Creato da duerespiri il 30/04/2006

2respiri

fondamentalmente sto sul cazzo a qualcuno.

 

 

autumn leaves

Post n°261 pubblicato il 09 Novembre 2012 da duerespiri

Un filo di sigaretta tagliava l'aria.

Uno stormo di foglie volava sui miei pensieri.

L'autunno macchiava di rosso il prato.

La sera uccideva il pomeriggio.

 

 

Quel coglione di Clapton suonava, suonava e non la smetteva più.

 

 

 
 
 

la corte

Post n°260 pubblicato il 09 Novembre 2012 da duerespiri

''quindi ammetto son colpevole ma per auto difesa, dieci coltellate, per due le ho chiesto scusa, io pensavo che lei fosse il treno da cercare"

 

Nobraino

 
 
 

Sperso.

Post n°259 pubblicato il 08 Novembre 2012 da duerespiri

Non devo stare solo in macchina, mettere qual cazzo di mp3, guardare il sedile alla mia destra.

Tutto in quest'ordine.

 

 

 
 
 

Lo spazio

Post n°258 pubblicato il 07 Novembre 2012 da duerespiri

Dammi lo spazio e il tempo 

o appena un argomento di conversazione, con cui possa sfiorarti, lambirti, insidiarti, 

con algido distacco appena un estratto per catturarti viva.

Dammi, lo spazio e il tempo o anche solo un frammento della tua attenzione, 

perché possa colpirti, sedurti, averti, 

in concatenazione di causa effetto, di un fascino perfetto. 

 

 

 

 

 
 
 

Aulin

Post n°257 pubblicato il 31 Ottobre 2012 da duerespiri

La notte di Aulin! (per noi meteoropatici).

 
 
 

valzer

Post n°256 pubblicato il 30 Ottobre 2012 da duerespiri

Un giorno incollerai la tua faccia sulla mia.

Ti giuro che poi me ne andrò dentro una carta di caramella,

dentro un un giro di valzer del vento.

 

 

P.s. Io a Dio comunque ci credo. La sua indifferenza è un atto di fede.

 
 
 

Murphy ed il volo

Post n°255 pubblicato il 20 Ottobre 2012 da duerespiri

 

Esterno giorno

mattino presto

 

Ti sono sopravvissuto solo

e soltanto quanto basta

per pensarti da lontano.

 

Questo era l'ultimo pensiero lucido che Murphy aveva composto mentalmente in orizzontale sull'asfalto.

 

Gli occhi aperti, una lacrima lumaca spariva tra la barba di due giorni.

Il sapore in bocca del sangue sapeva di rame e odorava di ruggine. Non muoveva il corpo, tutto congelato in una posizione ballerina innaturale contro la strada. Sembrava una marionetta scomposta che stesse ascoltando con l'orecchio il muro d'asfalto. Come un vecchio indiano che cercava di captare l'arrivo degli uomini bianchi origliando il suolo.

 

Il dolore era morfina nelle vene, così forte da non sentire più niente.

Non soffriva nonostante il volo dall'ultimo piano.

Aveva gli occhi rossi senza sonno e qualche psicofarmaco di troppo che nulla aveva potuto contro un cervello sempre acceso.

 

Avevo un polmone perforato, il suono che arrivava dalle narici rimbombava nella mia testa, un gorgoglio di aria e sangue, avevo voglia di tossire ma era solo un accusare di spasmi silenziosi. Le gambe erano rotte e le mani anche. La capote di una Buick celeste aveva attutito il volo facendomi rimbalzare sull'asfalto. Avevo una scheggia di vetro grande come un piatto rotto conficcata nella coscia e un montante di ferro della macchina mi aveva aperto una ferita sulla schiena. Di tutto questo non vedevo niente ma percepivo il tutto come se fossi stato distaccato dal corpo e mi contemplavo a qualche metro di distanza.

Il sangue misto alla mia urina attraversava la strada senza rispettare le strisce.

Non potendo muovere la testa vedevo davanti a me questo secchio di sangue fuggire dal mio corpo e andare via. Mi faceva pensare ad una nave che affondava e l'anima l'abbandonava in tutta fretta prima del buio.

 

Nel volo, avevo al collo la macchina fotografica e ora giaceva davanti a me aperta in mille pezzi con il rullino fuori.

