Creato da: zefferino il 29/03/2006
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ESSERE CLOWN

Post n°9 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zefferino

pensieri di Zefferino Di Gioia - clown dottore Zerò  

Essere clown è la capacità di ridere di sé, di far ridere la gente, di non avere pregiudizi, di mettersi in gioco.

Essere clown è la capacità di amarsi, di amare, di emozionarsi per il volo di una libellula…..per una carezza donata.

Essere clown è la capacità di non lasciarsi sopraffare “seriamente” dagli eventi e di ritrovare “sempre” la primavera nel deserto della vita, di viaggiare nel mare infinito incontro all’orizzonte dell’amore, senza lasciarsi prendere dal degrado dell’abitudine.

Essere clown è scoprire la curiosità del bambino che vive dentro di te, quel bambino che non giudica, che, immerso nel cuore, resta estasiato dall’enigma della vita.

Essere clown è essere il furbo-idiota che si lascia prendere dall’ironia, che gioca con la propria autoironia, perché immerso nella saggezza del vecchio-bambino che lotta contro il destino, danzando, in un gioco scherzoso che ammalia la vita.

Essere clown è essere se stessi….“il non attore” pur pensando in forma coreografica, il “giullare” che danza con il cuore, con i suoi pensieri, l’uomo straordinario che ti fa viaggiare nel mondo della fantasia e riflettere sulle cose che non realizziamo, perché……..dormiamo.

Essere clown è quello “stato d’animo” in cui esploriamo “coscientemente” le nostre debolezze, i nostri limiti, le nostre contraddizioni, per trasformarle….in risate.

Essere clown è quella capacità di guardare tutte le cose con gli occhi incantati di un bambino e  ridere della propria ignoranza e semplicità.

Essere clown è non avere stereotipi da imitare, da seguire senza opporsi…perché è “il caos” che racchiude in sé tutti i colori dell’arcobaleno.

Essere clown è essere “il diverso”….. “l’eccentrico” che si prende la libertà di dire e fare ciò che vuole, perché non è schiavo delle idee e degli uomini.

Essere clown è essere “il jolly”, ”l’arcano”, ”il numero zero”, l’uomo che attraverso i suoi continui cambiamenti (che è il suo modo di essere) accetta l’ironia della vita consapevole delle sue incongruenze.

Essere clown è “la saggezza” che superando tutti i sentimenti negativi come l’invidia, la rabbia e le frustrazioni, che si oppongono al nostro divenire, dona serenità e “diversità”, quella capacità di comprendere, quella forza che, anche nella tristezza, rallegra il cuore e non ti fa perdere la voglia di ballare e di combinare pasticci.

Essere clown è essere la forza straordinaria che si immerge nella tempesta e che, pur non potendo impedirla, ti dona il faro della speranza , seminando “il giusto senso della consapevolezza alla vita”, indicandoti la rotta per salvarti da un sicuro naufragio.

Essere clown è “non temere di abbassarsi”, di fare, di sbagliare, perchè dentro di noi c’è la capacità di rialzarsi, di liberarsi dalla schiavitù delle abitudini, dei modi di essere, per continuare e riprendere la strada….…anche quando si è intrappolati nei fanghi della palude.

Essere clown è la capacità:

- di restare in silenzio ad ascoltare

- di non sforzarsi a spiegare perdendosi in un tessuto di equivoci

- di pensare che ogni giorno possa diventare migliore di ieri

- di avere fiducia nella vita che vivi

- di non lasciarsi prendere dall’indifferenza e vincere dal pessimismo che “cova” dentro di te.

Essere clown è la capacità di liberarsi dalla gabbia della vita “trasformandoti”, da comparsa  che ripete quel monologo a memoria.....la sua parte, in protagonista del tuo divenire.

Essere clown è  “dunque”……..….. “semplicemente”:

la capacità di scoprire e ritrovare la vita………se stessi.

clownzero_@libero.it

www.zefferino.eu

 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 22 Maggio 2006 da zefferino

Lunedì 29 maggio, alle ore 20.00, in via Revoltella 39 a Trieste, presso l’associazione culturale “Puglia Club”, si terrà un incontro con Zefferino Di Gioia - Clown dottore Zerò dal titolo:

DALLA POESIA…..….ATTRAVERSO IL TEATRO………..ALLA CLOWNERIE

 

 Nell’incontro si parlerà della sua esperienza di scrittore in vernacolo…e non solo e della sua esperienza di clown dottore.

Zefferino Di Gioia è nato a Lucera, in Puglia.

