Creato da zut_alors il 11/02/2006

zut alors!

ristailin'!

 

Post N° 243

Post n°243 pubblicato il 14 Dicembre 2008 da zut_alors

Ci sono cose che non sapevi di desiderare finché non ti piombano davanti con l'evidenza della loro esistenza. E se poi tutto va storto, allora ci rimani davvero male.

Mi candido come assistente di lingua italiana presso scuole superiori o medie di un paese europeo. O meglio, decido di provarci. Bando del Ministero dell'Istruzione. Per accedere al bando c'è una graduatoria. E per ottenere un punteggio in graduatoria va compilata una domanda online in cui specificare la propria vita morte e miracoli. Ok, bene, lo faccio, se serve faccio questo ed altro. Tra i requisiti da avere, una laurea in Lingue è più che contemplata. Ok, benissimo. Peccato che sul database del Ministero (quello che ti permette di inotrare la tua domanda online) l'opzione "Laurea in lingue" sia stata dimenticata. Tra i campi a scelta obbligata (menu a discesa) compaiono due opzioni sulle tre contemplate dal bando!

Risultato: sono in ansia e crisi, e incazzata come una belva, per una disfunzione tecnica commessa da qualche imbecille impiegato statale lavativo (sì, in barba al signor Brunetta) presso il ministero; degno rappresentante del governo che stiamo subendo, del resto. Il solito annoso problema del decadimento fisico e strutturale di questo gran bel paese del terzo mondo che è ed è stata l'Italia, oggi e sempre.

Per una cosa che neppure sapevo di desiderare, e che ora desidero in modo totale e sconsiderato. Odio il Paese in cui vivo, il suo procedere a suon di cazzatone e la sua totale inadeguatezza di fronte a qualsiasi cazzo di questione, sia essa nazionale o internazionale, tecnica, strutturale, logistica, etica, morale, politica, economica, culturale.

 
 
 

Post N° 242

Post n°242 pubblicato il 12 Dicembre 2008 da zut_alors

L'amore vero esiste e sono i miei nonni. Spero che anche io e te riusciremo ad essere così, sempre, specialmente un giorno lontano, quando i nostri figli saranno cresciuti, e avranno dei figli già grandi. Io ti prometto che mi impegnerò. 

Quanto al resto, lascerò con gioia che la vita mi sballotti: sappiamo che è lei padrona e sovrana delle nostre traiettorie. Dal canto mio, ti avviso che cercherò di perdermi ancora in quella città fatta di luce umida, piastrelle ed oceano Atlantico. Ma un giorno saremo come i miei nonni.

 
 
 

Post N° 241

Post n°241 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da zut_alors

C'è fermento nell'aria, tutti si muovono, si spostano, vivono ad altre velocità e latitudini a mille all'ora. Io sono qui, ferma, eppure c'è fermento anche tra me e me. Sto bene, sono felice, vorrei essere ovunque ma assolutamente qui, con tutti ma totalmente con chi sono ora. Essere tutto, sentire ogni cosa. Eppure lo stesso mi sta succedendo qui, ora, nella mia stanza che si dilata - dilata - dilata e diventa universo.

 
 
 

Post N° 240

Post n°240 pubblicato il 22 Settembre 2008 da zut_alors

Si concludono i quattro giorni di fiera a Rho, la Mipel, salone internazionale della borsa in pelle. Tutto very Milano style.

Pur essendo stata confinata per qualcosa come 37 ore –senza troppe pause- nel mio stand, cibandomi per la maggior parte di panini, tutto sommato ne sono uscita viva. Unico ponte di collegamento comunicativo tra i titolari dell’azienda (portoghesi) e il resto del mondo, appena si avvicinava qualcuno, o anche solo orientava vagamente il proprio corpo in direzione dell’ingresso dello stand, dovevo scattare ed innestare la modalità operativa interlinguistica.

Certo, ne sono uscita viva, pur con qualche scossone all’autostima dovuto alla presenza (come pretendere? quelle spuntano come funghi ad ogni fiera) delle hostess gnocche slanciate snelle altissime taccomunite, possibilmente bionde, lisce, setose, prive di impurità, tratti esteuropei, pur con qualche nota di "no, cacchio, ho scelto i vestiti sbagliati", lì in quell’eterno struscio di tizi infiocchettati e tirati a lucido, inghingherati, passion for fashion fin dentro alle caccoline tra un dito del piede e l’altro, e soprattutto pur con qualche buon, vecchio, sano attacco di sangue dal naso, accessorio per me irrinunciabile in questa stagione di raffreddori (colpa del maledetto impianto di aerazione, caldo/freddo alternativamente, sotto uno dei cui potentissimi bocchettoni si situava il mio stand, ma che dico stand, il tavolino+sedia dove ero solita alloggiare durante le pause morte -ovvero qualcosa come l’85% del tempo-). Ok, va bene che le borse erano un tantinello, come dire, pacchiane –non riuscivo ad inzubire il prodotto a dovere alla clientela, non ci credevo fino in fondo, e riuscivo soltanto ad appellarmi a concetti molto vaghi tipo "prodotto di qualità" e "manodopera europea"-, ok che lo stand era proprio in una zona un pochetto morta del padiglione -vicino ai cessi-, ok che ogni giorno mi sono sparata il treno delle sette e mezza per riuscire ad essere in fiera due ore dopo, idem in ritorno, e ok anche che gli unici clienti ad aver fatto degli ordini sono stati dei burinacci senza scuse, ma posso dichiarare soddisfatta che, finalmente, è finita. E sì, sono viva. E a tratti mi sono pure divertita, va'.

In questo bell’ambiente fresco e modaiolo, nel frattempo, ho avuto modo di guardare alla fauna umana, cosa che inevitabilmente ha fatto nascere in me moltissime domande. Ho voluto quindi stilare, qui di seguito, una piccolissima lista di ABBASSO, sorti proprio dall’assurdità che mi si è parata davanti.

ABBASSO: le giapponesi permanentate. Non si possono vedere.

ABBASSO: le giapponesi con i fuseaux con la staffa. Idem come sopra.

ABBASSO: le borse monogrammate Louis Vuitton in pelle color marrone, abbinate alla cazzo di cane con qualsiasi cosa, abito o colore, solo perché c’è il logo griffato.

ABBASSO: le donnette schizofreniche in metropolitana, milanesacce, crisi da menopausa incipiente, che in situazioni di folla metropolitana sbottano acide, con voce sguaiata "Che odio questa gente!", oppure "Fate prima scendere, cazzo!".

ABBASSO. Gli stilisti, che si copiano l’un l’altro, e se uno decide che l’anno prossimo andrà di moda il blu elettrico, giù tutti a scopiazzare… ma le nuove collezioni non dovrebbero restare top secret fino alle sfilate?!?

 
 
 

Post N° 239

Post n°239 pubblicato il 02 Settembre 2008 da zut_alors

Non so prendermi cura di me stessa. Lo dimostra il tempo che perdo dietro a cose futili tipo Internet, lo dimostrano i miei capelli sempre spenti e scialbi e in disordine. Il mio pallore malsano.
Lo dimostra la mia rabbia continua ed indiscriminata verso le cose. Quando guido e dò fuori di matto. Quando ho degli impegni e mi riempio d'ansia. Lo dimostrano le tabelle di marcia che mi autoimpongo. Le infinite cose che mi rendono scontenta.

Non mi gusto le cose, e anche questo è non essere in grado di prendersi cura di sé.
Mi manca sempre il fiato. tipo oggi. Gli amici lavorano, vanno, si spostano, cambiano. A me sembra di essere ferma da un pezzo. Mi piace quello che faccio, eppure c'è sempre qualcosa che non va.

Qualcosa non va.

[Update] Qualcosa non andava, sì. Il mio umore. Stolta a non aver compreso che si trattava di malumori mestruali. Ma ho imparato la lezione: mai, mai, mai (perdio!) guardare le foto degli amici su Facebook quando sei in piena crisi-dei-cinque-giorni-al-mese-24-ore-su-24. Gli altri ti sembreranno immancabilmente ed irrimediabilmente più fighi attivi sociali colti snelli intelligenti sani e belli di te. Questo è stato il mio errore: ho scorrazzato come una forsennata [forsennata è la parola del mese, by the way], ho provato nostalgie, rivisto momenti passati, mi sono immersa in momenti di vita vissuta altrui di cui non ho mai fatto parte e che ignoravo. E sono andata in crisi.