Vederlo mi fece fare quel famoso salto temporale che tutti raccontano al momento della morte, dove la vita passa velocemente davanti ai tuoi occhi prima di chiuderli. Era tutto vero.

 

I miei genitori, il mio primo disegno, il sorriso di mia madre che mi copriva con la coperta fatta di buio e stelle e toglieva la luce della stanza dal mio campo visivo. L'odore del grano. Mia nonna che mi pettinava bagnando il pettine con l'acqua per governare i miei capelli, vertigini già della mia vita. I campi dietro casa. La scuola, la Plymouth War Effort di papà profumata di nuovo.

La prima cotta ed la prima delusione. L'amore, la fotografia. L'America, la chitarra ed i primi accordi rubati dai dischi, i concerti giù a Mansfield. La guerra fredda e Kennedy, i sogni di M. Luther King.

E poi lei. L'estate ad Alvarado Lake con i suoi capelli profumati. L'amore sui tornanti della 933 e le sue risate stampate sullo specchietto. E poi lei. E poi ancora lei ma sempre più sfocato. Più sfocato. Sfocato.

 

Delle voci attutite si muovevano intorno a me, non capivo, però volevo dormire un po'. Finalmente il sonno stava arrivando. Come la neve copriva di bianco in silenzio, piano piano il marciapiede, le auto in sosta, i suoni, i miei pensieri.

 

Sentivo quel profumo di pulito così vivo che mi ubriacava il cuore. In quel momento pensavo che la morte fosse l'orgasmo più rispettoso e puro che potesse mai esistere. Amavo la morte. E lei mi rispettava.

 

Morire di martedì non era bello, ma sicuramente una liberazione per non affrontare un nuovo weekend con i suoi fantasmi. 

 

 

Jayne si affaccio dalla sua camera e guardò giù dal suo piano.

«Accidenti!» Si accese una sigaretta e guardava.

Una ambulanza ed alcune persone si muovevano come tante formiche intorno ad un corpo magro steso a terra. Una Buick aveva il tetto sfondato ed i vetri brillavano su tutta la scena. Dall'alto sembrava un quadro con un cielo che luccicava di stelle.

Un dottore chinato sull'uomo si muoveva velocemente e gridava qualcosa, ma non si capiva niente.

 

 

Jayne alzò gli occhi. Il giorno stava per svegliarsi, soffiò una nuvola di fumo sul cielo pulito, chiuse la finestra, mise sul piatto Sam e andò a farsi una doccia lasciando la porta del bagno aperta.

 

 
 
 

Ad ovest di Paperino

Post n°254 pubblicato il 20 Ottobre 2012 da duerespiri

L'autostrada il mio psicanalista.

 

Ci sono così tante novità in questo mio ultimo periodo.

Dove tutto è stato detto e tutto è stato fatto.

Il baricentro della mi anima non ha mai avuto così tanti scossoni,

alcuni talmente forti da farmi sbandare sulla corsia opposta molte volte.

 

Ho quarantuno anni ne sento diciotto e tutto scorre.

 

In partenza, a presto.

 
 
 

accussì

Post n°253 pubblicato il 19 Ottobre 2012 da duerespiri

so' distratto e faccio accussì, 
senza niente 'ncap pè mmo, 
sto dicenno sempe ca sì 
pure quanno nun pozzo ascì... 

 
 
 

F.

Post n°251 pubblicato il 16 Ottobre 2012 da duerespiri

 

(in controluce)

«Guarda che uragano!» urlai.

Dai suoi occhi blu confondevo il cielo e il mare. (dissolvenza)

«Ho bisogno di scattarti una foto.» urlavo sotto le gocce violente.

 

Lei era un pirata su questo fazzoletto di spiaggia.

(panoramica) Correva contre la pioggia e rideva, i capelli biondi come una criniera da seguire.

 

(Macchina a spalla di corsa)

«Non voltarti, ti prego non voltarti.» Non potrei reggere quel sorriso ancora una volta mi dicevo dentro il giubbotto di pelle. 

 

(totale)

Lei disegnava sulla sabbia traiettorie di seduzione e felicità.

Crollammo dopo qualche metro uno su l'altro. Bagnati al sapore di sale e cielo. 

 

(effetto flou)

«Restiamo qua!» gli chiesi annaspando aria a singhiozzi.

 

Ci voltammo con il viso contro il cielo e la pioggia contro di noi. (Fermo immagine)

 
 
 

effetti indesiderati

Post n°250 pubblicato il 16 Ottobre 2012 da duerespiri

 

Interno notte

(in successione con dolly indietro lento)

Lei sul bordo del letto mi passa delle fotografie.

 

(Effetto flou)

«Sono passata per dirtelo e per salutarti per sempre» i suoi capelli spariscono sotto il lenzuolo. Le mie mani sono dentro di lei. 

Ci rilassiamo.

 

(macchina a spalla)

Si alza, indossa qualcosa di turchese, dal corridoio arriva mia madre vestita di nero che guarda in silenzio e non parla.

Lei va via in tunnel con tantissime auto in fila. Cammina direttamente sui tetti, si gira e con le labbra senza suono e sorridendo con il labiale mi dice: «Fottiti!»

 

Murphy aveva cominciato con i psicofarmaci per dormire. Un sonno asettico senza sogni e senza niente che partiva dalle 23 e durava poco più di 4 ore.

Poi sveglia totale, vigile e teso come una corda. In un frammento di 15 minuti verso le 5 dorme.

E l'incubo arriva e velocissimo se ne va. 

 

Apro gli occhi.

Un lampo da lontano cavalca la pianura fino ad investire con il suo rombo la vetrata della stanza.

«merda!» mi volto e cerco l'ora. 

Primissimo piano sull'orologio da taschino steso sul comodino, le lancette indicano le 5:17

 

E questa è la sacrosanta verità.

 
 
 

Non si scappa!

Post n°248 pubblicato il 12 Ottobre 2012 da duerespiri

A volte ti affogherei per poi farti la respirazione a bocca a bocca.

 

 

 
 
 

Ice cream

Post n°247 pubblicato il 12 Ottobre 2012 da duerespiri

Scongelalo ogni tanto quel muscolo che ti tiene in vita.

 
 
 

Lucky strike

Post n°246 pubblicato il 12 Ottobre 2012 da duerespiri

 

Esterno sera

La macchina si fermò bruscamente al lato della Main street di fronte al Negozio di caramelle "Chocoland".

 

Ellie aveva cinque anni ed era ben decisa nel volere a tutti i costi dei cioccolatini. Lucille non poteva non prenderle, era sua figlia e le somigliava così tanto. Stesso sorriso, capelli e voglia di cioccolato.

Dopo aver preso il sacchetto e riempito di tante leccornie, si avviò alla cassa con Ellie al seguito.

 

La signora incartò il tutto e lo diede alla bimba chinandosi dal tavolo sorridendo. Poi di colpo, mentre riceveva i soldi fece quella domanda che cambiò all'improvviso vita di Lucille.

 

«Pensa ancora a Murphy Signora Lucille?»

La vecchia signora della drogheria la scrutava dietro il vaso in vetro delle caramelle, i suoi occhiali dilatati la facevano somigliare ad un enorme pesce.

Lucille rimase di ghiaccio. Non sentiva e vedeva Murphy da ormai dieci anni e la vecchia non poteva sapere di questa storia clandestina visto che si trovava a New York e lui forse viveva ancora in Texas. 

 

«Mamma andiamo via!» piagnucolò la piccola bambina tirando le vesti di Lucille ed il naso.

 

Il sole di mezza estate investiva con il suo raggio il negozio facendo navigare nell'aria filamenti di polvere leggera come stormi di stelle viaggiavano in replay seguendo squarci di luce fino ai piedi del bancone e oltre.

 

Uscì senza gambe dall'emporio, come se fosse risucchiata in ricordi ormai dimenticati dalle spalle all'esterno.

S'infilo nella Buik celeste, suo marito l'aspettava fumando con un braccio fuori e la sigaretta tra i denti. Faceva il giornalista ed era un tipo in gamba.

Lucille sedette in macchina composta con le scarpe nuove e non disse più una parola fino a casa.

Andò dritta in bagno. Si sedette sul bordo della vasca e accese una Lucky Strike. Alla radio passavano quella pubblicità che diceva più o meno così: "Lucky Strike separates the men from the boys... but not from the girls" 

Dal soggiorno andava via il sole portandosi le ombre del giorno.

 

Erano gli anni sessanta in una famiglia media americana.

Murphy a molte ore di distanza era su un letto vestito e con le scarpe, aveva appena sviluppato dei negativi nel suo buco buio ed aveva appeso le foto nella camera da letto, erano foto di un piccolo seno nudo, di una donna nascosta dalla luce, una luce che filtrava dall'emporio a quella stanza di motel ormai perso dal tempo.

 

 

 

 

 
 
 

Lucille e le nuvole

Post n°245 pubblicato il 11 Ottobre 2012 da duerespiri

Esterno giorno.

Mattino

 

Lucille era una donna straordinaria anche se un mio amico diceva che vestiva troppo semplice, effettivamente aveva ragione.

 

Ricordo il primo giorno che facemmo l'amore. Incorniciato sul muro come 

un fotografia di qualche secolo fa. 

Il suo sorriso riempiva ogni angolo della stanza.

 

Certo che da questa storia dovevo uscirne in verticale, ma si sa, gli eventi sono sempre straordinariamente contrari alla direzione delle nuvole. Gli anni passano, le rughe sono come piante rampicanti sul corpo e s'impossessano della tua pelle, ti ricordano che stai volando da un po' e che dopotutto la tua vita non è stata granché.

Queste riflessioni passavano veloci nella mia mente e intanto spingevo la manetta del gas sulla 23esima, i carburatori miscelavano il vento e la benzina spingendo tutto il mondo contro i miei occhiali a velocità folle.

Il suono del clacson mi arrivo come un proiettile alla testa.

«Cazzo!» Gridai.

Ci incrociammo con gli sguardi e l'urlo della donna al volante mi svegliò come un secchio di acqua gelata sul collo caldo.

Mi fermai a pochi metri ancora scosso, il sudore scivolava sulla schiena.

Lei aprì lo sportello, bionda, una bellezza che non aveva niente a che fare con il Texas. Delicata con gli occhi nordici e un portamento da gazzella.

Rimasi affascinato.

«Aveva intenzione di morire sotto la mia macchina?» mi disse con un accento straniero. Gli occhi mi puntavano come le canne di un fucile.

«Mi scusi signora, mi scusi ultimamente non mi sento bene.» Ed era vero.

Intanto non riuscivo a smettere di guardare le sue labbra, quel disegno così perfetto.

«Lei ha la testa fra le nuvole e le nuvole illudono le persone ed il tempo. Si faccia vedere da qualche strizzacervelli!» Si voltò e si rimise in macchina, partì bruscamente muovendo il didietro dell'auto come un serpente in fuga.

 

Era quasi mezzogiorno ed il sole schiacciava le ombre a terra. 

Guardai indietro anche se indietro non bisognerebbe guardare mai.

Quello sì fece male.

 

Oggi dovevo lavorare, scattare e seguire un giornalista. Un lavoro che facevo raramente per un investigatore di Cleburne. 

 

 

 

 

 
 
 

Heart's

Post n°244 pubblicato il 10 Ottobre 2012 da duerespiri

Se non riesci a fare a meno di venire qui a leggermi, hai dei seri problemi di carattere cardiologico.

 

 
 
 

October

Post n°243 pubblicato il 09 Ottobre 2012 da duerespiri

 

 

Notte.

Interno casa

 

Murphy si stacca sulla parete laterale, le ombre disegnano il suo profilo magro tra la tapparella ed il muro, complice il bagliore della luna. A Ottobre è ancora caldo e così i suoni silenziosi della notte arrivano senza essere filtrati dalla finestra. Un cane abbaia al lato della strada, il frusciare della notte è una folata sul prato dietro casa.

Guardare questa griglia sul muro mi faceva sentire ancora più in gabbia, il sonno lo avevo perduto da qualche tempo ed anche la ragione. Non mi vedevo più. 

Io non so dovevo stavo andando a parare. So solo con certezza che un labirinto e sempre un labirinto e non tutti sopravvivono.

 

Mi alzai verso le cinque del mattino e andai dritto a bussare alla porta di Dan. 

Era già sveglio.

«Murphy, Murphy.»  Con la sua voce cantilenante al sapore di sigaretta.

«Vieni dentro.»  Sul tavolo del soggiorno il libro Last Frontier di Howard Fast. 

Mi preparò un caffè e mi disse:

«Devi farti aiutare.» 

Alzai gli occhi da dietro la tazza. «Mi sto aiutando Dan, mi sto aiutando.» 

