ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

La mia striscia di cielo rosa


Durante i lunghi viaggi in ferrovia le albe formano una sorta di accompagnamento, come le uova sode, i giornali illustrati, le carte da gioco, i fiumi dove le barche s'affaticano senza avanzare. Mentre facevo il censimento dei pensieri che m'avevano occupato la mente negli ultimi minuti (...), vidi delle nubi concave la cui dolce lanugine era d'un rosa fisso, morto, immutabile, come quello che tinge le piume dell'ala che se n'è imbevuta o il pastello dove l'ha collocato la fantasia del pittore. Ma io sentivo che, invece, quel colore non era né inerzia né capriccio, ma necessità e vita. Dietro, non tardarono ad accumularsi riserve di luce. Il rosa si ravvivò, il cielo divenne d'un incarnato che mi sforzavo, non staccando gli occhi dal vetro, di vedere meglio, perché lo sentivo in rapporto con l'esistenza profonda della natura, ma a una svolta della linea ferroviaria il treno girò, alla scena mattutina subentrò nella cornice del finestrino un villaggio notturno dai tetti azzurri di luce lunare, con un lavatoio incrostato della madreperla opalescente della notte, sotto un cielo ancora trapunto di stelle, e io stavo disperandomi d'aver perduto la mia striscia di cielo rosa quando la scorsi di nuovo, ma rossa questa volta, nel finestrino di fronte, che poi abbandonò a una seconda svolta della strada ferrata; e così passavo il tempo a correre da un finestrino all'altro per ricomporre, per "rintelare" i frammenti opposti e intermittenti del mio bel mattino scarlatto e versatile e averne una visione totale, un quadro ininterrotto".

M. Proust, Nomi di paesi: il paese

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori