Altre volte ero io che andavo, un po' più tardi, a prendere la mia amica; lei, allora, doveva aspettarmi davanti ai portici del mercato, a Maineville. Sulle prime non la distinguevo; già mi preoccupavo che non venisse, che avesse capito male. Ma ecco che la vedevo, nella sua camicetta bianca a pois azzurri, saltare al mio fianco nella vettura con l'agile balzo d'un giovane animale più che d'una fanciulla. E appunto come una cagna cominciava subito ad accarezzarmi senza fine. Quando la notte era completamente scesa e, come diceva il direttore dell'albergo, il cielo era tutto compunto di stelle, se non passeggiavamo nel bosco con una bottiglia di champagne, andavamo - senza preoccuparci dei villeggianti che ancora deambulavano sulla diga debolmente illuminata, ma che non avrebbero distinto alcunché sulla sabbia nera a due passi da loro - a stenderci al riparo delle dune; lo stesso corpo nella cui flessuosità viveva tutta la grazia femminile, marina e sportiva delle fanciulle che avevo visto passare per la prima volta sullo sfondo dei flutti, lo tenevo stretto contro il mio, sotto una sola coperta, proprio in riva al mare immobile attraversato da un raggio tremante; e l'ascoltavamo, il mare, senza mai stancarci e con immutato piacere, sia quando tratteneva il respiro abbastanza a lungo da far credere che il riflusso fosse cessato, sia quando esalava infine ai nostri piedi il murmure atteso e ritardato.
M. Proust, Sodoma e Gomorra II
Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori