Area personale- Login
Cerca in questo BlogMenuChi può scrivere sul blog
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I miei link preferiti |
Post n°15 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino
Basta chiudere
Post n°14 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino
Amarsi è incontrarsi perdersi in uno sguardo in una carezza donarsi essere presente quando si ha “bisogno” dell’altro trovando nel suo mondo il tuo piccolo mondo condividendo la complessità delle esperienze ascoltando in silenzio accettando trovando nell’errore un valore Se cosi fosse sarebbe bellissimo incontrarsi potrebbe essere amore Se così non è ti perderesti in semplici incontri senza importanza trovati lungo la strada della vita.
Post n°12 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino
pensieri di Zefferino - clown dottore Zerò I clown che è dentro di noi, attraverso il naso rosso, cerca di portare un sorriso, di trasmettere lo spirito clown, (come la gioia, la libertà, il cuore bambino, la fantasia) nella modalità del servizio, del volontariato e della solidarietà. Il clown che è dentro di noi è un bambino che utilizza la risata, quel linguaggio universale che accomuna gli essere umani, permettendo di aprirsi e di ritrovare.....nel gioco....quella “voglia” di ridere di sé, delle proprie disgrazie (che non mancano mai) senza essere sopraffatto “troppo seriamente” dalle vicissitudini della vita.. Il clown che è dentro di noi, accettando tutti i difetti e le insicurezze che ci fanno sembrare ridicoli, pasticcioni, comici, “impara” ad ascoltare l’universo-bambino che vive “spesso nascosto” nel forziere della vita di ognuno di noi, e cerca di scoprire come ridere della vita e di se stessi. Attraverso “la maschera” che sembra nascondergli il viso e quel naso rosso si svela, spargendo, con la propria autoironia, questo “dono”......il “saper ridere di sé”............tra la gente. In tal senso ponendosi al “centro del mondo” evidenzia, nella propria ignoranza e semplicità, tutte le incongruenze, ma anche la serenità e la comprensione ai “fatti della vita”, superando così tutti quei sentimenti negativi che fossilizzano l’animo umano e ti impediscono di.........ridere alla vita. Il clown che è dentro di noi è portatore del caos, un senza regole, il diverso...sempre pronto a combinare pasticci....che si prende la libertà di fare ciò che vuole, che non perde la voglia di ballare della vita...uno. cento...mille volte....certo di non avere padroni, né nemici. E’ l’arcano numero zero, l’uomo che attraverso la sua metamorfosi sembra acquisire saggezza e perfino poteri magici.........tanto che il contatto, di quell’uomo “senza idee”, è “immediato” e rompe ogni barriera Ed egli “quasi conscio” di questa sua incoscienza, attraverso i suoi atteggiamenti “seduttivi”, fa serpeggiare quell’idea, quell’atteggiamento “filosofico” verso la vita che porta a rimettere in discussione tutte quelle regole che sembravano fondamento del nostro vivere quotidiano , seminando il sospetto che non bisogna fermarsi alle apparenze, perché il mondo è diverso!! ed altri sono i valori essenziali dell’uomo. Il clown che è dentro di noi è sempre pronto a giocare con la realtà, reinventandola, a porgerti un ombrello che “pur non impedendo la tempesta”, cerca di donare la “speranza ad avanzare meglio” lungo la strada della vita.. Il clown che è dentro di noi vuole essere l’aria fresca della vita che, attraverso il gioco, “spande” l’anestetico naturale che distrae la mente dal dolore, dona allegria, dando sfogo alle ansie e alle frustrazioni, liberandoci dalla logica del pensiero che......donando amore........stranamente..........................non aspetta riconoscenza.
Post n°11 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino
pensieri di Zefferino - clown dottore Zerò La principale attività dei bambini è il gioco. Attraverso di esso entrano in relazione con gli altri e con il contesto circostante facendo sì che gli atteggiamenti mentali, fisici ed affettivi superino la staticità e si muovano verso la crescita “della persona” ed il conseguente “cambiamento della realtà” in cui vivono. L’importanza del gioco sta nel fatto che crea atteggiamenti attivi e sempre aperti a nuove situazioni, favorendo la comunicazione, lo scambio, l’incrocio di linguaggi diversi. Il gioco è un luogo dove le emozioni e la fantasia si riempiono di significato e danno un senso allo stare insieme…un luogo in cui avviene un passaggio di desideri. I bambini hanno, quindi, bisogno di vivere il proprio tempo nel gioco, nella gioia, nella libertà, nella spontaneità e nell’autenticità. La scarsità del “tempo di gioco” può essere la causa di disturbi allo sviluppo, di difficoltà di concentrazione, di stress, ecc. Tipico esempio di questa realtà è il ricovero del bambino in ospedale, in particolare di quelli a lunga degenza (reparto oncologico). In questa situazione, spesso il bambino appare depresso, ansioso, risente dell’abbandono del “contesto” famigliare...e delle preoccupazioni dei grandi, soffre di solitudine e della mancanza della propria casa. Nella sua stanzetta “asettica” spesso ha paura, si annoia, è arrabbiato e vive la “sua” malattia come “castigo”. In queste circostanze, fino a non molto tempo fa, il bambino viveva nella solitudine della propria malattia, perché si tendeva a curare il sintomo, perdendo di vista la persona. Invece, ogni bambino, come ogni adulto, è un insieme di “aspetti”, di “sistemi”, che interagiscono tra loro. Il corpo, la mente, lo spirito, “non sono” realtà separate, ma aspetti di un insieme che interagiscono costantemente fra loro e la “guarigione” può avvenire solo attraverso la cura di questo “tutt’uno” che può determinare, favorendo la comunicazione dei vari sistemi “tra loro”, il riequilibrio energetico. La guarigione e la salute fondano le loro radici su tale equilibrio.... sulla felicità che deve essere dentro ogni individuo. Dice Patch Adams:”...i mali che affliggono la maggior parte dei malati, come la sofferenza, la morte e la paura, non possono essere curati con una pillola. I medici devono curare le persone non le malattie.” Ecco, dunque, la necessità, oltre “l’indispensabile medico del corpo”, della presenza “del medico!!! dell’anima” che riporti il “tempo del gioco”, così che il bambino e...non solo...possa reagire con l’emozione e l’immaginazione, ed attraverso di esse e la parola, possa mandare dei messaggi al corpo e determinare dei cambiamenti fisici. L’intervento di rendere il ricovero ospedaliero meno traumatico può avvenire, quindi, rubando un pizzico di buonumore e condividendo, con il bambino, le emozioni vissute, guardandolo “come individuo” nella sua unità. Nasce così la gelotologia o comicoterapia o terapia del sorriso...tutti sinonimi di una disciplina che studia le proprietà benefiche del sorriso, del pensiero positivo e, quindi, la relazione tra il fenomeno del ridere e la salute. Nasce così , dopo un lungo percorso formativo, all’interno di molti reparti ospedalieri, la figura di un dottore particolare che utilizza la risata come strumento per accelerare il processo di guarigione: “il clown dottore”. Chi, meglio di un clown, può catalizzare le emozioni negative, trasformandole in energia positiva?! Il clown è una figura ancestrale, un buffone, una figura transculturale che si perde nella notte dei tempi, che si trova in tutte le culture, che ha la capacità di ridere di sé, della proprie disgrazie, che non si lascia sopraffare dagli eventi della vita. E’ l’aria fresca della vita che si dispone al centro “della pista” per far ridere della sua ignoranza e semplicità. Il clown parte dal presupposto che nel gioco e attraverso di esso i bambini riproducono la realtà del mondo adulto, creando la loro realtà e gettano un ponte verso l’affascinante e a volte “pauroso” mondo che li circonda. Per i bambini, infatti, il gioco è una preparazione-partecipazione alla vita reale, è una dimensione dove non bisogna dimostrare “a tutti i costi”, perché l’interessante è “esserci”. Il gioco diverte, dà pace e buon umore, sia a chi guarda che a se stessi, crea complicità, disponibilità con altre persone, fa nascere una relazione. Attraverso la relazione ci si può per gioco “calare” in una situazione di vita...di malattia, permettendo alla nostra umanità di esprimersi e, tutto questo senza forzare, favorendo “solo” la comunicazione, il passaggio delle emozioni, reinventando la realtà. La risata è un ottimo antidoto a tristezza e depressione, perché, essendo lo spazio più breve tra due persone, crea un contatto, determina un vero e proprio massaggio interno, l’aumento di endorfine e, quindi, il rilassamento di tutto il corpo, favorendo la “guarigione”. Perché ride.........un bambino in ospedale?!!!!....perchè, attraverso il clown, il bambino vede l’adulto straordinario in grado di viaggiare a piacimento nel mondo della fantasia....sente l’aria fresca della vita. Il suo arrivo, per quanto “conosciuto”, è imprevisto, incontrollato, burrascoso, è senza regole!!!!!!!!. Il clown dottore va visto, quindi, come una figura di sostegno e di aiuto concreto ai percorsi terapeutici, sia con i bambini che con gli adulti. Il clown non è una persona ma uno stato d’animo attraverso il quale esplora “coscientemente” le sue debolezze, i suoi limiti e le sue contraddizioni...........trasformandoli in risata. Attraverso il gioco cerca la complicità, il contatto, stimolando il bambino a liberarsi delle paure. Certamente non può, per miracolo, fermare una tempesta, ma può donare “un ombrello” che aiuti ad avanzare meglio e a ritrovare la strada. I clown dottori, nei reparti ospedalieri, con i loro camici colorati, ed attraverso il gioco aiutano a vincere, nei più piccoli, le paure per i dottori.....ad aprire uno spiraglio nella malattia, trasmettendo nel gioco la possibilità di continuare a mettere in gioco la propria capacità ad incontrarsi con gli altri............attraverso “un tempo di festa” in cui divertirsi insieme..... scambiandosi le esperienze. Ed è talmente profondo questo incontro che, talvolta, non è richiesta “la risata”, ma “solo e soltanto” un po’ di compagnia. Quella compagnia che, facendoti mettere da parte, sia pure per un “attimo”, il dolore, la solitudine..................... inviti alla speranza.
Post n°10 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino
LO CHIAMEREMO..........ANDREA!!!
pensieri di Zefferino - clown dottore Zerò L’autismo è un handicap molto grave che colpisce i bambini impedendo loro di comunicare con il resto del mondo e si manifesta con gravi alterazioni nelle aeree delle comunicazioni verbali e non. Il bambino con autismo presenta spesso problemi comportamentali ed utilizza il linguaggio in modo bizzarro. Spesso ripete parole, suoni e frasi che sente pronunciare. L’autismo si manifesta con apparente carenza di interessi....tendenza all’isolamento ed indifferenza emotiva agli stimoli...difficoltà ad istaurare un contatto visivo.....ad iniziare una conversazione o a rispondere alle domande ed a partecipare alla vita e ai giochi di gruppo. Con queste premesse (!!!) ed insieme alla logopedista, avevamo programmato in una scuola elementare di Trieste, una serie di interventi dove, attraverso il gioco e la presenza di noi clown, si voleva raggiungere l’obiettivo di trasmettere ai compagni di classe di....Andrea!!! l’idea che è possibile entrare in contatto con altri ragazzi “in difficoltà”, non solo attraverso il verbale, ma anche attraverso l’utilizzo di “strumenti” a cui “solitamente” diamo scarsa importanza. Negli incontri preparatori si era parlato dell’uso di simboli pittografici che rappresentassero l’attività che Andrea svolgeva a scuola.....in modo da permettergli di incidere sul proprio ambiente famigliare (famiglia-scuola) dove, come spesso succede con le persone non parlanti,sovraiterpretano o si sostituiscono nella comunicazione, portandolo alla passività. L’idea era di coinvolgere i compagni di classe, ponendo ai bambini i seguenti quesiti: - cosa faresti per far comprendere ad un bambino “straniero” che hai fame, sete, andare al bagno, cercare l’albergo, dove sono i tuoi genitori, ecc.........senza usare la parola? - cosa faresti per far capire ad un altro, che è stato fuori dell’aula, quale oggetto si è individuato nell’aula.... fuori dell’aula? - qual’è il motivo per cui “secondo te” è stata fatta questa esperienza? - come interpretare i segnali provenienti da un’altra persona (sguardo, voce, gesti, abbigliamento, ecc.?
Si era, quindi, giunti alla conclusione che i clown avrebbero escluso il linguaggio verbale ed attraverso il paradosso evidenziato ciò che non si deve fare nella comunicazione. Nelle scenette i movimenti dovevano essere lenti, chiari..........bisognava guardarsi negli occhi...utilizzare dei simboli..........fare cerchio con i ragazzi.....per chiedere cosa pensassero dei simboli......e cosa avrebbero voluto chiedere ad Andrea..
La tecnica del gioco è stata da noi sperimentata in più circostanze ed è stata sempre ricca di risultati, perché i bambini/ragazzi riescono, in modo “non noioso” ad apprendere concetti e significati e..........i risultati...a volte sono sorprendenti: Forti delle passate esperienze, ma certi di non avere la ricetta miracolosa e con la consapevolezza della “novità” dell’intervento, abbiamo accettato l’invito della logopedista ad intraprendere questo percorso “del tutto nuovo”. Nel primo incontro si era escluso ogni coinvolgimento di Andrea....anche se saremmo restati attenti ad ogni sua reazione. L’intervento ruotava intorno alla presenza in classe di Pik Malabuk (Clown Zerò), un ragazzo negro, che aveva seguito i suoi genitori, trasferiti in Italia per motivi di lavoro e che non conosceva l’italiano. L’unico modo per potersi mettere in contatto con lui era l’utilizzo di tecniche che fossero diverse dall’uso della parola (gestualità, ecc). I clown avevano il compito, tramite l’utilizzo di questa figura e di alcune scenette, di evidenziare e sottolineare delle situazioni e, cercando il coinvolgimento dei bambini, di trovare un modo, una soluzione, per riuscire a capire le esigenze di Pik ed a relazionarsi con lui. Importante in questo contesto il ruolo di supervisore della logopedista, attenta agli interventi ed all’evolversi della situazione. Di solito come elemento di rottura utilizziamo “l’entrata clown”...(i ragazzi, almeno la prima volta non sanno della nostra presenza)...la porta è sempre stretta e, nonostante tutte le acrobazie, è sempre difficile oltrepassare quella porta ...che ci porterà in classe. Il tutto avviene tra le fragorose risate dei ragazzi che non si aspettavano la nostra presenza, né, tantomeno, quella “nostra incapacità” ad oltrepassare quella porta. Dopo questa “affannosa impresa” finalmente all’interno della classe ogni clown saluta personalmente i singoli bambini cercando, anche in questa circostanza, di coinvolgerli...ma sempre restando attenti alle difficoltà...ai timori che si potrebbero leggere negli sguardi di alcuni…..è importante! perché l’approccio si possa trasformare in contatto positivo. Altrimenti il rischio...sarebbe.......il fallimento dell’intervento. Si era, quindi, iniziati questa girandola di saluti quando Pik Malabuck si trova di fronte ad Andrea. Per un attimo i nostri sguardi si sono incontrati.....una eternità!!! L’ho guardato ed ho pensato…..e adesso!!!??? Lui mi ha guardato!!! Ci siamo guardati. E lui, quasi conscio di questi miei tentennamenti........allunga la mano ed inizia a giocare con il mio naso rosso. Cerco lo sguardo della logopedista, in un’ intesa, che mi invita a tentare...ad entrare nel gioco. Stava succedendo quello che nessuno si aspettava che succedesse...... in quella circostanza....in quel momento...così presto! Lo guardo negli occhi...sorrido.......e con le dita faccio suonare il mio naso. Lui ripete il mio gesto......sembra attratto.......continua a farlo suonare. Pian piano mi tiro indietro....invitandolo a seguirmi..........continuo....sino al centro della stanza.......e lui e