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RITROVAMENTO DI UNA NAVE ROMANA

Post n°224 pubblicato il 26 Febbraio 2014 da viscontina17

La nave cartaginese con il suo possente rostro puntava dritta su di loro. I rematori della nave romana tiravano al massimo, per evitare lo scontro, ma il fianco della loro nave era già esposto. Sul ponte i legionari avevano lo sguardo fisso. Ora i Cartaginesi non erano più ombre indistinte, ma uomini dalla pelle scura con elmi di cuoio. Un tonfo, un “crack” prolungato, una violenta cascata salata e i Romani affondarono.
Senza sapere che, morti loro, la battaglia sarebbe stata vinta. Senza immaginare che, senza quella vittoria su Cartagine, la storia sarebbe stata diversa.
La loro infatti era solo una delle navi romane affondate nella battaglia delle Egadi, al largo di Trapani, scontro navale che chiuse la Prima guerra punica segnando una svolta: da piccola potenza regionale, Roma sarebbe diventata una potenza globale, con mille anni di presenza militare, commerciale e culturale.
Questa battaglia navale, la più grande a memoria d’uomo per numero di partecipanti, circa 200 mila, avvenne la mattina del 10 marzo del 241 a. C.

Salto nel tempo. Oggi, a distanza di oltre duemila anni, se ne sono trovate le tracce.
Lo scorso 24 agosto, in una ricerca coordinata dalla Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia, due sub, Gian Michele Iaria e Stefano Ruia, su indicazioni di un Rov hanno recuperato alcuni elmi di quei legionari romani (le ossa non si sono conservate perché affioravano sul fondale). «Ne abbiamo visti spuntare due, poi, in un’area di soli 200 m2, a 75 metri di profondità, c’erano altri 10 elmi» spiega Ruia. «Si capiva che erano romani per la caratteristica punta a “pigna”.
Non molto distante abbiamo rinvenuto un rostro romano, probabilmente della nave su cui erano imbarcati i soldati che portavano quegli elmi». Una delle prove che si tratta del luogo esatto in cui si svolse la battaglia delle Egadi, a nord-ovest dell’isola di Levanzo, come aveva ipotizzato l’archeologo Sebastiano Tusa. «La nostra ricerca ha avuto origine alcuni anni fa, quando un subacqueo recentemente scomparso, Vincenzo Paladino, mi raccontò del ritrovamento di circa 300 ceppi di ancore allineati lungo un fondale della costa orientale dell’isola di Levanzo» spiega Tusa, sovrintendente del Mae della Sicilia. «Consultammo gli scritti dello storico greco Polibio, che, a distanza di circa 70 anni, aveva ricostruito la battaglia nelle sue Storie: aveva raccontato come i Romani, guidati dal console Gaio Lutazio Catulo, attaccarono di sorpresa i Cartaginesi. Avevano teso un agguato nascondendosi dietro un promontorio di Levanzo e per la fretta di andare all’attacco avevano tagliato le cime delle ancore: proprio quelle ritrovate da Paladino».(WEB)

            

 
 
 
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