Uno dei servi aveva paura del suo padrone, si era fidato di ciò che aveva sentito di Lui e per timore, non aveva fatto fruttare la sua moneta. Una paura infondata che anziché muovere all'azione, al fare qualcosa, paralizza e il padrone risponde: "Dalle tue stesse parole ti giudico", si, perché anche ne avesse dette altre, forse quel servo non avrebbe comunque capito.
La realtà è filtrata attraverso un pensiero su qualcuno al punto che alla fine, accade cio che temevano. Spesso i giudizi non ci fanno vedere realmente le cose come sono e può capitare anche con Dio, quando gli attribuiamo titoli per sentito dire.
Il Vangelo di oggi ci parla di un dono ricevuto da far fruttare, nessuno è escluso da questo, ma la modalità d'impiego è tutta nostra in base alle nostre capacità. Dio non ci chiede il di più di quello che possiamo fare, però ci invita a pensarci come "potenziati", ovvero persone che possono farcela. Egli ha fiducia in noi, non dobbiamo avere paura né delle situazioni, né di Lui, poiché Egli non è un padrone, è un Padre e noi non siamo servi, ma figli.
In quanto figli, siamo soggetti a compiere il nostro dovere nella quotidianità, però c'è anche un altro impegno insito nel testo: vivere da figli in questo mondo senza dubitare di Lui, senza aver paura di Dio, ma riconoscendolo come Colui che è dalla nostra parte, pronto a perdonare e non a punire, a sostenere e a far brillare l'opera delle sue mani (noi) come fosse la gemma più bella.