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Post N° 853

Post n°853 pubblicato il 15 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Senza caschi a trenta metri d'altezza così si lavora nei cantieri in nero

Due figurette arrampicate sull'impalcatura a 30 metri d'altezza che sembrano muoversi al rallentatore. "Lo vede? Non hanno il casco che sui ponteggi ti protegge dagli urti ma anche dalla caduta dei materiali" commenta uno degli ispettori mentre gli altri colleghi si preparano all'irruzione con gesti meticolosi affinati dalla pratica di anni: scarpe di sicurezza, protezioni, tesserini fuori dai portafogli.

Siamo a Tor Vergata, estrema periferia sud della capitale, di fronte a un grande cantiere dove sorgeranno tre palazzine zeppe di appartamenti e negozi. Tutt'intorno, grandi cubi di cemento, prati desolati dove ancora brucano le pecore, sterpaglia riarsa. La squadra è pronta al blitz: cinque ispettori del lavoro col caschetto giallo, due carabinieri del comando specializzato che invece lo hanno blu e l'ingegner Biagio Piegari, ispettore tecnico coordinatore che dopo anni e anni di prima linea è passato dietro una scrivania, in giacca e cravatta ma arde dalla voglia di affannarsi, ancora qualche volta, sui ponteggi.

Il gruppo punta deciso verso l'ingresso in una sorta di accerchiamento, intercettato dal responsabile del cantiere, un uomo massiccio che, all'inizio, accoglie i nuovi venuti a muso duro: "Dica? Ma che è sta roba? Chi siete". Di fronte ai tesserini si smonta in un secondo: "Ah, funziona così? Vabbè accomodatevi". E' il momento più delicato, la fase in cui di solito gli operai in nero (quasi sempre immigrati senza permesso che sfacchinano 9 o 10 ore al giorno per 30 euro) cercano di squagliarsela alla chetichella.

"Non corrono mai, se ne vanno con calma per non farsi notare" spiega uno degli ispettori, un tizio massiccio e brizzolato con l'aria scanzonata di chi ha passato mezza vita in mezzo alla strada. "Spesso si infrattano negli interrati e addirittura sotto i materiali. Una volta ne abbiamo pizzicati 20 in un colpo solo". Stamattina la caccia sarà meno fortunata: solo un moldavo ciccione, con una vistosa fasciatura alla mano e l'aria triste, che non solo è clandestino ma ha già avuto il decreto di espulsione.

I due carabinieri chiamano i colleghi della territoriale e, nel giro di mezz'ora, una "gazzella" dell'Arma lo porta via, diretto all'Ufficio immigrazione di via Teofilo Patini. Nel cantiere, intestato a una grande impresa edilizia, lavorano anche quattro ditte in subappalto più una quinta fantasma, che non dovrebbe esserci e non risulta da nessuna parte. Gli ispettori si mettono al lavoro, implacabili: due controllano libri mastri e documentazione contabile, gli altri le impalcature e le misure di sicurezza.

Le verifiche vanno avanti per ore mentre uno dei titolari arriva un po' trafelato su una grossa jeep nera. Finisce con la prevedibile stangata: circa 40 mila euro di multe tra spogliatoi mancanti, barre fermapiede non a norma, qualche tesserino di riconoscimento dei dipendenti "dimenticato" e altre infrazioni. "Per quanto riguarda la sicurezza, sono procedimenti penali - spiega Piegari - i responsabili possono pagare una multa ridotta se si impegnano a mettere tutto in regola entro pochi giorni. Ovviamente, lo fanno tutti. Ma questo, tutto sommato, è un cantiere abbastanza "pulito", abbiamo trovato molto di peggio in passato".

Grazie alla nuova legge dell'agosto scorso, gli ispettori possono sospendere i lavori di un'azienda se, durante i controlli, viene scovato un 20 per cento di dipendenti in nero o, comunque, non in regola come operai a contratto part time che sgobbano tutto il giorno. Le norme più severe sono una delle armi dell'offensiva lanciata dal governo sul fronte insanguinato del lavoro clandestino: 1.302 morti nel 2006 con un aumento del 2,6 per cento rispetto all'anno precedente e 927.998 incidenti segnalati all'Inps, con un incremento vertiginoso tra immigrati e "atipici".

