ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

Per una superiore cortesia


D'altronde, non sarebbe forse stato per occuparmi di loro che sarei vissuto lontano da quanti si sarebbero lamentati di non vedermi, per occuparmi di loro più a fondo di quanto mai avrei potuto fare assieme a loro, per cercare di rivelarli a loro stessi, di realizzarli? A che cosa sarebbe servito se, ancora per anni, avessi perso delle serate a far scivolare sull'eco appena svanita delle loro parole il suono altrettanto vano delle mie, per lo sterile piacere di un contatto mondano che esclude ogni penetrazione? Non sarebbe stato meglio se i gesti che facevano, le parole che dicevano, la loro vita, la loro natura, io avessi cercato di descriverne la curva, di estrarne la legge? Purtroppo avrei dovuto lottare contro l'abitudine di mettersi al posto degli altri, che favorisce, è vero, la concezione di un'opera, ma ne ritarda l'esecuzione. Infatti essa induce a sacrificare agli altri, per una superiore cortesia, non solo il proprio piacere, ma anche il proprio dovere, quando, mettendosi al posto degli altri, tale dovere -qualunque esso sia, foss'anche, per chi non può prestare alcun servizio al fronte, di rimanere nelle retrovie dove è utile - appare, cosa che in realtà non è, come il nostro piacere.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori