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primo di marzo

Post n°127 pubblicato il 01 Marzo 2011 da xenuca

Ho un'allucinazione, sento un profumo intenso di primavera.  Fuori piove e c'è un vento forte che più che soffiare sembra gridare. Ma è il primo di marzo e questo profumo ha deciso di insinuarsi con prepotenza, tra una faccenda e l'altra, fra l'anagrafe e la spesa, e mi obbliga a fermarmi qui al computer e scriverlo così come viene.
Non è un profumo di primavera, ma diversi profumi di diverse primavere. Come se questo vento forte riuscisse a spingermi nel naso i ricordi affollati di momenti lontani, nello spazio e nel tempo, dei miei passati e trapassati remoti.
E non è un profumo di fiori. Sento la freschezza del bucato steso in balcone, in quel condominio bianco dove ho iniziato a camminare, a correre e a inciampare.
Sento il profumo delle All star nuove, gomma e tela colorata comprate ogni anno quasi a celebrazione della bella stagione (e quasi un funerale gettarle poi in autunno, sporche consumate e con un irrimediabile buco sulla punta dove tocca l'alluce).
Sento un profumo di tigli sotto la pioggia, lungo viali che in diverse città con diversi umori mi hanno riportata ogni sera a casa.
Sento un profumo di voci allegre e stonate, gravi  e flebili, che con toni assortiti hanno pronunciato il mio nome per chiamarmi, allontanarmi, rimproverarmi, salutarmi.
Sento il profumo della terra umida sotto l'acero in terrazza, quando cercavo un po' d'Africa in giardino e ci trovavo solo lombrichi e noia.
Annuso questo bouquet di profumi e mi riempio i polmoni, mi fa stare bene.
Mi fa stare bene scoprire che non sono le lettere maiuscole a segnare l'inizio dei paragrafi importanti. Se fosse un libro la vita non sarebbero i compleanni, i traslochi, la laurea, i successi o i fallimenti, i traumi o le partenze, da dover segnare con l'evidenziatore.
Mi commuove il ricordo di tutte le stoviglie di mia mamma, della moquette verde nell'androne, dei calzettoni non abbinati alla gonna non abbinata al golfino di quando vestirmi era solo un dovere da sbrigare prima di correre in cortile.
Mi commuove il ricordo intatto e nitido del solito pane e del solito prosciutto di quando mio papà faceva la spesa senza lista e senza fantasia nel negozio di Peppino.
Mi commuove che di tante nottate insonni fra lacrime e fazzoletti di carta io non ricordi nè per quale amore nè per quale esame nè per quale altra stupida angoscia: ricordo, bene, le canzoni che ascoltavo, le lenzuola dove mi rigiravo, l'abat-jour che non spegnevo mai.
La vita non è fatta di grandi eventi, non la mia. A tenermi viva sono tutte queste piccole sensazioni. Il respiro di Kiki addormentata sulle mie gambe, mettermi le ciabatte appena rientro a casa, guidare piano anzi pianissimo per dare il tempo alla canzone di finire, mentre le altre auto mi suonano o fremono dietro di me o accelerano per superarmi.
Forse se nasci a gennaio tra il gelo e la nebbia, se le carenze degli affetti sono finestre chiuse che non hanno mai lasciato entrare il sole, forse se l'uva è troppo alta e non sei sufficientemente volpe da giudicarla acerba, impari questo. Impari a fabbricarti la tua personale primavera prêt-à-porter, a coltivartela giorno per giorno dentro di te dedicandoti a tutti quei fiori piccoli e belli, troppo belli da far tremare il cuore ma troppo piccoli perché a qualcuno importi portarteli via.

[ascolto questa]

 
 
 
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IL CUORE

Più nessuno incide
sui muri
nei tronchi
    luigi e maria
      rachele e carlo
         marta e alfonso
con due cuori
intrecciati.

adesso le coppie
leggono quelle arcaiche
fastidiose tenerezze
sui muri
nei tronchi
e commentano
    che stucchevole
prima di lasciarsi
per sempre.

Mario Benedetti

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