Senza contare i tanti clandestini che, insanguinati o doloranti, se ne vanno in silenzio con una pacca sulla spalla e una manciata di euro come liquidazione. "La percentuale di incidenti nei cantieri non è aumentata, il fatto è che l'edilizia negli ultimi mesi è ripartita - spiega, pragmatico, Piero, un giovane ispettore dal fisico atletico con oltre 10 anni di esperienza - col governo precedente la nostra attività era praticamente paralizzata, adesso abbiamo ricominciato a muoverci anche grazie a uno stanziamento di 4 milioni e 250 mila euro arrivato con la legge 123 dell'agosto scorso".

Quella dell'ispettore del lavoro non è una vita facile: 1400 euro netti al mese (circa 500 in meno dei colleghi dell'Inail e dell'Inps che, almeno dal punto di vista operativo, sono subordinati a loro), controlli con la macchina propria per un rimborso di 26 centesimi al chilometro (un quinto del prezzo della benzina) e, durante le trasferte, un luculliano stanziamento di 20 euro a pasto. Prima di entrare in forze in un cantiere c'è un lavoro di "intelligence" che dura parecchi giorni altrimenti si rischia di andare a vuoto e perdere tempo.

Di solito, non c'è ispezione che non si concluda con qualche verbale e una bella multa. Alle 13, il gruppetto si avvia, a piedi, verso il punto dove sono rimaste parcheggiate le macchine. "Le lasciamo lontane per abitudine - spiega il tizio brizzolato con un ghigno - perché se capiscono che sono le nostre a volte ce le sfondano a martellate".

 
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Post N° 852

Post n°852 pubblicato il 03 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Gli stipendi a luglio crescono dell'1,8%
E' il valore più basso da quattro anni

Non sorridono i lavoratori italiani. Le retribuzioni contrattuali crescono ma a ritmi minimi. I più bassi degli ultimi quattro anni. Nel mese di luglio, le retribuzioni sono cresciute dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente. Lo scostamento rispetto a luglio dell'anno scorso è invece dell'1,8 per cento, di un soffio sopra l'inflazione che nello stesso mese è stata pari all'1,6%. A renderlo noto è l'Istat. Per trovare un dato simile, spiegano dall'Istituto di statistica, è necessario andare indietro fino al giugno 2003 quando l'incremento fu dell1,7 per cento.

Chi rallenta di più. A subire il maggiore rallentamento sono state le retribuzioni delle forze dell'ordine che sono cresciute solo dello 0,3 per cento. Sono aumentati poco anche i valori contrattuali degli addetti del settore militare e della difesa e del comporato delle assicurazioni (+0,6%). Variazione nulla per i contratti di pubblici esercizi e alberghi, credito, scuola, ministeri, regioni, autonomie locali e servizio sanitario nazionale.

Chi sale di più. A crescere di più, tra luglio 2006 e luglio 2007, sono stati invece gli stipendi degli addetti del comparto dell'energia elettrica, gas ed acqua, dove l'incremento ha toccato il 5,1 per cento, seguiti da quelli dall'edilizia (+4,1%) e dai servizi alle famiglie (+3,5%).

Minore copertura contrattuale. Cresce il numero dei contratti scaduti in attesa di rinnovo. A luglio solo il 25% dei contratti era in vigore mentre nel mese di giugno erano il 40 per cento. Sono infatti solo 40 gli accordi non scaduti che regolano il trattamento economico e normativo di 3,4 milioni di dipendenti.

Sono invece 36 i contratti decaduti che regolano il rapporto di lavoro di circa 8,9 milioni di dipendenti e al 74,3% del monte retributivo totale.

Gli incrementi sul mese. Il rialzo dello 0,1% registrato nel mese di luglio è riconducibile agli aumenti tabellari di alcuni contratti vigenti (cemento, calce e gesso, gomma e plastiche, trasporti aerei-servizi a terra e banca centrale) e alla revisione degli importi dell'indennità di vacanza contrattuale per il settore del commercio, delle poste e dei servizi di smaltimento rifiuti. Hanno inciso anche lacune specifiche indennità per gli addetti del settore del vetro, dell'energia elettrica e dell'edilizia.

Gli scioperi. Nei primi cinque mesi del 2007 sono state 824 mila le ore non lavorate per conflitti causati dal rapporto di lavoro: il 63,4% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La gran parte degli scioperi sono riconducili al rinnovo del contratto e alle altre cause residuali, con quote percentuali sul totale delle ore non lavorate rispettivamente pari al 26,2% e al 41,1%.

 
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Post N° 851

Post n°851 pubblicato il 03 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

3 settembre 1982: la mafia uccide Dalla Chiesa

Palermo rende omaggio al prefetto dei 100 giorni, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa assassinato la sera del 3 settembre 1982. Nell'agguato di via Isidoro Carini morirono anche la moglie del generale Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo.

Venticinque anni dopo alla cerimonia di commemorazione corone di fiori sostituiscono la scritta «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti», che poche ore dopo i massacro apparve sul luogo del triplice omicidio. «Occorre fare in modo che il sacrifico del generale Dalla Chiesa non resti vano» ha dichiarato il procuratore nazionale Pietro Grasso «bisogna tesaurizzare gli insegnamenti che ci ha lasciato sia in relazione al modo di condurre le indagini, sia sotto il profilo umano e dell'impegno». «Mi auguro» ha aggiunto Grasso «che si tragga esperienza dal passato: quando lo Stato di fronte ad una presa di posizione forte della mafia ha avuto una reazione globale e concreta».«Certamente» conclude «negli ultimi tempi c'è un ulteriore pressione di Cosa Nostra sotto il profilo delle intimidazioni». Ma soprattutto il procuratore ha sottolineato come «ancora oggi non sia del tutto chiaro il contesto nel quale è maturato questo efferato assassinio» per il quale sono stati condannati all'ergastolo i boss Antonio Madonia e Vincenzo Galatolo e a quattrodrici anni di carcere i collaboratori di giustizia Paolo Anselmi e Calogero Ganci. «Qualcuno» ha continuato Grasso «voleva ucciderlo già tre anni prima del suo insediamento a Palermo». Il procuratore ha ricordato anche la richiesta coraggiosa del generale Dalla Chiesa di assumere poteri di coordinamento avendo compreso la necessità di «far convergere contributi diversi nella medesima direzione».

«A venticinque anni dall'efferato omicidio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente della polizia di stato Domenico Russo, avvertiamo con speciale intensità il valore del suo impegno al servizio delle istituzioni democratiche», scrive il Presidente della camera Fausto Bertinotti, in un messaggio al prefetto di Palermo Giosuè Marino. «Nella sua profonda adesione ai valori della costituzione repubblicana e nel rigore civile e morale che ne hanno segnato il difficile impegno contro il terrorismo e contro la mafia, la comunità nazionale continua a trovare un importante punto di riferimento cui debbono guardare con grande attenzione i giovani, i movimenti e le associazioni che con il proprio entusiasmo e la propria capacità di proposta animano l'azione di contrasto della società civile alla violenza della criminalità organizzata».

Dopo le celebrazioni nella Chiesa di Santa Maria Monserrato a piazza Croci è seguita la cerimonia di titolazione al generale Dalla Chiesa della caserma sede del Comando regionale carabinieri Sicilia. «Il generale Dalla Chiesa aveva senso dello Stato, spirito di giustizia, onestà e temperamento. E aveva un'istintiva generosità e profonda umiltà. È un'icona del nostro tempo che suscita rispetto e ammirazione non solo tra i militari dell'Arma» dice Gianfrancesco Siazzu, comandante generale dell'Arma dei carabinieri, che aggiunge «la signora Agnese Borsellino è la madrina della cerimonia». Agnese Borsellino è la vedova del magistrato Paolo, ucciso nella strage di via d'Amelio il 19 luglio 1992 a Palermo.

«Bisogna creare una mobilitazione generale di persone che sentano come decisiva la lotta alla mafia» dichiara invece il sottosegretario agli Interni, Alessandro Pajno durante la cerimonia. «Il cambio culturale di mentalità». In tal senso si muove la decisione di Confindustria, di espellere dall'associazione chi paga il «pizzo». «Si tratta di un passo importante» ha aggiunto Pajino. «Confindustria avrà il sostegno dello Stato. Le forme e i modi saranno esaminate e successivamente decise, ma il governo non lascerà solo chi ha capito che pagare il pizzo è un disvalore.

 
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Post N° 850

Post n°850 pubblicato il 03 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Istat: le retribuzioni crescono solo dell'1,8%, al minimo da 4 anni

L'aumento delle retribuzioni, pari a luglio all'1,8%, è il più basso degli ultimi quattro anni. Lo comunica l'Istat precisando che per riscontrare un tasso di crescita più basso bisogna risalire a giugno 2003 (+1,7%).

Nel confronto annuale gli aumenti delle retribuzioni più significativi sono stati registrati nell'energia elettrica, gas ed acqua (+5,1%), edilizia (+4,1%), servizi alle famiglie (+3,5%). Viceversa gli incrementi più contenuti sono stati quelli di militari-difesa e assicurazioni (per entrambi +0,6%) e per le forze dell'ordine (+0,3%).

Guardando alla copertura contrattuale l'Istat ha riscontrato una marcata riduzione della quota dei contratti in vigore: dal 40%  di giugno al 25,7% di luglio. Alla fine di luglio risultano pertanto in vigore 40 accordi che regolano il trattamento economico e normativo di 3,4 milioni di dipendenti. Al contrario risultano scaduti 36 contratti relativi a circa 8,9 milioni di dipendenti e al 74,3% del monte retributivo totale.

 
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Post N° 849

Post n°849 pubblicato il 01 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Call center ( e non solo!!! ) e coscienza di classe

Non credo che esista un luogo sociale più attendibile, dal punto di vista dell’analisi politica, e più interessante di un call center.

Un call center è un luogo in cui, generalmente, convergono i rappresentanti – e più spesso le rappresentanti – di varie classi sociali, improvvisamente livellate dalla condivisione di una stessa condizione che è quella del precario.

La moltitudine di donne sulla trentina, spesso laureate, con famiglia benestante alle spalle, più o meno dotate di prole e di matrimonio fallito, è compensata dalla valanga di ragazzine ventenni, a volte senza diploma e senza altra esperienza lavorativa, con alle spalle esperienze di disagio familiare e scolastico. A volte, oltre a queste ricorrenti classi umane femminili, in un call center si può incontrare la cinquantenne, autonoma e risoluta, proveniente da esperienze lavorative pluriennali presso quelle aziende private che, da qualche anno a questa parte, stanno cercando di risanare le proprie finanze effettuando tagli del personale e ridimensionamenti.

Il call center, che dovrebbe essere oggi il luogo più a sinistra possibile in cui convergono le varie categorie di disoccupati, licenziati, precari, arrangiati e, se vogliamo, diseredati di vario tipo, è invece, generalmente, un luogo piramidale, affollato di donne (e a volte uomini) che credono nell’individualismo, nella produzione, nella vendita a tutti i costi, nei “numeri”, che si regge su una struttura di tipo verticale e sulla competizione – molto ben riuscita - tra pari e in cui, quando si prova a rivendicare i tipici diritti inalienabili dei lavoratori, ci si sente rispondere, a ragione (eh! Sì, proprio così: a ragione!) picche. Perché un operatore telefonico è burocraticamente assimilabile ad un lavoratore autonomo. Eppure, sebbene il contratto a progetto, il tipico contratto da telefonista, implichi l’autoregolamentazione e, sostanzialmente, un comportamento da “libero professionista” che deve mirare a tutelare al meglio il proprio personale equilibrio di costi (in termini di tempo impiegato) e benefici (in termini di guadagno), ciò che si richiede all’operatore è il bene dell’azienda, la produzione a tutti i costi, orari di lavoro fissi, in una parola: dipendenza. La fedeltà a questi regolamenti interni e non scritti è ottenuta tramite l’invenzione di quel meraviglioso ultimo ritrovato della psicologia dello sfruttamento consenziente delle risorse umane, che si chiama premio di produzione o “incentivo”.

Eppure, l’azienda non ha alternative.

Da parte dell’azienda si tratta, in realtà, di richieste normalissime, perché l’utilizzo del contratto a progetto non rispecchia, come dovrebbe essere in teoria, la necessità di avere personale flessibile, autoregolamentato ed autonomo per il buon esito di un progetto comune concordato tra azienda e operatore, ma l’impossibilità di assumere in altro modo gli operatori, pena il tracollo dell’azienda stessa.

Il ricatto che, implicitamente, ogni operatore telefonico subisce all’atto della sottoscrizione del contratto, accettando di risultare sulla carta un libero professionista – e quindi di non avere tutele, o avere tutele parziali da parte dell’azienda in cambio di una totale autonomia e flessibilità di modalità, orari e possibilità di conciliare eventuali altre attività – per un lavoro di dipendenza, che, se non fosse per questo contratto anomalo e compromettente, nemmeno esisterebbe.

