Al soldo di me stesso

Come amo vivere lontano dalle mode.
Ci sono colori, forme, comportamenti di cui ho un estremo bisogno e li sento miei anche se non sono di moda.
E questa necessità è così forte che il giudizio delle persone attorno perde di ogni consistenza.
E ancora di più adoro non aver nulla in comune con la frase “lo faccio perché lo fanno tutti”.
Come disse Paolo Crepet in un’intervista, anche Caravaggio avrebbe potuto dire “faccio come gli altri, perché lo fanno tutti, perché tutti fanno così”… ma lui fece in maniera diversa.

Senza permesso

 

La persona molto colta che si diverte a far pesare la propria cultura, che volutamente lascia cadere citazioni difficilissime che nessuno capisce, quella secondo me è una persona profondamente maleducata, anche se sa usare la forchetta da ostriche.

Noi italiani siamo un popolo di ex-poveri. E abbiamo quindi tutte le stigmate del nuovo ricco. Il nuovo ricco è la persona che non si è ancora resa conto in pieno di avere del denaro. E non lo spende solo perché gli fa piacere spenderlo ma perché gli altri vedano che ce l’ha. Da dove si vede? Soprattutto dalle cosiddette situazioni in cui la gente vuole fare “bella figura”. Le cerimonie innanzi tutto. I matrimoni. Con dei buffet che… gridano vendetta. Perché c’è un sacco di spreco. E lo spreco del cibo, che secondo me è una delle maleducazioni peggiori, nasce proprio dalla fame atavica di una volta.

A forza di permettere sempre un rotolamento verso il basso si è arrivati al niente.

(Barbara Ronchi della Rocca)

La maleducazione oggi nasce dalla semplificazione di tutto. Quando manca la profondità in generale, quando manca la profondità del vivere, la maleducazione emerge. Perché è eccesso di semplificazione del linguaggio. E’ eccesso di semplificazione dei rapporti. (Biagio de Giovanni)

Il problema è che questo mondo è un mondo di immagini, che in tutte le società fino a tempi molto recenti comunque aveva un certo accesso anche alla coscienza. Oggi siamo talmente bombardati da infinite immagini che vengono dall’esterno, che si perde questo contatto. E questo rende più difficile trovare un proprio equilibrio; per cui le persone sono più nevrotiche, più impazienti, al limite anche più aggressive.

La società del rispetto tende a sparire. Se non si fa attenzione, nascono nuove generazioni che rispettano soltanto quelli che hanno avuto successo.

Se noi non ascoltiamo mai quello che abbiamo dentro, non facciamo mai attenzione e guardiamo solo di fuori, e naturalmente guardiamo di fuori soprattutto a quello che luccica, l’automobile più grande o i gioielli più vistosi, questa è una mala-educazione.

(Luigi Zoja)

Non è vero che ci si abitua a tutto: maleducazione e scortesia mi colgono sempre di sorpresa

(Anonimo)

Ogni giornata è un’occasione per piccoli atti di gentilezza. E il bello è che quando li fai poi ti vien voglia di farne di più. Quindi diventa contagiosa, ti da una carica, un’energia. La gentilezza di fatto se applicata aumenta il livello di serotonina nel sangue, che è l’ormone della felicità.

(Cristina Milani)

 

Guilt

Eppure, mia cara, ho provato vertigini di assoluta felicità nell’assenza di te e di ogni altro essere umano attorno. Forse può esser chiamata “colpa” questa insolita capacità di saper star bene anche con se stessi. E allora sono colpevole mia cara, colpevole di ascoltar  me stesso e colpevole per aver offerto ai tuoi occhi ed ai tuoi sensi nient’altro che la verità che m’attraversa.

Oscurità a simmetria sferica

Io sono amico del buio.
E a chi lo teme, magari anche con terrore, gli direi che è una paura più che legittima, ragionevole, ma che al tempo stesso posso assicurare che la si può avvicinare, carezzare e tornare a casa sani e salvi.
Buie sono le strade del mio piccolo paesino.
Buia è la mia casa.
Badate bene, non è che l’Enel mi abbia tagliato la corrente.
Ma provo un immenso piacere nel pensare che vi sia luce nelle ore notturne solo se lo voglio io, e non se lo decide il vicino o l’amministrazione comunale.
Quasi buia e cosparsa di fioca luce è la stradina che dal parcheggio conduce a quella manciata di case in pietra che abbracciano la mia.
Da un lato i paesini arroccati sulle colline con i loro lampioni di cera.
Di fronte il firmamento con la costellazione di Orione che si mostra così maestosa ai mortali in questo periodo dell’anno.
E poi i camini che fumano legna.
E quelle persone incrociate in piazzetta davanti la chiesa.
Buie e silenziose pure loro. Ma che ti salutano sempre anche se solo con un cenno del capo.

Tristezza

Ci sono momenti come questo, in cui il destino ti porta davanti agli occhi immagini crude della sofferenza del mondo. Momenti in cui mi trovo disarmato. Momenti che non riescono ad abituarmi nonostante si siano già presentati nella mia vita.

Se penso quello che ho letto nel capolavoro di Robert H. Hopcke Nulla succede per caso, allora inevitabilmente scavo alla ricerca del messaggio che l’Universo vuole farmi arrivare.

Un messaggio che ci portiamo dentro da bambini, sostiene qualcuno, e che col tempo dimentichiamo di ascoltare o anche solo di rievocare.

Non è solamente l’impatto di tutta quella sofferenza che entra dai mie occhi e tracima dagli stessi in forma liquido-salina, a lasciarmi inerme. Ma anche il profondo insegnamento che ogni uomo o donna che ne sono vittime, portano con loro.

A volte basterebbe così poco per ridurre in maniera drastica il male nel mondo.

Cosa ci porta ad essere tanto indifferenti?

Possibile che, nonostante la società, l’educazione, la disinformazione, i dogmi e tutto quello che ci può venire in mente per eliminare le nostre responsabilità, non riusciamo davvero a far funzionare tutta quella materia grigia che abbiamo tra le orecchie e di cui andiamo tanto fieri, per prendere consapevolezza del danno che si sta consumando?

Quel silenzio così pieno

Inoltre non è affatto banale prendere coscienza che la felicità possa toccare vette elevatissime anche solo essendo immersi nel silenzio di una casa vuota sulle colline che sovrastano il mare. Unici rumori il tintinnare del carillon del vento appeso fuori, le dita che voltano la pagina di un libro, il ticchettare dell’orologio a muro, il frusciare delle foglie dell’albero di limone mosse da un improvvisa folata di vento di scirocco. Nulla di più lontano dai richiami luccicanti e cantilenanti offerti dall’omologata società, sempre pronta ad indicarci la strada più adatta al benessere del nostro ego, e sempre in grado di lasciarci immancabilmente delusi e dispersi.

Mi mancano

E’ talvolta la nostalgia delle buone maniere che mi porta a soffermare i pensieri sulla strada che il mondo sta intraprendendo mentre il mio sguardo rimane perso su universi vuoti. E’ che mi mancano a volte quei toni pacati e quel rispetto reciproco nei gesti e nelle discussioni fatte anche di ascolto e non solo di una continua lotta per avere l’ultima parola. Lasciare il tempo di esprimersi e di elaborare fino in fondo un pensiero alla persona che ci sta di fronte, credo debba essere un nostro dovere durante una discussione. E invece da oramai troppo tempo assisto e sono vittima io stesso di situazioni in cui il volume ed i toni della conversazione non fanno che salire, inversamente proporzionali al livello di rispetto verso chi ci sta parlando, verso colui o colei che ci stanno comunicando qualcosa, o almeno tentano di farlo. Non conta il costrutto di ciò che si dice, ma solo se si hanno o meno le redini del discorso. Ed è questa estrema voglia di palcoscenico e di primi piani che mi lascia spiazzato e mi fa sentire fuori sintonia con la realtà. Gesti cordiali che non vedo più, come per esempio alzarsi dal proprio posto sull’autobus per lasciarlo ad una persona anziana, o ad una donna incinta. E mi allontano con la memoria da questo tempo così moderno e così efficiente, che poco o nulla mi appartiene.