Sono bastati un sonnellino e un po' di coccole a rimettermi in sesto.
E il pensiero che va bene così.

 
 
 

Post N° 238

Post n°238 pubblicato il 25 Agosto 2008 da zut_alors

Dieci giorni fa tornavamo dalla Croazia.
Ora mi getto di nuovo nel ventre delle giornate: niente più pomeriggi sotto l'ombrellone a leggere, con estrema lentezza, l'eterno romanzo, lo sguardo che ogni tanto scivola via dai bordi delle pagine e sfugge verso il cielo azzurro, pieno solo di se stesso.
Ricomincio a preparare un esame, ricomincio a lavorare. Ricomincio con le ansie, le tabelle di marcia, le deadlines, le schedules, le paranoie, le domeniche sere tristi e rese tese dal lunedì che incombe. Ricomincio a ripetere agli altri e a me stessa che non ho tempo, e non voglio, non ci sto a ricascare in questo tranello.
E allora penso al cielo, e penso ai chilometri di strada macinati insieme, e a quelli che ci attendono, e allora mi ripeto che, in fondo, basta sorridere, al resto ci pensa la vita.

 
 
 

Non mi hanno presa

Post n°237 pubblicato il 31 Luglio 2008 da zut_alors

e qui si mette male.

Certe volte uno si illude, no? Ecco. C'era questo bando, mi sembrava quasi cucito addosso a me. Un anno come insegnante di lingua italiana per stranieri presso l'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona. Stipendiata per un anno niente po' po' di meno che dal MAE (Ministero Affari Esteri). 6 posti appena. Ok, forse non dovevo illudermi. I parametri erano davvero selettivi. Fin troppo. E io scema a non averlo capito.

Comunque oggi l'ho scoperto. Niente, non è andata. Non ero nemmeno nella lista dei primi 30.

E qui si mette male. Si mette che devo ridimensionare la considerazione che ho di me stessa. Avrei dovuto capirlo che un bando come quello era davvero troppo per me.

Arriverà mai la mia vera big occasion? Leggo CV dalla mattina alla sera, leggo i CV della gente e penso "Che vita fantastica. Quando toccherà a me?".

Quando arriverà la grande occasione?

 
 
 

Stagisti,

Post n°236 pubblicato il 24 Luglio 2008 da zut_alors

uno su 2 viene assunto

Laureato disoccupato? La strada per il lavoro è lo stage. Lo conferma l’indagine dell'Associazione Direttori Risorse Umane:

87 società su 100 propongono sempre questa forma contrattuale per l’inserimento. In media uno su due trova lavoro ma c’è un 28% di aziende nelle quali la riconferma interessa ben il 70% dei tirocinanti.

Nel frattempo, la formazione è retribuita, nel 60% dei casi, con una somma fra i 500 e i 900 euro; l’11,6% delle società paga fra i 100 e i 400 euro e il 3,9% non garantisce alcun rimborso spese, o eroga solo buoni pasto. Un altro 11,6% arriva a 1.000 euro.

Fonte: Metro, 24/07/2008
[http://www.metronews.it/components/com_remository_files/Milano.pdf]

OK, perfetto. Intanto grazie ai giornalisti di metro per la notizia (prima pagina, eh!). Se non altro, mi danno l’opportunità di stilare una lista di debite deduzioni:

-          io sono, sui 2 stagisti, l’uno che non viene assunto;
-          io appartengo a quel 30% dei tirocinanti che in azienda non viene riconfermato;
-          nel mio caso, oltre a non esserci la retribuzione, non ci sono neppure i buoni pasto.

Premettendo che:

-          le mie giornate corrono tra un’attività inutile e l’altra (tra tutte? Fotocopiatura e rilegatura libri, cosa che, tuttavia, faccio con una certa gioia, visto che l’alternativa è fare nulla);
-          il contenuto formativo dello stage che sto svolgendo è insignificante rispetto alle promesse dell’Azienda stessa;
-          spendo in media una novantina di euro al mese in abbonamenti (treno e metro), senza il minimo compenso, rimborso spese, e, oltretutto, senza grande accrescimento a livello formativo;
-          trascorro circa quattro ore, ogni giorno, sui mezzi pubblici, impegnata negli spostamenti da e verso Milano;
-          ho lo stomaco sputtanato a furia di mangiare panini (ogni giorno per due mesi due). Comprarmi da mangiare a Milano ogni giorno sarebbe troppo costoso;
-          ho sempre sonno, scleri, stanchezza, mal di testa e ormai mi è venuta la gobba. E in più mi bruciano sempre gli occhi a furia di guardare lo schermo del pc, cosa che forse può addirittura avere portato alla diminuzione di diottrie.

Ne deduco te:

-          questi sono dei mesi mal spesi.


Conclusioni:

-          sono sempre la solita povera illusa.
-          questo stage è stato, ed è, una grandiosa perdita di tempo.

 
 
 

FORÇA

Post n°234 pubblicato il 23 Luglio 2008 da zut_alors

Non ci sono scappatoie per la nostalgia. In questi giorni ho in testa Lisbona, e la lingua portoghese, e la città, e i miei pensieri schizzano a mille all’ora… cercare un lavoro, trasferirmi di nuovo, ma da lavoratrice, tornare a casa di tanto in tanto per gli esami, nel frattempo frequentare qualche corso, magari di inglese, o tedesco, per rimetterli in sesto…

E una mia amica mi ha detto una parola: FORÇA. Ha ragione: è tutto qui quello che serve.

 
 
 

Post N° 232

Post n°232 pubblicato il 11 Luglio 2008 da zut_alors

E soprattutto: mai affezionarsi troppo alle persone. Specialmente quando ti fermi solo per due mesi, quando non ti pagano, quando la tua vicina di scrivania è disordinata e tu questo proprio non lo sopporti, ed è così carogna da essere arrivata un mese dopo di te ed aver picchiato i piedi -ma in modo subdolo, sorridendo con le sue labbrucce circondate ai bordi da una strana rigaccia di matita-rossetto color bordeaux e sbattendo le sue lunghe ciglia flap flap zeppe di rimmel da cerbiattona quasi attempata- per ottenere la tua scrivania (accampando, come scusa ufficiale, quella dell’aria condizionata, troppo forte e diretta nell’altra scrivania), e tu, di conseguenza, ti trovi confinata in una postazione assolutamente NON OPERATIVA – eccetto internet, e quindi la possibilità di farti, impunemente, i cazzi tuoi -; non affezionarsi specialmente quando, preparandoti, la mattina, la tua collana preferita si rompe, lasciando sul pavimento della stanza un tappeto di minuscole perline rosse che, anche volendo, non riuscirai (vuoi per la fretta, vuoi per le loro dimensioni ridotte) per cercare di recuperarle e salvare la situazione, quando sai che non verrai mai ricontattata, e che non tornerai mai. Entri in ufficio, esegui e torni a casa. Senza più la tua collanina preferita.

 
 
 

Post N° 231

Post n°231 pubblicato il 11 Luglio 2008 da zut_alors

Scendo dal treno, cammino tra i pendolari di un venerdì di metà luglio. Non è una vera folla: mancano gli universitari, i fuori sede, gli studenti che vanno a lezione. Eppure mi sento un pezzo di folla. Non ho pensieri, non mi fisso su niente. Scendo dal treno con A ja ljublju CCCP nelle orecchie, e la nenia ripetitiva del testo, il mantra alienante e convincente di quel io-amo-CCCP rafforza la mia identità/non identità di pezzo anonimo di folla che da un punto A si sposta, privo di pensieri, verso un punto B, ripercorrendo i passi di un percorso che va tracciandosi da sole sei settimane, ma che è già noto, terribilmente. Ma va bene così. Non desiderare nulla per essere sempre soddisfatti. Mi sembra un buon piano. Soprattutto di venerdì, quando le coordinate si sfilacciano e le “mete eterne” si perdono (e cito da una canzone degli Eva Nella Neve). Non resta che essere un puntino tra la folla, guidato dalla monosensazione data dall’ascolto di un mantra. Diverso o uguale ogni giorno, che importanza ha?

