ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

Proust non credeva nell'amore


Si sa, Proust non credeva nell'amore. (...) O per meglio dire, nel cosiddetto amore romantico. Immagino che, chiamato a pronunciarsi sulla faccenda, avrebbe mostrato maggiore comprensione per il suicidio di Ofelia che per quello di Giulietta. Proust considerava l'amore la forma di autoinganno più subdola che la natura avesse messo a disposizione della specie umana, almeno in questo molto più disgraziata di tutte le altre. (...)

Che non basti questo a spiegare la monotonia con cui le dinamiche amorose nella Recherche si ripetono, ossessivamente, sempre uguali a se stesse. Il Narratore, per l'occasione epurato dall'onta dell'omosessualità e dai quarti di sangue ebraico, è un eterosessuale di origini cattoliche, collezionista di delusioni affettive. Ciò lo induce a postulare generalizzazioni sull'amore che troppo spesso scantonano nel partito preso. Un disfattismo sentimentale inasprito dai fallimenti, certo - che si rifrange sugli eroi del romanzo: Swann, Charlus, Saint-Loup -, ma anche da un pregiudizio filosofico. Sulla scorta di Constant e Schopenhauer, Proust identifica la passione amorosa con la smania di possesso. I soli individui capaci di rubarci il cuore sono gli esseri in fuga.

Non a caso Swann si scopre innamorato di Odette quando non la trova in casa Verdurin: da lì il sospetto che lei possa avere una vita autonoma che lo trascende. Un'esperienza analoga toccherà al Narratore, prima con Gilberte poi con Albertine. Il desiderio di imprigionare quest'ultima, attraverso una ragnatela di ricatti economici e morali, non deriva dal piacere di passare la maggior parte del tempo con lei, ma dal gretto intendimento di sottrarla alla compagnia di chiunque altro, donna o uomo che sia. Neppure il sesso è appagante, se non per le solite ragioni meschine: "Amare carnalmente voleva dire, per me, godere di un trionfo su tanti concorrenti".(La prigioniera).

Alessandro Piperno, Proust senza tempo