con me.......a giocare con il mio naso rosso. Mi adagio.........fino a sdraiarmi e lui…..seguendo ogni mio movimento.....mi è addosso ed inizia a rotolarsi con me. Poi abbandona la presa........... mi allontana......e rotolandosi su se stesso...mi è di nuovo addosso. Continuamo per un po’.....fino a quando Andrea mi invita a giocare con dei piccoli pupazzetti.........che si trovavano lì..........quasi per caso. A fatica!!! ho dovuto interrompere quel gioco...per continuare con le scenette che avevamo programmato per coinvolgere tutti i ragazzi Ed in quei giochi “spesso” Andrea era protagonista. Al di là delle risposte di Andrea...comunque...ci ponevamo la domanda:”Siamo riusciti a trasmettere il messaggio ai ragazzi?!. Ci barcamenavano intorno a questa domanda, quando abbiamo avuto...in modo inatteso!!! la conferma che i ragazzi avevano capito. Nei loro “temini”, scritti in classe riguardo alla “presenza dei pagliacci”, la maggioranza dei ragazzi sottolineava la nostra amicizia con Andrea e il motivo della nostra presenza: - “E’ importante comunicare con i gesti, perché senò non si può comunicare con.......Andrea”; - “Sono venuti solo in classe nostra perché c’è un bambino che non parla. Ci hanno fatto capire che si può comunicare anche con chi non sa parlare la nostra lingua oppure con chi non parla, chi non sente e così si può diventare amici”; - “Pic aveva già un amico...” con Andrea “giocavano con i pupotti e con i nasi rossi”..... “Ci hanno insegnato a parlare con i gesti così potevamo comunicare con”…...Andrea. Le stesse scene, le stesse emozioni, si sono ripetute nei due incontri successivi. Come sempre, alla fine di ogni intervento, si cerca di fare sintesi e......ti accorgi, ancora una volta, di quanto ti insegni la vita.. Pur non avendo mosso montagne, sono esperienze che lasciano il segno......che aiutano a crescere.........che ti pongono di fronte alla domanda dell’immensità della mente umana.......di quanto abbiamo ancora da imparare......che in quel mondo “sconosciuto” possono aprirsi...anche se per un momento......spiragli spesso ritenuti inaccessibili. Basta cogliere l’attimo, andare “oltre”........ senza la presunzione del sapientone di turno che sa tutto, che sa fare tutto. Spesso non bisogna essere supertecnici, ma semplicemente lasciarsi andare......ritrovarsi bambini......in quel mondo dove non esiste il diverso, dove la comunicazione non è semplicemente nell’apparire........dove “scopri” che l’uomo parla “non solo” con la bocca, ma anche con il corpo......attraverso i suoi sguardi…..con il cuore…..attraverso il calore che trasmette.....attraverso un semplice contatto.....che fa capire all’altro che sei là disponibile, pronto ad ascoltarlo.......se ha voglia di parlare e che sei.....semplicemente.....lì...... in silenzio, se non ha voglia di dire. E’ questa...in fondo.......la semplicità di essere clown........la genialità spesso nascosta nel forziere della nostra umanità dove trovi che l’uomo è fatto anche di “odori”.........di “sapori”. Trovi che essere clown: - è non lasciarci prendere dal degrado dell’abitudine - è non dire addio alla curiosità dell’infanzia. - è non essere un adulto noioso.........che a tutti i costi vuole essere giocoso. - è porci domande perché non abbiamo perso ...la curiosità - è non diventare vecchi per meravigliarsi dell’enigma della vita - è rilassarci lasciandoci trasportare dalla curiosità del bambino che vive dentro di noi. Se si è tutto questo.........potremmo dire di......esserci........riappropriati della vita.
|