ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

L'ora della morte


Siamo soliti dire che l'ora della morte è incerta; ma, quando lo diciamo, ci rappresentiamo quell'ora in uno spazio vago e lontano, non pensiamo che abbia qualcosa a che vedere con la giornata che stiamo vivendo e possa significare che la morte - o il suo primo impossessarsi di noi, dopo il quale non ci lascerà mai più - potrà verificarsi in questo stesso, e così poco incerto, pomeriggio, il cui impiego abbiamo preventivamente programmato ora per ora. Teniamo alla nostra passeggiata per accumulare, in un mese, la necessaria quantità d'aria buona; abbiamo esitato sulla scelta del cappotto da indossare, del cocchiere da far venire; siamo in carrozza, la giornata si stende intera davanti a noi, breve perché vogliamo rincasare in tempo per ricevere un'amica; ci piacerebbe che il tempo, domani, fosse altrettanto bello; e non sospettiamo che la morte, che camminava dentro di noi su un altro piano, ha scelto proprio questo giorno per entrare in scena, tra pochi minuti, più o meno nell'istante in cui la vettura arriverà ai Champs-Élysées. Forse, chi è ossessionato dal terrore della singolarità tipica della morte troverà un che di rassicurante in quel genere di morte - in quel genere di primo contatto con la morte - perché essa vi assume un'apparenza nota, familiare, quotidiana.

M. Proust, La parte di Guermantes II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori