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La cultura di Robert Hughes
Lunedì sera a New York Robert Hughes, famoso critico d'arte e scrittore australiano. Aveva 74 anni e in Italia aveva conosciuto una maggior popolarit - malgrado un'attivit molto estesa - con il saggio (raccontato ): nel mondo era invece più celebre il suo racconto della storia dell'Australia, . Oggi su Europa Hughes è da Alessandro Carrera.
Robert Hughes, deceduto ieri in un ospedale del Bronx all’et di 74 anni, verr forse ricordato come un grande “declinista” più ancora che come critico d’arte. È stato il suo La cultura del piagnisteo, pubblicato nel 1993, a dare inizio a quello che oggi è un genere letterario in pieno boom, vale a dire l’amara riflessione sul declino dell’impero americano. A partire dagli anni Sessanta, sosteneva Hughes, la polarizzazione politica ha invaso ogni angolo della vita, inclusa l’esistenza quotidiana. Hughes era australiano, e nella sua intensa vita ha conosciuto bene, oltre al suo paese natale, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Le sue osservazioni sconsolate sulle accuse reciproche che conservatori e progressisti si scambiavano senza pensarci due volte non tenevano forse conto di ben altre e anche peggiori polarizzazioni che l’Europa ha conosciuto lungo tutto il Novecento. Negli anni Sessanta in America chiunque non fosse un liberal convinto, di sinistra e contro la guerra del Vietnam veniva definito un fascista.
Nei decenni successivi i conservatori hanno ripagato i progressisti con gli interessi, riuscendo a far passare per semi-terrorista qualunque proposta di riforma sociale ispirata al più semplice buon senso. Ma tutto ciò non è nulla di nuovo per chi conosce la storia europea del secolo scorso, e si ricorda di quando agli occhi dei duri e puri della sinistra degli anni Trenta ogni forma di socialdemocrazia veniva equiparata al fascismo. Ma infatti l’Europa uscì distrutta dalla guerra, mentre il mondo anglosassone, America, Inghilterra, e anche l’Australia, non avrebbe avuto ragione di covare simili dissensi al proprio interno.
(continua a leggere )
- Sandro Modeo:
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