio: dalla logica del segno fine a se stesso, al diventare significativo nella nostra vita.
Dio può anche entrare nel nostro vissuto non con eventi eclatanti, ma la Sua promessa è che Lui ci sarà sempre. Il primo segno, è Egli stesso: si tratta di riconoscerlo nella nostra quotidianità, come quel segno che dà senso alla vita, il pane sarà sempre pane, ma se celebrato, benedetto e ringraziato, è capace di nutrire una fame più profonda.
Lasciamo entrare Gesù nel quotidiano, celebriamolo nei nostri giorni, così da fare della vita un segno ripetuto della Sua presenza, tanto da dare forza a noi e a chi ci sta accanto. Ogni storia è un segno perché amata, voluta, toccata da Dio, siamo luogo dove Lui non passa, ma resta e dà vita a tutte quelle parti di noi che ancora attendono un segno.