MARTEDÌ DELLA IX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Il Signore oggi ci insegna l’equilibrio delle cose: dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ma sopratutto ci insegna a non metterlo alla prova. Spesso, anche se ci nascondiamo, lo facciamo anche noi, lamentandoci che tanto Dio non ci ascolta, che è lontano dalle nostre miserie. A che serve andare da Lui se poi nella fatica non lo vediamo?
Questo è il più grande nostro errore, inserire il dubbio verso Dio e non dare spazio a ciò che Lui realmente è: pienezza infinita, presenza, Paternità. È il momento di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, credendo anzitutto che Lui c’è, che è accanto a noi giorno dopo giorno, nella sofferenza come nella gioia. Non è facile sentirlo accanto, è vero, perché tra noi è Dio inevitabilmente c’è una distanza, é quell’alterità che distingue le persone, ma che le mette in relazione, se si mette in gioco la libertà.
Egli liberamente sceglie di non essere più solo un Dio lontano, e manda ciò che ha di più bello: suo Figlio, così che guarendo, sanando, perdonando, ciascuno possa credere in Lui. Dio dona anche a noi la libertà di poter scegliere, di fidarsi, di aprire il nostro cuore a Colui che è alla porta del cuore e bussa. Non si impone, dispone, un Dio che ti desidera!
Contrariamente a quanti nella vita ci hanno deluso, Egli non si allontanerà mai, non solo c’è, ma resta nonostante tutto il tuo mondo ferito, calpestato o umiliato. Dio non è qui per assorbire delle colpe, per essere accusato, ma liberamente prende su di sé la tua colpa, così che tu sollevato possa incontrarlo.
Dare a Dio quel che è di Dio, è in ultima analisi accettare che il Suo amore è efficace e che nessuno potrà mai amarci in questo modo. Che ne dici ripartiamo? Lui è qui e ti tende la mano, così che quando camminerai sulla “corda” Egli ti sosterrà e non ci sarà più vuoto o paura, ma solo amore e bontà.