Dopo aver conseguito il diploma di ragioneria e aver sostenuto diversi esami presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Bari è costretto ad abbandonare gli studi ed a cercarsi un lavoro.

Il lavoro, però, non lo distoglie dalla sua voglia di scrivere.

Così accanto alla poesia…iniziano a nascere dei piccoli racconti e, più in là, quello sviscerato amore per la sua terra lo portano a cimentarsi con il suo dialetto.

Agli inizi degli anni 80 pubblica alcune raccolte di poesie in vernacolo lucerino e si cimenta nella stesura di alcuni testi teatrali che vengono messi in scena dal “Gruppo Teatrale Svevo” ricevendo un “insperato” successo di pubblico.

La sua poesia e i suoi testi teatrali, sia pure in modo pacato, contengono denunce sociali e rappresentano un pretesto per  “raccontare, ora la solitudine, ora l’ipocrisia e la solidarietà degli uomini”.

I suoi versi, attraverso la parlata schietta e genuina del dialetto, recuperano forza e rendono la comunicazione immediata….perchè è un ritorno alle origini…..alle proprie radici.

Con l’arrivo a Trieste, nel 1996, questa esperienza entra “apparentemente” nei ricordi, anche se la sua passione per la poesia, sia in vernacolo che in italiano, continua……fino a quando….costretto ad un riposo forzato, per colpa di un malleolo fratturato, in una delle tante escursioni in montagna….ha modo di conoscere una bambina etiope, ammalata di leucemia, che ospita in casa per alcuni mesi e che gli fa conoscere alcuni aspetti “della sofferenza” che non conosceva, ma anche  “la solarità” di quella bambina. 

Con tutte queste premesse e con la partenza della bambina per la sua terra…. legge sul giornale dell’inizio di un corso per clown dottori.

Zefferino trova la sintesi di qualcosa che sente appartenergli: “la poesia, il mondo del teatro, la medicina……….il mondo dei bambini”.

Così, quasi per caso, inizia la grande avventura del dott. Zerò, il quale, nel suo essere clown, ha imparato che: “anche quando si è intrappolati nei fanghi della palude o si è immersi nella tempesta c’è sempre un modo per salvarsi da un sicuro naufragio e riprendere la strada……..perchè dentro “ognuno di noi” c’è la capacità di rialzarsi, di liberarsi dalla schiavitù delle abitudini, dei modi di essere…c’è sempre il faro della speranza che ci indica il cammino…per riappropriarsi della vita”…

…e tutto questo!!!

…grazie al sorriso di una bimba e della sua mamma che “continuamente” lo prendevano in giro….stando dall’altra parte, in una stanza sterile del reparto oncologico…

UN SORRISO!!!

…che gli ha fatto sentire “dentro” quanto basti poco per “scherzare” e ………vivere la vita.

clownzero_@libero.it

wwww.zefferino.eu

 
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PICCOLI GESTI

Post n°7 pubblicato il 30 Marzo 2006 da zefferino

Piccoli gesti

lasciati cadere

quasi per caso

sostituiscono

tanti inutili discorsi

fatti di inizi

che

si perdono

senza trovare

una fine.

Lasciare

che

ciò avvenga

senza sforzo

senza ricerca

e accorgersi

che

in quei

piccoli gesti

si racchiude

il senso

che

ci collega

all’infinito

 
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MANI CHE SI PERDONO

Post n°6 pubblicato il 29 Marzo 2006 da zefferino

Mani che si perdono

in una carezza

che entra

nei pori della pelle

ti porta oltre l’orizzonte

in un tutt’uno con l’universo

ti sdraia

sul ciglio di un precipizio

in una foresta impenetrabile

che lascia trasparire

gli abissi dell’amore

quel nulla

che è tutto

che dona

l’idea dell’infinito

in una cascata di emozioni

che scivolano sulla scogliera

che ruba la luna

per donarti

“quel sogno”

che si spegne

in una carezza

che sfiora le labbra

per stordirti

di emozioni

ed avvolgerti nel tepore

regalato dal sole

nel lento inesorabile

svolgersi del giorno.

 
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LA MANO SCIVOLA

Post n°5 pubblicato il 29 Marzo 2006 da zefferino

La mano scivola

in una lunga carezza

su quel  corpo di donna

che si lascia permeare

donando il suo calore

senza riserve.

Avverte

gli odori di quel corpo

il suo essere donna.

Si perde

 in quell’attimo

che vorrebbe

perdersi nel tempo

fermarsi

inebriandosi

ubriacandosi

di quell’attimo

che fa

assaporare la vita.

 
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