Albertine rediviva

AMICO MIO VOI MI CREDETE MORTA, PERDONATEMI, SONO VIVISSIMA, VORREI VEDERVI, PARLARE DI MATRIMONIO, QUANDO TORNATE? TENERAMENTE. ALBERTINE. Avvenne allora in modo inverso lo stesso che per la nonna: quando avevo saputo di fatto che la nonna era morta non avevo avuto, dapprima, alcun dolore. E non avevo realmente sofferto della sua morte se non quando dei ricordi involontari me l’avevano resa viva. Adesso che nel mio pensiero Albertine, per me, non viveva più, la notizia che era viva non mi diede la gioia che avrei immaginata.

[…]

La morte non agisce in modo diverso dall’assenza. Il mostro alla cui comparsa il mio amore aveva tremato, l’oblio, aveva finito, secondo le mie previsioni, col divorarlo. Non solo la notizia che era viva non ridestò il mio amore, non solo mi consentì di constatare quanto fosse ormai avanzato il mio ritorno all’indifferenza, ma impresse istantaneamente a quest’ultimo un’accelerazione così brusca da farmi chiedere retrospettivamente a me stesso se, a suo tempo, la notizia opposta, quella della morte di Albertine, non avesse inversamente, perfezionando l’opera della sua fuga, esaltato il mio amore e ritardato il suo declino.

[…]

(…) il mio amore per Albertine non era stato che una forma passeggera della mia devozione alla giovinezza. Crediamo di amare una fanciulla e in lei non amiamo, ahimè!, che l’aurora di cui il suo volto riflette momentaneamente il rossore.

Marcel Proust, Albertine scomparsa III

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

 

Il telegramma di Albertine

AMICO MIO, AVETE MANDATO IL VOSTRO AMICO SAINT-LOUP DA MIA ZIA: UNA VERA INSENSATEZZA. MIO CARO, SE AVEVATE BISOGNO DI ME, PERCHÉ  NON SCRIVERMI DIRETTAMENTE? SAREI STATA FELICISSIMA DI TORNARE. NON PRENDETE PIÚ INIZIATIVE COSÍ ASSURDE. “Sarei stata felicissima di tornare!” Se diceva così, allora era segno che rimpiangeva d’essersene andata, che cercava solo un pretesto per tornare. Dunque bastava che facessi come diceva, che le scrivessi che avevo bisogno di lei, e lei sarebbe tornata. Stavo dunque per rivederla, lei, l’Albertine di Balbec (lo era infatti ridiventata, per me, dal momento in cui se n’era andata. Come una conchiglia alla quale non facciamo più caso quando è sempre lì sul nostro cassettone e poi, una volta che ce ne siamo separati per regalarla o per averla perduta, ci pensiamo come non ci era più accaduto, Albertine mi ricordava tutta la lieta bellezza delle azzurre montagne del mare).*

Marcel Proust, Albertine scomparsa I

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

*Si avverte già un ricordo della Phèdre di Racine, ampiamente citata più avanti: “Ed ecco sul dorso della liquida pianura ergersi come un’umida, ribollente montagna. L’onda s’appressa, si rompe, e sotto i nostri occhi vomita, tra fiotti di schiuma, un mostro furibondo”, trad. di Giovanni Raboni.