ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

La regola dei duri e dei forti


Quando dissi arrivederci alla principessa, l'abituale sorriso non rischiarò il suo volto, abbassò il mento in un secco saluto, non mi tese nemmeno la mano e, dopo, non mi ha mai più riparlato. Dovette parlare, tuttavia - ma non so per dire cosa -, ai Verdurin, perché, non appena chiedevo loro se non avrei fatto bene a usare qualche cortesia a Madame Ŝerbatov, tutti uscivano in un corteo precipitoso: "No! No! No! Questo no, assolutamente! Non le piacciono le cortesie!". Non lo dicevano per mettermi in disaccordo con lei; il fatto è che la principessa era riuscita a far credere d'essere insensibile alle premure, un'anima inaccessibile alla vanità di questo mondo. Bisogna aver visto l'uomo politico che passa per il più integro, il più intransigente, il più inavvicinabile da quando è al potere; bisogna averlo visto, ai tempi della sua disgrazia, mendicare timidamente, con un sorriso smagliante da innamorato, il saluto altezzoso d'un giornalista qualsiasi; bisogna aver visto raddrizzarsi Cottard (che i suoi nuovi pazienti prendevano per una sbarra d'acciaio), e sapere di quali ripicche amorose, di quali smacchi di snobismo erano fatti l'apparente alterigia, l'antisnobismo universalmente riconosciuto della principessa Ŝerbatov, per capire come nell'umanità la regola - soggetta, naturalmente, a qualche eccezione - sia che i duri sono dei deboli di cui gli altri non si sono curati, e i forti, indifferenti che ci si curi o meno di loro, sono i soli a possedere quella dolcezza che il volgo scambia per debolezza.

M. Proust, Sodoma e Gomorra II

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori