Creato da zitelle.e.cornuti il 07/05/2006
Storie vere di un paese inventato

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Un ritratto collettivo...

Post n°4 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da zitelleecornuti

... ironico e un po’ amaro, fatto di una serie di ritratti individuali che sfiorano la caricatura. L’intrecciarsi di percorsi di vita, a volte drammatiche, in una comunità che non sa e non può evitare una gretta e morbosa curiosità, alimentata dal pettegolezzo malevolo. È questa la sostanza di un romanzo breve, dal ritmo serrato e scorrevole, di Antonio Ravi Monica. Un romanzo dall’impianto molto originale, che colloca in un villaggio sommariamente descritto un nugolo di personaggi fisicamente e psicologicamente  rappresentati in modo accurato e divertente. Ne scaturisce un’ironica, e forse anche spietata, descrizione delle manie e delle fobie della nostra società.

SDP - La Ragione

 
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Recensione di Luisiana Luzii

Post n°5 pubblicato il 01 Novembre 2006 da zitelleecornuti

...tanti romanzi in un solo romanzo 

Burattinaio narratore e manipolatore di destini, l'autore di questo romanzo tira le fila di personaggi tragicomici dal grottesco aspetto, protagonisti di vicende di vita drammatiche che si dipanano stancamente e lentamente ai giorni nostri - così uguali a quelli di cento o di mille anni fa - tra i vicoli polverosi di un paesino che esiste sì, da qualche parte, ma non si sa dove, e che ha un volto del quale non si riescono a distinguere bene i lineamenti, sebbene qua e là spuntino un muretto e qualche ramo di mandorlo fiorito.

La scelta di una non descrizione dei luoghi si contrappone all'accurata rappresentazione fisica e psicologica dei numerosi personaggi: le pallide polpette strizzate da anelli a raffigurare le mani del personaggio caparbiamente dominante del romanzo, ribaltano nell'immediato al lettore l'immagine nitida di un corpo sfasciato e di una mente distorta. L'attenzione descrittiva non si limita alla sola Contessa Mugaci, il personaggio - senza dubbio - di maggiore impatto, ma al quale non si può assegnare il ruolo da protagonista: perché, a fine romanzo, tutti i personaggi sembrano essere primi attori, tutti raffigurati con dovizia di particolari e tutti protagonisti della propria vita, anch'esso un romanzo. E' questa la forza di "Zitelle e cornuti": non è un semplice romanzo, ma un assembramento magistralmente orchestrato di tanti romanzi. Storie d'amore mozzate, corruzioni mai punite, segreti squallidi non svelati ma a tutti noti... piccoli, immani e insopportabili drammi che vengono raccontati con ironia e scioltezza. Scioltezza che si riflette nella fluidità dello stile che è uno splendido connubio tra la rappresentazione del vero, quella del verismo verghiano e ancor più, a livello narrativo, dei fratelli Goncourt, e un linguaggio poetico classicheggiante. Il tutto per dare voce romanzesca alla nostra società, così gretta, debole, invertebrata, che si trascina a fatica tra storie di corna, di zitelle - molto più numerose dei cornuti - e di figli voluti e non voluti, di decisioni non prese, dove gli uomini sono tanti deboli Ponzio Pilato e le donne tante forti Maddalene redente, un po' pentite forse di aver abbandonato la vecchia strada, in un mondo dove i buoni perdono quasi sempre e i cattivi trovano sempre una via di fuga e dove è vero che "i soldi non comprano tutto" ma... quasi. 

L.L. (La Pagina)

 

 
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Documento di spiate circostanze

Post n°6 pubblicato il 03 Novembre 2006 da zitelleecornuti

Antonio Ravì Monica nel suo romanzo d’esordio “Zitelle e Cornuti” (Editrice Zona, euro 15) costruisce il suo Paese delle non Meraviglie, la sua Isola che c’è, sgranando con i chi, come, dove e perché i portafogli di una comunità inciuciata, nata da una fantasia rubiconda ed ispirata ad una realtà da dietro l’angolo. I ghiandesi sono davvero abitanti di una contrada immaginaria? I sensi regnano, l’udito padroneggia poiché dote fondamentale nella compagine degli attori dalla quotidianità cenciosa, lisa dai chiacchiericci e dalle occhiate maleodoranti degli spioni del paese. Lungometraggio scritto, soffiato in un’ambientazione rievocante tonalità à la "Lettera Scarlatta" con padri fondatori che lasciano posto alle sciatte e contorte personalità inquisitorie dei ghiandesi.

Ogni masnada dedita all’Indice ha un capobanda e il nome che arroga tale ruolo è quello della Contessa Mugaci, contessa miseria e misera, appollaiata nel suo palazzo a spiare e filare, tramare e ricamare, talvolta inventando per non tradire quanto immaginato nelle vite dei cittadini sudditi; nascondendo accuratamente le sue compravendite amorose consumate nel buio baldacchino della camera da letto con la pingue e astuta badante Vincenzina. Un paese, quello della Contrada delle Ghiande, più spiato che vissuto, trafugato tra i ritmi di vassalli e valvassori, servilismi di convenienza, rospi ingoiati, maldicenze e malevolenze. Chi è l’eretico di turno? A subire il linciaggio del perbenismo sono la docile Laura, vedova gravida che viene tacciata da lettere gocciolanti la parola troia, la singolarità disattenta e distaccata di Lilla e Pippo e della rivoluzionaria Camilla, e l’adolescenziale innamoramento di Marco e Anna, con l’ambientazione baglioniana del loro amore e l’intromissione fraudolenta del padre di lei, sindaco millantatore.

Ognuno veicola la vita altrui e mai la propria; s’architettano interdizioni, cavilli legali, sabotaggi elettorali, inciuci di ogni tipo. L’epilogo è il dispiegarsi delle storie nate e di quelle taciute, c’è il bene che trionfa sul male e il male che trionfa sul male, poiché al peggio non vi è mai fine. La conclusione non distorce l’anima del libro, variegata nel suo accomiatarsi, trattiene il  fascinoso olezzare favolistico non discostandosi mai dalla morale di una realtà vissuta più che inventata, mai del tutto a buon fine, con l’amaro dei compromessi, di regole distorte, di sopraffazioni e cambiamenti abiurati.

La fine non è tale perché è altro buco della serratura su una delle storie di pazzia indotta e sospesa. Le parole scorrono, in uno stile fresco e corpulento, mai monocromatico seppur non sfoderino colpi di scena, tributando un genere narrativo oggigiorno surclassato da thriller esoterici, best seller a sei cifre e noir vernacolari. I toni trasognati si concedono sprazzi colloquiali quasi documentaristici, chi non riconosce una contessa Mugaci, tra le mire imperialistiche del proprio capo? Un sindaco Portone e le sue abiezioni elettorali tra i tanti arrotini politici e candidature naif? Gli inquisitori commedianti nel dirimpettaio impiccione o nell’ultrasettantenne vecchietta del quarto piano sospesi nel sottoscala circondariale con i propri santi, usi, superstizioni e cicalecci di Zitelle e Cornuti? Un libro adatto agli accaldati aliti di questo periodo, da leggersi tutto d’un fiato per poi all’ultimo sospiro chiedersi: ma Ravì chi ha spiato?

articolo di Rossella Puccio, tratto da balarm.it (05.06.06)

 
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"...non c'è vita, nè voglia di vivere..."

Post n°7 pubblicato il 06 Novembre 2006 da zitelleecornuti

...Un immaginario paesino italiano dal nome bizzarro (come d’altronde tutti i suoi abitanti), la Contrada delle Ghiande, in cui accade di tutto, dagli amori clandestini ai giochetti di potere politico, fino ad arrivare al substrato più intimo della Contrada: il pettegolezzo. Non c’è vita né voglia di vivere, si devono dire le comari di quel paesino, se non si viene a sapere tutto degli altri, ma soprattutto se non si riesce a tessere trame sordide all’inversosimile costellate da aborti, vedove che rimangono incinte (ma di chi?) e amori impossibili. Se poi la fantasia supera la realtà, o se la morale e il perbenismo vengono schiaffeggiati dalle azioni umane degli abitanti, tanto meglio perché le trame si ispessiscono e le comari parlano e parlano...

Così capita che un giorno la vedova Bosco rimane incinta e l’intera cittadina la addita a poco di buono ergendole un muro di odio spesso e soprattutto ben visibile. Cosa fare? Scappare o rimanere in un posto dove tutti la vorrebbero vedere alla gogna?

Succede anche che una ragazzina sedicenne innamorata e ricambiata  rimanga incinta. Ma il peggio è in agguato! E non tanto perché sia minorenne, quanto perché l’innamorato è un batterista senza futuro né soldi e il padre di lei è candidato quale futuro sindaco della Contrada. Che dire poi della Regina, la contessa Luisa Mugaci, che regna da grande sovrana nel palazzo che si erge vicino alla piazza? Neanche il prete rimane immune al suo potere e le va a spifferare i peccati degli abitanti.

Ma per fortuna la vita scorre e va avanti implacabile e lascia dietro di sé ricordi rarefatti e memorie sbiadite. In questo modo gli abitanti della Contrada delle Ghiande tirano avanti e continuano a vivere le loro vite e a rovinare quelle dei vicini, instancabili, anno dopo anno, vita dopo vita. In questo romanzo però esiste la giustizia e come nel famoso trapasso dantesco i padroni cattivi diventano gli schiavi soggiogati e i poveri servi hanno, qualche volta, la giusta rivalsa sui loro carnefici.

E’ comunque dura la vita alla Contrada se non ergi la tua esistenza al pettegolezzo e alle malelingue! Per fortuna che il paesino è inventato, gli abitanti pure, i nomi delle vie non esistono di certo nella realtà, i nomi dei personaggi sono più strani che veri e le storie, quelle poi sono veramente bislacche. Bislacche al punto tale da pensare che per fortuna la nostra vita, quella reale, è diversa, ma proprio diversa. Ma sorge un dubbio: è veramente diversa la realtà rispetto al romanzo di Antonio Ravi Monica? Chi lo sa! Sta di fatto che leggendo di nomi improbabili di vie e di contesse che si muovono su fantomatiche sedie a rotelle meccaniche, la fantasia - ci viene da dire - ha preso spunto dalla realtà e “Zitelle e cornuti” è forse emblema della nostra società con i suoi pregi e i suoi difetti. Non ci credete? Allora leggete il romanzo e lasciatevi catturare dallo stile dolce e sarcastico  dello scrittore Ravi Monica.

 cdb

(tratto da Popolo e libertà)

 
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Vincenzina (Zitelle e Cornuti)

Post n°8 pubblicato il 23 Novembre 2006 da zitelle.e.cornuti

Vincenzina, la serva scaltra, evolve con lo svilupparsi della trama, prende sempre piu' piede, diventa uno dei personaggi principali, a tratti simpatico nel suo essere laido. E' condannabile, ma mi piace la descrizione che ne fai quando, di notte, in ciabatte, ritorna a  casa "fermandosi all'altezza d'ogni lampione a ricontare il sudato bottino...

… Solo le ciabatte la distinguevano da un uomo, non certo i piedi"

Teresa Latempa - Tuttoitalia

 
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