Nella pratica, ciò che rende il lavoro dell’operatore telefonico un rapporto di dipendenza nei confronti dell’azienda è legato al vincolo della “postazione”.

Se il contratto prevede che le telefonate siano fatte dall’ufficio, dovrebbe evidenziarsi in modo matematico che, se un’azienda ha 60 postazioni telefoniche e 120 collaboratori, i 120 collaboratori devono necessariamente avere degli orari, per potersi garantire la possibilità di lavorare in maniera continuativa e portare avanti il progetto. Nel caso in cui il collaboratore perda un giorno di lavoro, gli sarà molto difficile poterlo recuperare facendo gli “straordinari liberi”, come un qualsiasi libero professionista fa abitualmente, a propria discrezione, perché troverà la postazione occupata. Nel caso in cui il collaboratore perda un giorno o più giorni di lavoro per malattia, motivi familiari, incidenti, imprevisti e varie, perde, quindi, anche uno o più giorni di retribuzione che non avrà modo di autorisarcirsi.

Inoltre, l’eventualità prevista implicitamente dal contratto, di portare avanti altri lavori ugualmente elastici, viene in concreto annullata dalla suddetta mancanza di flessibilità e di elasticità da parte dell’azienda e, nel caso in cui ci si assenti per vari giorni dalla propria postazione, si viene penalizzati, non soltanto a causa della mancata retribuzione della giornata, ma anche e soprattutto a causa del mancato raggiungimento dei cosiddetti “obiettivi” e dal mancato ottenimento dei premi produzione, massima finalità di ogni operatore coscienzioso, che non può certo campare con un fisso di 500 euro al mese o giù di lì.Ammesso e non concesso che ce l’abbia!

Infatti in molti call center non è neanche previsto un fisso.

E lo stesso discorso vale, oltre che per gli operatori di call center, per tutti quei lavoratori che attorno ai call center gravitano: intendo le figure dei Consulenti/ Agenti/Funzionari di Vendita, che svolgono la loro “attività” a progetto fuori dell’azienda, su appuntamenti presi dagli operatori telefonici, e quando gli appuntamenti non ci sono, per raggiungere l’obiettivo, guadagnarsi cioè i gettoni provvigionali ( ossia la “pagnotta” ), sono costretti ad andare in giro, porta a porta, a cercarsi nuovi clienti, senza un rimborso spese, senza un guadagno certo mensile, senza sapere se quel giorno guadagneranno, o avranno non solo non guadagnato ma addirittura rimesso soldi, e tempo!

Ma ogni mese si mangia, si devono pagare luce, gas, acqua. Se poi si ha famiglia, e figli, come si puo’ riuscire a pagare centinaia di euro in libri, o migliaia di euro per tasse universitarie? E, per i “vizi”, e con essi non intendo una “prostituta” in un bell’hotel romano, con feste annaffiate da champagne e polvere bianca, ma un cinema o una pizza, neanche a parlarne.

Il lavoratore precario, si trova dunque, a ben vedere, in una condizione notevolmente sfavorevole rispetto a quella che fu dei nostri avi proletari, ai quali borghesi e intellettuali si preoccuparono di definire un ruolo e diritti e doveri precisi che, nel mondo di oggi, non solo vengono negati dall’esterno, ma vengono a negarsi anche e soprattutto dall’interno, dovendo fare, più o meno coscientemente, i conti con la condizione finanziaria dell’azienda, con il suo fatturato annuo e con il businnes plan, in cui prevedere di raddoppiare le uscite con eventuali assunzioni a tempo determinato o indeterminato, anche solo per una parte degli operatori, comporterebbe il suicidio economico collettivo.

Da parte di chi amministra il paese, ci sarebbe bisogno di una riflessione politica a partire dal reale, che permetta di concepire contratti di lavoro più fedeli alla realtà e alla concreta condizione del lavoratore precario, che, nella maggior parte dei casi, non è flessibile per propria scelta e non ritrova mai, in questa flessibilità, gli stessi benefici di un lavoratore autonomo. Contratti che, dall’altra parte, tengano conto della concreta condizione delle aziende che garantiscono questo tipo di occupazione. Sebbene ne faremmo tutti volentieri a meno, queste aziende devono essere anch’esse tutelate, affinché chi non riesce ad inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro, per sovraffollamento e cattiva gestione statale, regionale e provinciale di finanziamenti, incentivi e vaucer, abbia almeno questa pseudo-chance di sopravvivere alla giornata.

L’assurdo è che una categoria di veri e propri diseredati, sempre più vasta e variegata, continui a concepirsi non come “precariato”, ma in rapporto ad una condizione futura sognata, più che progettata e programmata, ed a comportarsi come se si fosse un po’ tutti ricchi, nobili e privilegiati, nell’antitetica esibizione di marchi, loghi e attuali simboli di un benessere appena sfiorato e sempre traballante.

E è questo che, più di ogni altra cosa, induce alla riflessione e a ripensare lo stesso concetto di sinistra che si trova a rappresentare (lontanamente e male) una moltitudine inconsapevole, che vive nella costante illusione di poter essere o diventare qualcos’altro e ragiona non in base alle proprie necessità reali, ma in base ai sogni che coltiva.

Se non esiste una base da rappresentare e tutelare, o meglio se la base non è cosciente della propria condizione di debolezza, quale dovrebbe mai essere oggi il compito di una sinistra, che voglia essere concretamente una sinistra?

di Letizia Tassinari

 
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Post N° 848

Post n°848 pubblicato il 01 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

D'Alema: «Ministri in piazza? Contraddizione insostenibile»

«Se i ministri manifestano contro il governo questo pone dei problemi al governo. È una contraddizione insostenibile». Lo ha detto il ministro degli Esteri Massimo D'Alema alla festa dell'Udeur a Telese Terme, in merito alla manifestazione del 20 ottobre promossa dalla sinistra radicale.

D'Alema ha precisato di non usare, «anche per ragioni scaramantiche, l'espressione "crisi di governo"». La presenza dei ministri in piazza, secondo l'esponente della Quercia, «sarebbe un segno di debolezza e non di forza. Chi governa non fa i cortei contro il governo ma governa». 

 
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Post N° 847

Post n°847 pubblicato il 01 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Mi dimetto da intellettuale di sinistra

L'intervento di Alberto Asor Rosa sul caso lavavetri

Caro Direttore, trovo indecente l’ordinanza del Comune di Firenze sui lavavetri di strada, non perché rappresenta un’offesa alla morale rivoluzionaria, ma perché è una cialtronata. Sarebbe come se, in presenza di una gravissima emergernza igienica, le autorità preposte andassero in giro ad ammazzare le mosche con i giornali arrotolati. Mi spiego.
Le condizioni delle città italiane sono mediamente fra le peggiori d'Europa. Roma è la città più sporca dell'emisfero occidentale (se si esclude Napoli). Il centro storico di Firenze ha preso l'aspetto e le abitudini di un suk arabo (oddio, che lapsus!). Bologna non riesce a risollevarsi dalla grigia, spenta aura guazzalocchiana. Milano, un tempo capitale morale e culturale d'Italia, sembra un sobborgo di Rogoredo. Napoli, appunto, è sommersa dall'immondizia. Ovunque, ogni giorno, ci si deve confrontare con degrado e speculazione del territorio e dell'ambiente, di cui spesso le amministrazioni locali sono complici. Questo sì che sarebbe un tema interessante per una grande inchiesta: il confronto, su valori ben accertati (pulizia, servizi, trasporti, traffico, sanità, ecc.), tra le più importanti città italiane e, poniamo, Parigi, Londra, Berlino, Zurigo, Bruxelles e Madrid. Vediamo sul serio a che punto le cose sono. Perché allora cominciare a prendersela proprio con i lavavetri di strada? Per due motivi, credo. Innanzitutto, perché quando io vado a caccia di mosche a casa mia con il giornale arrotolato (retaggio, me ne rendo conto, di abitudini antiche, sorpassate dalle alte tecnologie contemporanee), meno tali fendenti che il mio cane spaventato corre in un'altra stanza: lui crede che sia scoppiata la Terza Guerra Mondiale.