 
 
 

«One day I'll be secure like the women I see on their thirtieth anniversaries»

Post n°230 pubblicato il 29 Giugno 2008 da zut_alors

E io che credevo di volere un bambino più di qualsiasi cosa.
Ieri sera cena a casa di Davide, cuggi del mio uomo, con relativa donna (Miriam, mia grandissima amica dai tempi delle superiori), e altro loro cuggi, Enrico-detto-Enrichetto, con relativa donna (Laura), quest’ultima in attesa del primogenito.
Il pancione è un elemento stupendo, dà al corpo femminile una forma molto aggraziata, gentile. È affascinante, e rende una donna ancora più affascinante. È una bolla silenziosa messa lì, ad altezza pancia. E dentro c’è una personcina. Mi sono quasi commossa. E poi lei è serena –sì, insomma, tra uno sbalzo d’umore e l’altro-, e si vede che entrambi sono felicissimi.
Però, mon Dieu, che ansia. A pensare che, prima poi, la personcina in questione vorrà uscire da lì… oddio, che brivido. L’idea di dovermi trovare faccia a faccia con un essere che dipende totalmente da me mi atterrisce, mi spaventa. Un bambino, ahimè, non è il bambolottino con cui giochi all’apetta, lanciandolo in aria, e basta.
Quindi ho ricalibrato tutti i piani. Ho ancora troppe, troppe cose che voglio fare, PRIMA: laurearmi, passare del tempo lavorando in un paese straniero, e poi in uno straniero di lingua inglese (Stati Uniti in testa). Imparare il serbo-croato. Rimettere in sesto il mio tedesco, abbandonato per strada chissà dove. Lavorare in un maso in Austria per un’intera stagione estiva. Fare il famoso viaggio a piedi in Toscana, da Siena all’Argentario, con Veronica. Provare tanti lavori diversi, e poi decidere quale sarà quello che mi piace davvero e farmi il culo per cercare di farlo in modo definitivo. Fare tanti soldi, comprarmi una casa in un posto magico tipo il sud del Portogallo. Fare IL viaggio in America Latina. Brasile-Paraguay-Argentina-Uruguay-Bolivia-Cile, o anche uno solo di questi Paesi (forse vince la Bolivia). Praticare con costanza uno sport che sia uno.
Per la gioia di Gabri, annuncio qui che d’ora in avanti i bambini non sono più affar mio, e che intratterrò con loro rapporti esclusivamente lavorativi. È già un’impresa cercare di badare a me stessa.

 
 
 

Post N° 229

Post n°229 pubblicato il 22 Giugno 2008 da zut_alors

... e con l'arrivo dell'estate vera nella sua più pura ed immediata manifestazione (il caldo) anche la città cambia.
Il mio pendolarismo folle (treno 7:30-treno 14:00) continua: un'esagerazione se rapportata alle sole quattro ore quattro di presenza in ufficio.
Ah, parentesi: l'ufficio. Mi ci sto abituando, ma a tratti non posso evitare di averne le palle piene, soprattutto il venerdì... Senza contare che sì, è un'opportunità e un'ottima scuola, anche di vita se vogliamo, ma apre allo stesso tempo spiragli e dubbi e domande sul proverbiale futuro. Mi chiedo, in sostanza, se fare la traduttrice sia davvero quello che voglio. Tu, il tuo computer, i tuoi dizionari e poco altro. Zero contatti con il resto del mondo e lavorare sodo, quasi sempre sotto pressione, con scadenze ansiogene. D'altra parte vedo la gente che è lì in ufficio a gestire il meccanismo "richiesta della traduzione da parte del cliente -  affidamento del lavoro ad uno dei loro traduttori di fiducia - revisione - consegna della traduzione ultimata". Altra rottura di palle esagerata, a quanto mi sembra.

Comunque, dicevamo, il caldo. L'arrivo del caldo scatena un fenomeno organico interessante: la liberazione di qualsiasi tipo di odore.
D'inverno la città è congelata, gli odori ghiacciati sotto strati e strati di vestiti. Ma da questa settimana anche gli odori hanno potuto avere la propria rivincita: sono usciti dal letargo pronti a scatenarsi come non mai, a dare libero sfogo ad ogni loro più piccola perversione, e Milano è tutta un proliferare di olezzi di ogni genere e tipo.
C'è l'odore del senzatetto in stazionamento semifisso in piazza S. Alessandro, di quegli odori che ti assalgono le nari, per dirla un po' colta. C'è l'odore un po' ammoniacato, pungente, della pipì dei cani rasente ai muri, che scaldata dal sole libera, evaporando, un'alchimia tutta sua. C'è l'odore del vagone della metropolitana con l'aria condizionata accesa, e quell'altro, molto più umano, di quando l'aria condizionata è spenta. L'odore dei piedi ancora imprigionati, da alcuni recidivi, nelle scarpe chiuse. C'è l'odore di quelli che pensano che un generoso mezzo litro di eau de toilette possa davvero fare la differenza, salvo poi accorgersi, verso metà mattina, che l'eau de toilette non è che si sposi benissimo con il sudore. C'è il mio odore, che se verso le dieci sono già pezzata in zona subascellare, allora significa che non c'è più molto da fare e mi tocca rassegnarmi. L'odore più tipico, di questi tempi, è però quello dell'asfalto in fase di scioglimento. Dalla mia postazione computer/scrivania accanto alla finestra, nel mio uffficio al piano terra, l'odore dell'asfalto in colatura inarrestabile entra in modo prepotente e ti si attacca addosso senza risparmiare nulla: capelli, pelle, vestiti...
Eh sì, la City, come grasso che cola, espelle, sottoforma di catrame liquefatto, i suoi umori più intimi. A volte, agli angoli delle strade, si creano vere e proprie pozze di asfalto molle, tipo sabbie mobili, buchi neri metropolitani in cui è facile scomparire. E fagocitano, fagocitano insaziabili tacchi di scarpe, sandaletti rasoterra, unghie french pedicurate, piccioni, ruote di biciclette, ragazzi che distribuiscono Metro, semafori, carrelli della spesa delle vecchiette, passeggini... Se avete un cadavere ingombrante, so ben io dove potreste smaltirlo: all'uscita della metro Loreto, in piazza Argentina, ci sarebbe quell'angolino che...

 
 
 

Post N° 228

Post n°228 pubblicato il 12 Giugno 2008 da zut_alors

Ed è quando, dal finestrino del treno, vedo le mie montagne, che penso che nessuna azienda, nessun ufficio, nessuna Milano del mondo può valere tanto. Che nessun titolare, nessun collega, nessuna ansia, nessuna pressione, nessun senso di inferiorità, nessun lavoro gratis, nessuna carriera valga poi così tanto la pena. Che la vita non è lavoro, che il lavoro non è vita.
Che l’importante, in tutto ciò che si fa, è in primo luogo la passione. E la passione la senti. E se non la senti subito, forse significa che c’è qualcosa che non va. Se già soltanto la semplice idea di intraprendere qualcosa di nuovo ti getta addosso un peso enorme prima ancora di averla cominciata, forse significa che non fa per te. O forse, semplicemente, che non sapere dove andare a sbattere la testa di fa una gran paura.

 
 
 

Post N° 227

Post n°227 pubblicato il 05 Giugno 2008 da zut_alors

Odio i giri di parole, in certe situazioni. Ok, riconosco che in ambito lavorativo sia quasi d'obbligo essere dotati del talento di mediare. Anzi, oserei dire che è in primo luogo sulla negoziazione che si costruiscono i migliori rapporti, lavorativamente parlando.
In realtà potremmo aprire qui un capitolo a parte per discutere se negoziare equivalga effettivamente all'essere muniti della capacità di dire tutto con giri di parole. In molti casi non è così. Però va beh. Uffa.

Odio i giri di parole, per esempio, quando qualcuno, pur di non dirti in faccia, che ne so, "sei una stronza", ti  dice: "Ma sai che mi ricordi tanto Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada?". O qualcosa del genere.

Siccome solitamente mi ci vuole un po' per metabolizzare quello che mi succede (parlo di mesi interi), beh, ultimamente vado ripensando un po' alla vacanzina a Roma che ho fatto tra il 27 dicembre e il 2 gennaio scorsi. Non entriamo nel merito del tempismo perfetto. Dicevo, sto metabolizzando 'sta vacanzina. Vacanzina partita con le migliori intenzioni: sarebbe dovuta essere la rimpatriata perfetta, non so, uno dei più grandi eventi dell'anno, il primo meeting plenario post-Erasmus. Forse è stato proprio questo carico di aspettative esagerate a deludermi così tanto.
Ma va beh, non volevo entrare nemmeno in questo merito. Durante la vacanzina, dicevo, ho incontrato un tale (un amico, per vie traverse, dell'amico che ci faceva da base d'appoggio a Roma, lasciandoci dormire nel suo appartamento, eccetera eccetera). Un amico di amici di amici, quindi, per il mio amico. Per me, un perfetto sconosciuto.
31 dicembre 2007, Piazza di Spagna, ore 21:00. Tra impazienti e premature bombe molotov augurali e lanci di bottiglie prematuramente svuotate, io e il gruppone-rimembranze (gruppo ex-Erasmus). Si avvicina il tizio di cui sopra, tutti ci prensentiamo, lui si presenta, tutti si presentano a tutti (io, già frastornata dagli scoppi delle molotov, che dall'alto della mia bassezza non capivo già un cazzo a ben tre ore dalla fatidica spasmodicamente orgasmicamente e stupidamente attesissima mezzanotte). Due secondi dopo mi fa: "Ah, ma sai chi mi ricordi? La Littizzetto!" Io: ... (faccia perplessa nello sforzo estremo di capire dove volessero andare a parare lui e il suo neurone superstite). Lui: "Beh, dai, almeno puoi consolarti: è simpatica!".

Morale: odio i giri di parole. Non li posso sopportare. E non ho ancora capito se mi feriscano di più quando vengono adottati da perfetti sconosciuti, o da amici di una vita.

Odio i giri di parole perché, cazzo, perché dire ad una che ti ricorda Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada, quando puoi riempirti gioiosamente la bocca con una parola, un'unica, economica, rapida, veloce, incisiva, precisa, toccante, tagliente, perfetta unione significato-significante, inteso-modo d'intendere? Perché non darle direttamente della stronza?
Odio i giri di parole perché, cazzo, quel fantomatico Tizio non poteva semplicemente dirmi: "Ma sai che sei proprio un cesso?"?.

 
 
 

Studente-stagggggista

Post n°226 pubblicato il 04 Giugno 2008 da zut_alors

L’estate sta cominciando, io cresco un pochino in sapienza ed età e da ieri, tenetevi forte Siore e Siori, sono entrata anche io a far parte del fantastico mondo degli studenti-stagggggisti (leggasi anche: lavoratori non pagati).

Che dire? Beh, di certo è troppo presto per azzardare ipotesi sulle possibili linee di sviluppo di questa cosa, però, vediamo, ho già qualche prima impressione:

1_ contro qualsiasi aspettativa (si tratta pur sempre di un ufficio milanese, di quelli che si presentano tutti baldanzosetti sul loro sito, tutti "since 1973" e robe simili) le persone in quell’ufficio sono davvero simpatiche! Cioè, nessuna trentenne inacidita dall’arrivismo carrieristico, malcelato retaggio di un provincialismo mai sopito! Nessun metrosexual ganzo fashion e anche un po' bollito! A parte l’avermi accolto con un sorriso, tutti, e dico tutti, hanno già imparato il mio nome. E se gli serve qualcosa mi chiedono per favore!

2_ so perfettamente che è solo il secondo giorno, so che è tutto ancora in fase troppo embrionale per poterlo dire ma: forse io non ho una personalità da ufficio. Cioè, per carità, tradurre mi piace (ah, sì, l’ufficio si occupa di traduzioni), ma, cazzarola, che palle! Io, computer, scrivania, scrivania, computer, io, luci al neon, il boccione per l’acqua, il telefono che squilla un sacco, fogli, cancelleria, portapenne, luci al neon, scrivania, computer… Non so. Comunque ci tornerò sopra tra qualche tempo e vedremo come si sviluppano le cose.

3_ la buona scuola della santa pazienza. Eh, sì, la pazienza insegna! Mica si può pretendere che facciano cominciare a tradurre me, laureata da qualche mese scarso! Prima bisogna fare tanta, tanta, tanta, tanta sana gavetta. Sissignori. Correggi qui, rileggi lì… Il mio ruolo principale? Revisionare. E poi, che cosa? Sentenze, atti notarili, ingiunzioni di comparsa di fronte a pubblici ministeri… Eh, sì, prima del primo romanzo tradotto dovrà passarne di acqua sotto i ponti!

