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Lo zingarello

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Sopra e Sotto (terza e ultima parte)

Post n°19 pubblicato il 03 Novembre 2007 da mimo_cucienz

Sopra

Non ho quasi più voce. Ho urlato per quasi mezz’ora nell’ufficio del capo nel vano tentativo di imporre le mie ragioni. Ragioni che ovviamente non avevo. Ma in qualche modo dovevo lasciare un segno, per quanto debole potesse essere.

Sono stato licenziato.

Il capo mi ha chiesto se intendessi finire la giornata. Vaffanculo è stata la mia risposta.

Non è neanche mezzogiorno e nonostante tutto l’unica cosa a cui riesco a pensare è l’uomo in quel tombino. Pazzesco.

Decido di andare da lui a riprendermi le chiavi. Prendo un paio di panini e una bottiglia d’acqua al bar all’angolo.

Arrivato al tombino lui è lì.

“Ciao” gli dico. Sembra un po’ sorpreso.

“Ciao. Non ti aspettavo così presto”.

“È una lunga storia. Ti ho portato due panini e anche un po’ d’acqua.”

“Ti ringrazio molto. Schiaccia i panini e passameli uno alla volta nella prima fessura. È un po’ più larga delle altre.”

Faccio come mi dice. Poi mi passa una bottiglietta di plastica vuota e un po’ ammaccata.

“Versa metà dell’acqua in questa bottiglia, la schiacci, metti il tappo e me la passi e poi fai lo stesso con l’altra bottiglia.”

Gli passo tutta la roba e lo guardo un istante mentre dà il primo morso a un panino.

Decido di chiedere conferma all’idea che pian piano si é fatta strada nella mia testa da quando l’ho visto la prima volta questa mattina.

“Tu vivi là sotto, non è così?”

“Sì.”

“Ma come è possibile?  Voglio dire…come fai a sopravvivere? È impossibile!”

Manda giù il boccone, ci versa sopra un goccio d’acqua e mi risponde.

“Pensaci bene. Non è impossibile. L’uomo è capace di vivere in qualsiasi condizione. Ciò che fa dell’uomo un essere dominante ed un flagello per il pianeta è proprio la sua capacità di adattamento.

Quello che invece dovresti chiederti è perché.”

Tutto questo non ha nessun senso. Ho passato una giornata da schifo. Anzi, per dirla tutta, in questo periodo passo solo giornate da schifo. Eppure ho solo voglia di stare a sentire quell’uomo parlare.

“Perché?”

“Io te lo spiego. Ma sono convinto che quando ci arriverai da solo sarà tutto molto più chiaro.” Tira giù un altro sorso d’acqua.

“Ero stanco. Stanco di essere giudicato. Stanco di non poter esaudire i miei desideri. Stanco di stare a guardare i miei rapporti con le altre persone andare a rotoli senza che io potessi far niente. Stanco della fretta e degli interessi che controllavano la mia vita.” Fa una pausa. “Adesso mi aspetto la tua prossima domanda.”

E io infatti ho già la domanda pronta.

“Che bisogno c’era di rinchiudersi in un tombino? Non potevi andare in montagna o in campagna o in qualsiasi altro posto isolato?”

“No. Io amo e amerò per sempre il brulicare della vita ma non la vita quando cessa di essere vita per diventare automatismo. C’è stato un momento in cui mi sono reso conto che stavo per perdere la capacità di amare. Di amare gli altri e di amare me stesso. Poi un giorno ho incontrato una persona e quello è stato l’attimo in cui ho avvertito dentro di me il desiderio di tornare ad amare il mondo e ho deciso di scendere qua giù.”

“Cosa vuoi dire?”

“Ho capito che per amare il mondo dovevo stare per un po’ di tempo a guardarlo. Disintossicarmi dalle tossine per cui l’uomo è spugna. Dovevo essere spettatore e non attore. Niente più rapporti. Niente più lavoro. Solo io e il mio posto unico, un gradino sotto il palco.”

D’un tratto mi sento stanco. Sentire quelle parole mi aveva ubriacato.

“Un’ultima domanda. Come fai a mangiare? Oggi ti ho portato qualcosa io, ma gli altri giorni? Chi viene?”

“Non ti preoccupare. Lo capirai quando sarà il momento.” Si infila una mano in tasca e poi alza il braccio.

“Le tue chiavi. È stato un piacere aver fatto la tua conoscenza. Grazie per i panini. Chissà che un giorno io non possa ricambiare il favore.”

Mi volto e mi allontano lasciando che le ombre del pomeriggio si allunghino su di lui.

 

Sottosopra

Il momento è arrivato. Mi aspettavo di aver paura ma non ne ho. Se non ho paura può solo voler dire che sono veramente pronto. Vivere sul palco è sofferenza. Il pubblico pagante a volte è assai crudele. Ma senza sofferenza non si conosce gioia. È questo che ho capito. È ora di salire.

Prendo la sbarra di ferro che è stata sempre là sotto con me, la pianto ad un angolo del chiusino di ghisa e punto l’altra estremità sul fondo del pozzetto in modo che rimanga obliqua. Piazzo un calcio alla base della sbarra e il coperchio sopra di me sussulta quel tanto che basta a farlo uscire dalla sua sede. Non mi resta che farlo scorrere da un lato e issarmi su.

Sono stato dieci mesi qua sotto. È il momento di tornare in scena.

 

Sopra

Gli ultimi due mesi sono stati una vera botta in testa. Prima ho perso la ragazza. Adesso il lavoro. L’unica cosa che mi resta è la vita.

Il cornicione è abbastanza largo da permettermi di stare seduto. Sono qua fuori da almeno un’ora. Fisso il vuoto.

Sono stanco di cercare un appiglio che mi permetta di dire che in fondo vale ancora la pena di vivere. L’appiglio non c’è. E se c’è, è solo questo cornicione. E tra poco me lo lascerò alle spalle.

Dentro, sul tavolo, un biglietto di addio e di scuse per i miei genitori.

Sotto, venti metri di caduta libera.

Mi alzo in piedi facendo attenzione a non scivolare. Non voglio suicidarmi scivolando. Almeno in punto di morte vorrei tenermi un po’ di dignità.

Respiro profondamente. Distanzio i piedi di qualche centimetro per essere più stabile. È il momento.

Mi sporgo in avanti per lasciarmi cadere nel vuoto e noooooo….non ancora.

Con  mille sbracciate cerco di recuperare l’equilibrio perso. Alla fine ci riesco.

Una giornata del genere non poteva certo concludersi con un finale prevedibile.

Porcaccia di quella troia. Non sono neanche capace di ammazzarmi come si deve. Proprio nel momento fatidico mi viene in mente l’omino delle fogne e il pensiero assurdo che potrebbe avere fame, vista l’ora.

Come dire che prima di ammazzarmi metto ancora un po’ di mangime nella vaschetta dei pesci.

E così sia. Facciamolo. Non vorrei mai che mi ricapitasse al secondo tentativo. Togliamoci il pensiero.

Rientro in casa. Apro il frigo. Riempio un sacchetto. Svuoto anche i ripiani della cucina prendendo tutto quello che mi capita. Tanto è roba che a me non serve più. È un peccato buttarla.

Alla fine ho racimolato un bel bottino: merendine, crackers, formaggi, affettati e cioccolatini assortiti.

Corro in strada, ma arrivato al tombino mi accorgo subito che qualcosa non quadra. Da un lato il coperchio è sollevato.

Guardo dentro e non vedo nessuno.

“Ehi” dico una prima volta. Ma niente. Poi una seconda, un po’ più forte. Ancora nessun segno.

Se ne è andato. Sapevo che l’avrebbe fatto. Nelle sue parole, quel pomeriggio, è stata forse una delle poche cose che ho capito. Era tangibile il senso di estraneità che ormai provava nello stare in quel pozzetto. Quella che per tanto tempo era stata la sua casa non lo era più.

