Ancora qualcosa su Proust

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“E all’improvviso ero, secondo le mappe e la segnaletica, a Cabourg, cittadina di mare con la spiaggia bionda contro le onde lunghe, gli ombrelloni protetti da teli a righe bianche e blu per schermare il resto. Ma ero anche, malgrado Google maps non lo riconoscesse come un fatto a Balbec, indietro di centovent’anni; a Balbec che sulle carte geografiche non esiste, ma esiste nella testa e negli occhi di chi, com’è successo a me, si è innamorato del romanzo più lungo del mondo, Alla ricerca del tempo perduto.

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Per questo motivo sostenere che la Recherche cambi la vita non è un’esagerazione, come potrebbe sembrare, né un luogo comune. Cambia la vita perché cambia la vista; offre occhiali nuovi, occhiali che non sempre correggono i difetti dei nostri occhi, anzi, che qualche volta li accentuano, ma sempre ci sfidano a guardare, a indagare. Le lenti di questi occhiali sono nascoste, come in una caccia al tesoro, fra le pagine, perché le troviamo nel dischiudersi delle metafore che i detrattori di Proust trovano oziose, ma che oziose non sono: sono altrettante chiavi che ci vengono donate per moltiplicare i livelli del reale. O nelle analisi psicologiche condotte con il rigore e l’umorismo dei grandi moralisti francesi; nei turbamenti che Proust ci fa sentire come se anche noi, con il nostro respiro sfidato dalla complessità di periodi interminabili e perfetti, stessimo vivendo le minuscole vibrazioni di una vita non nostra, che ha avuto la generosità di offrirsi come testimonianza dell’impresa indescrivibile a cui tutti siamo condannati – vivere, e vivere nel tempo”.

da un articolo di Ilaria Gaspari

Cabourg, 14 : photos de mon village

Statua di Marcel Proust a Cabourg