4_ a me piace studiare. Da matti. Soprattutto, mi piace studiare quello che studio. Però sono stufa. Studiare comincia a pesarmi. Comincio seriamente a non poterne più. Uffa, ma non esiste un modo (che non sia la vita accademica) per continuare a fare ciò che faccio? Che mi dia lo stesso brivido, lo stesso entusiasmo? Che mi dia le stesse emozioni (sì, a volte mi emoziono!)? O forse sono io che ho un’idea troppo eroica del lavoro ideale, e continuo ad immaginarmi quest’omino (o donnina) che segue la sua vocazione, solitario (solitaria), in barba alle leggi del mondo che rinchiudono le persone negli uffici per poter sopravvivere?

5_ devo solo stare zitta. E’ un’opportunità della madonna (scusino i termini). Taci e revisiona ‘sta sentenza, cretinetta!

 
 
 

Prove tecniche di traduzione

Post n°224 pubblicato il 16 Maggio 2008 da zut_alors

Forse è vero che tradurre è un destino a cui non ci si può sottrarre.





Eugénio De Andrade, Addio:



Come se ci fosse una tempesta
a scurire i tuoi capelli,
o se preferisci, la mia bocca sui tuoi occhi,
carica di fiori e delle tue dita;

come se ci fosse un bambino cieco
ad inciampare in te,
io ho parlato di neve e tu tacevi
dove con te mi sono perso.

Come se la notte arrivasse e ti rapisse,
io era solo fame che sentivo;
ti dico addio, come se non tornassi
al paese dove comincia il tuo corpo.

Come se ci fossero nubi su nubi,
e sopra le nubi un mare perfetto,
o se preferisci la tua bocca chiara
a veleggiare a lungo sul mio petto.

[Tradução nossa].

 
 
 

Post N° 223

Post n°223 pubblicato il 13 Maggio 2008 da zut_alors

Attenzione: controllare sempre le indicazioni sul foglietto illustrativo presente all'interno della confezione. Possono creare dipendenza. Assumere a piccole dosi.

Le persone. Ti accorgi di non poter fare a meno di qualcuno quando, per esempio, passi l'intero esame a rompergli i coglioni. "Rosi, a che punto sei?". "Rosi, cos'hai scritto qui?". "Rosi, ho cominciato la traduzione". "Rosi, hai il bianchetto?". "Rosi, ma quanto è stata stronza la prof.?".

Rosi. Da assumere a piccole dosi.

 
 
 

Post N° 222

Post n°222 pubblicato il 10 Maggio 2008 da zut_alors

I pessimi periodi hanno il potere di coglierti alle spalle, arrivando senza preannunciarsi. E improvvisamente ti rendi conto che no, non è un bel momento. E che, tutto sommato, è stata una settimana da cancellare, per quanto resti ancora tutta la giornata di domani da vivere da cima a fondo.

Di questa settimana, ad esempio, salverei pochissime cose. Ma ossequente allo stucchevole principio ottimista (che sto cercando di autoimpormi) di avere almeno un pensiero felice al giorno, vediamo cosa salverei di lei:

  • lunedì: avere terminato le ore di quel progetto di lavoro in quella scuola elementare (con i due bambini beneficiari non si è creato un grande feeling).
  • martedì: avere conosciuto il mio tutor aziendale e l’orgoglio di scoprire che non mi hanno scelta a caso, per quello stage. Il pranzo con Rosi. La conferenza sulla traduzione nel dipartimento di iberistica.
  • mercoledì: niente. Ma gli eventi di martedì, in parte, compensano.
  • giovedì: il concerto dei Selton, senza ombra di dubbio.
  • venerdì: i bambini che dal finestrino del pullman facevano ciao ciao con la mano, in centro Milano, mentre io, affannatissima, correvo (causa sciopero mezzi) da Lambrate a Duomo per cercare di arrivare in tempo ad una laurea maledicendo la vita il mondo l'universo e il fatto stesso di esistere.

 
 
 

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Post n°221 pubblicato il 09 Maggio 2008 da zut_alors

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