ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO

La Berma


Nel frattempo, all'altro capo di Parigi si svolgeva uno spettacolo molto diverso. La Berma, come ho detto, aveva invitato alcune persone a prendere il tè da lei per festeggiare suo figlio e sua nuora. Ma gli invitati tardavano ad arrivare. Saputo che Rachel recitava dei versi in casa della principessa di Guermantes (cosa che scandalizzava non poco la Berma, grande artista per la quale Rachel continuava a essere una puttanella cui si concedeva di comparire negli spettacoli in cui lei, la Berma, era protagonista, perché Saint-Loup le pagava i costumi di scena - scandalo tanto più grave in quanto aveva fatto il giro di Parigi la notizia che gli inviti erano a nome della principessa di Guermantes, ma che in realtà era Rachel a ricevere in casa della principessa), la Berma aveva scritto di nuovo ad alcuni fedeli insistendo perché non mancassero al suo tè, sapendoli amici anche della principessa di Guermantes che avevano conosciuta come Verdurin. Ma le ore passavano e dalla Berma non arrivava nessuno. Bloch, cui era stato chiesto se volesse andarci, aveva risposto ingenuamente: "No, preferisco andare dalla principessa di Guermantes". Ahimè! era quello che, dentro di sé, avevano deciso tutti. La Berma, affetta da una malattia mortale che la costringeva a frequentare poca gente, aveva visto aggravarsi le proprie condizioni quando, per provvedere ai bisogni di lusso della figlia, bisogni che non potevano essere soddisfatti dal genero cagionevole e pigro, era tornata a recitare. Sapeva di abbreviare i propri giorni, ma voleva far felice la figlia alla quale consegnava cospicui ingaggi, al genero che detestava ma blandiva perché, sapendolo adorato dalla figlia, temeva, se lo avesse scontentato, che lui le impedisse per malvagità di vederla.

[…]

Un giovanotto, che non era sicuro che la festa della Berma non fosse anch'essa brillante, c'era andato. Quando la Berma vide che era passata l'ora e che tutti l'avevano abbandonata, fece servire il rinfresco e ci si sedette a tavola, ma come per un banchetto funebre. Niente nel volto della Berma ricordava quello la cui fotografia mi aveva, una sera di mezza quaresima, tanto turbato. La Berma aveva, come dice la gente del popolo, la morte sul viso. Stavolta sembrava davvero un marmo dell'Eretteo. Le sue arterie indurite erano già mezzo pietrificate, si vedevano lunghi nastri scultorei percorrerle le guance con una rigidità minerale. Gli occhi morenti vivevano relativamente, per contrasto con quella terribile maschera ossificata, e brillavano debolmente come un serpente addormentato in mezzo alle pietre. Eppure il giovanotto, che s'era messo a sedere per cortesia, guardava di continuo l'orologio, attratto com'era dalla brillante festa Guermantes.

La Berma non ebbe una sola parola di rimprovero per gli amici che l'avevano abbandonata e speravano ingenuamente che lei non avrebbe saputo della loro presenza in casa Guermantes. Mormorò soltanto: "Una Rachel che dà una festa dalla principessa di Guermantes. Bisogna venire a Parigi per vedere di queste cose". E mangiava, silenziosamente e con una solenne lentezza, dei dolci proibiti, dando l'impressione di obbedire a qualche rito funebre. Il "tè" era ancora più triste perché il genero era furioso al pensiero che Rachel, che lui e sua moglie conoscevano benissimo, non li aveva invitati. Il suo rovello fu accresciuto dal fatto che il giovanotto gli aveva detto di conoscere abbastanza bene Rachel per poterle chiedere, se fosse andato subito dai Guermantes, di invitare all'ultimo momento anche la frivola coppia. Ma la figlia della Berma sapeva troppo bene a quale livello infimo la madre situasse Rachel, e che l'avrebbe uccisa di dispiacere se avesse sollecitato un invito dall'ex-puttana. Così aveva detto al giovanotto e al marito che la cosa era impossibile. Ma si vendicava mettendo su durante la merenda certi piccoli bronci che esprimevano il desiderio di svaghi e il dispetto d'esserne privata da quella seccatrice di sua madre. Questa faceva finta di non vedere le smorfie della figlia e rivolgeva di tanto in tanto, con voce morente, una parola gentile al giovanotto, l'unico invitato che fosse venuto. Ma ben presto il vortice che trascinava tutto verso i Guermantes, e che ci aveva trascinato anche me, ebbe la meglio, il giovanotto si alzò e se ne andò lasciando Fedra o la morte - non si sapeva bene quale delle due - a finir di mangiare, con la figlia e il genero, i suoi pasticcini funebri.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

Jean Béraud, Serata mondana