 

 

Era vero, mi stavo preparando per il grande salto, le decisioni importanti vanno sempre prese con una soglia di leggerezza, come se fosse una cosa naturale, e naturale lo è. 

Tecnicamente i tempi erano lunghi, bisognava lasciare tutto in ordine dalle piccole alle grandi cose.

Tecnicamente sarebbe morto a pagina 771 della sua vita.

E questa volta lo sapeva.

 

La corsa alla spazio era in pieno svolgimento tra Russia e America.

 

...ronzava nelle orecchie.

 

 

 
 
 

I have the dream

Post n°241 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da duerespiri

 

Mansfield (Texas) Esterno sera.

In un vecchia stazione di servizio sulla Ruote 20 a pochi chilometri da Mansfield, Murphy era in piedi che componeva un numero al telefono esterno. La Triump parcheggiata, sembrava il cavallo del Cowboy a riposo dopo una lunga cavalcata. 

 

Avevo il telefono in mano, al primo squillo mi arrivò subito dopo il segnale di occupato. Mi ero preparato per bene. Come in un camerino prima di andare sul palcoscenico. Aveva intenzione di ascoltarla, ma non la pensavamo uguale. 

Così rimasi in piedi, con la cornetta e decisi di parlare uguale e lei mi rispose. Mi rispose nella mia testa.

 

«Volevo parlarti.»

«non abbiamo nulla da dirci.»

«Volevo invitarti sabato sera, suono a Denville e mi sarebbe piaciuto vederti sotto il palco e stare un po' insieme?»

«Non mi sembra il caso che usi quel termine, vista la mia situazione.»

«Mi dispiace.» (Non è vero.) 

«Cosa vuoi da me Murphy?»

«Vorrei sapere se c'è ancora un 'noi'.»

«Dirtelo potrebbe essere pericoloso, adesso devo andare.»

Il rumore di una porta che si apriva e i passi alternati di stivali sul pavimento, avevano di colpo chiuso il filo del discorso. Riattaccò velocemente. Quasi percepivo l'odore della sua colonia. 

Cercai di convincermi che era tutto uno scherzo. La conoscevo troppo bene, non avrebbe avuto paura di una telefonata o di parlare con qualcuno davanti a tutti. Non era da lei stare sottomessa, o forse sì. Nascondersi? No, non aveva in mano la situazione.

 

Una Cadillac si fermò a fare rifornimento con "Theme from a summer place" a tutto volume. Così irreale quella musica si espandeva sulla mia schiena. La vedevo dallo specchietto, era un ricordo già lontano.

Siamo nel 1963, Martin Luther King tiene il discorso passato alla storia come "I have the dream".

 

 

 
 
 

il senso da dare alle cose

Post n°240 pubblicato il 03 Ottobre 2012 da duerespiri

 

Murphy aveva un lavoro noioso. 

Scattare foto e curiosare nel mondo.

Non era bello, magro, occhiali e orecchie a sventola. Guidava una Triumph bullit con una macchinetta al collo. Il giubbotto di pelle lo faceva sembrare più distante di quello che lui fosse veramente.

Non vi ho detto che amava (non in quest'ordine): Il cinema, le colonne sonore, la fotografia e dire le cose condendo il tutto con queste passioni.

Parlare con Murphy era come sedersi su una poltrona e viaggiare nel mondo senza biglietto.

Murphy da piccolo aveva subito delle violenze, questo non la sapeva nessuno. Questi pensieri a volte erano bolle d'acqua che arrivano dal fondo come fotografie bagnate, scatti dilatati sotto il pelo dell'acqua. 

 

Esterno giorno.

Voce fuori campo.

«Buongiorno signor Dan!»

«Buongiorno Murphy, bella giornata!»

Dan mi porse la mano. «Spero che le cose le girino bene.»

Gli strinsi la mano. «È quel che spero anch'io.»

Accesi la moto con un solo colpo e già mi trovavo sul dosso della collina.

 

Murphy amava una donna senza voce e senza orecchi. Lei aveva solo occhi per leggere e con gli stessi occhi fuggiva dalla finestra al mare per non guardare.

 

Il giorno durava un mese e questo era il senso da dare alle cose.

 

soundtrack

 


 

 
 
 

F.

Post n°239 pubblicato il 02 Ottobre 2012 da duerespiri

A: Non ti fidi di me?

B: mi astengo e rispondo l'anno prossimo!

 
 
 

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