Sapevo che sarebbe andato via, ma nonostante questo mi sento triste nel vedere che non c’è. Sono qui per lui e vorrei che lui fosse qui per me.

Alzo la testa. Sopra di me la luna è una palla enorme e bianca e il pozzetto ne è pieno.

 

Soprasotto

Un pensiero si fa strada. Prima è debole, poi è l’unico pensiero nitido.

È il momento. Sposto il coperchio di ghisa. È più pesante di quello che sembra. Faccio scivolare dentro i due sacchetti di leccornie il più delicatamente possibile. Mi guardo attorno. Nei paraggi nessuno. Metto i piedi dentro l’apertura quadrata e mi calo nel pozzetto.

Sopra di me la luna è proprio al centro del quadrato. Afferro il bordo del chiusino con tutte e due le mani e lo faccio cadere pesantemente nella sua sede. Un rumore metallico e la luna sopra di me è a strisce.

 

Sotto

Non so se venire qua sotto sia stata una grande idea, ma quello che so è che all’improvviso mi è sembrata l’unica cosa sensata da fare.

Il mondo la fuori è bello e colorato. Una volta in un documentario ho sentito dire che alcune specie animali hanno colori sgargianti per avvisare chiunque sia intenzionato ad assaggiarli che dovranno poi fare i conti con tossine o veleni particolarmente fastidiosi.

E se i colori del mondo fossero un avvertimento? E se….

“Ciao” una voce da sopra. È la sua voce. E suoi gli occhi azzurri, proprio lì, a un centimetro dal chiusino. Si è sdraiato sull’asfalto.

L’imbarazzo e lo strano effetto nel vedere i ruoli invertiti mi blocca.

“Non dire niente. Sono solo passato per informarti di un paio di cose. Sapevo che saresti entrato là dentro e se ci sei entrato so anche che sai perché a suo tempo ci entrai io e perché adesso ne sono uscito.

Sicuramente ti sarai portato qualcosa da mangiare…” faccio solo sì con la testa.

“Bene. Sappi che in futuro ti porterò io da mangiare. Tutti i giorni. Così come qualcuno ha fatto con me. Così come è da un sacco di tempo.”

 

Sopra

Ammetto che questa possa essere una sorpresa per lui. Vado avanti con la spiegazione. È importante che capisca.

“Prima che io entrassi nel pozzetto c’era un’altra persona e prima di lei un’altra ancora. Una volta preso il suo posto questa persona è venuta tutti i giorni a portarmi da mangiare. Fino alla settimana scorsa. Da un giorno all’altro ha smesso di venire. Presumo sia in ospedale o addirittura morta. Mi aveva detto di essere gravemente malata. Poi sei arrivato tu. Ed eccoci qua.”

Guardo in alto. Bella la luna senza strisce.

“Hai scelto la sera giusta per venire. All’inizio un po’ di luce notturna è sempre la benvenuta.

Ora ti lascio. Se vuoi un consiglio, non ti fare notare troppo. Non parlare con nessuno. Nemmeno con me. E stai tranquillo, hai fatto la scelta giusta. Cambiare aria ogni tanto fa sempre bene. Buona fortuna.”

Mi volto e un secondo dopo lo sento singhiozzare, così come avevo singhiozzato io. E lo sento ringraziare, così come avevo ringraziato io. E lo sento vivo, così come sono vivo io.

 

Sotto

Che dire?...Eccomi qua. Solo io e il mio posto unico, un gradino sotto il palco.

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 16/11/07 alle 19:50 via WEB
Complimenti per la storia "Sopra e sotto", rispecchia molto il puro esaurimento del trasfertista. Spero che scriverai altre storie appassionanti come questa. Ciao da Un Trasfertista.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 25/12/07 alle 22:35 via WEB
Auguri di un felice, sereno e splendido Natale dal blog Napoli Romantica...
 
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