Nello stesso modo si comportano i sindaci di casa nostra (come me; non come il mio cane). Menano fendenti sulle mosche: così il pubblico si distrae e non pensa ad altro. In secondo luogo, perché l'ordinanza costituisce un piccolo ma significativo passo avanti nella realizzazione di quella ormai onnipresente costituzione materiale, che sta alla base del PUCD = Partito Unico del Conformismo Dominante. Per forza che la maggioranza, la grande maggioranza, sta con l'ordinanza del Comune di Firenze: mettete insieme la quasi totalità dell'elettorato di centrodestra con la maggioranza di quello di centrosinistra, e avrete questa spaventosa miscela di conformismi, questo incontro di volontà armate, che, invece di confrontarsi e scontrarsi, come sarebbe giusto, beatamente si incontrano e si sommano sui principi fondamentali, il più importante dei quali dice: per favore, preferirei non essere disturbato. Resta solo da chiarire quale sarà il prossimo soggetto disturbante (ma non c'è che l'imbarazzo della scelta: il Pucd, perciò, ha possibilità infinite davanti a sé). Naturalmente — voglio dirlo proprio solo alla fine, perché tanto so che i miei interlocutori sono del tutto insensibili a questo tipo di argomento —, a me fa impressione anche che, nella catena infinita dei problemi, i nostri amministratori comincino esattamente dagli ultimi (ultimi in tutti i sensi: in ordine di importanza; e dal punto di vista della miserabilità della condizione umana dei soggetti interessati). Ma questo è un riflesso condizionato d'ordine morale: cosa d'altri tempi, e non mette neanche conto parlarne.

P.S. So benissimo che Pierluigi Battista è abituato alle distinzioni e alla complessità dei problemi; perciò mi stupisco che da qualche tempo a questa parte usi categorie troppo generali, la cui correttezza mi pare ormai poco fondata. «Intellettuali di sinistra»? Mi pare che la categoria non esista più: almeno da quando si è totalmente svuotata o perlomeno fortemente indebolita e confusa quella di «politici di sinistra». Comunque io ne sono uscito volontariamente da almeno un decennio, da quando ho scoperto che stare nello stesso contenitore con altri intellettuali che si definivano in qualche modo di sinistra, non era più commendevole. Quindi, faccio da me. Del resto, come è noto, chi fa da sé fa per tre. O almeno lo spero.

 
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Post N° 846

Post n°846 pubblicato il 12 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Morti bianche: non c'è sicurezza, due operai uccisi

Un morto mentre stava riparando una cisterna, un morto a causa di un infortunio mortale: colpito al capo da un braccio meccanico che stava manovrando, quest'ultimo è deceduto dopo due giorni di ricovero. Sono due gli incidenti sul lavoro che, nelle ultime ore, sono costati la vita a un operaio di 37 anni, Giacomo Ligorio, di Grottaglie, in provincia di Taranto; e a un operaio di 48 anni, Giovanni Giordano, di Cosenza.

I due incidenti - ovviamente - non hanno niente a che fare l'uno con l'altro. Ligorio è deceduto cadendo da una scala alta quattro metri durante i lavori di riparazione, come detto, di una cisterna in un'abitazione di campagna di alcuni amici. L'uomo, operaio dell'Ilva di Taranto - secondo la prima ricostruzione dei fatti - è scivolato dalla scala precipitando all'interno della vasca. Ha battuto violentemente la testa ed è morto sul colpo.

 
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Post N° 845

Post n°845 pubblicato il 12 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

«Abrogare la Biagi? Rifondazione non si faccia il suo programma»

«Le parole di Caruso non preparano un autunno caldo, ma di odio», dice il ministro del Lavoro Cesare Damiano. Una situazione pericolosa, «che va sconfitta prima sul piano etico e culturale per ripristinare una normale dialettica politica basata sui fatti», aggiunge, chiedendo alla sinistra radicale di prendere nettamente le distanze.


Non tutti lo hanno fatto...
«E questo è molto preoccupante. Spetta all'Unione, ma soprattutto ai suoi partiti più radicali fare una buona informazione oggettiva su quello che ha fatto il governo sul terreno sociale, e cioè tantissimo in soli 14 mesi. Proseguiremo nell'applicazione graduale del programma, ma bisogna pure riconoscere il lavoro fatto».

Pensa che ci sia ambiguità, in questo, nella sinistra radicale?
«Quando sento alcuni parlamentari che dicono espressamente di cancellare la legge Treu e la legge Biagi penso di sì. Io ho scritto il programma dell'Unione con Treu e Ferrero.
Vorrei suggerire a chi fa cattiva propaganda che la cancellazione della Treu non è assolutamente contemplata. Le dirò di più, io il pacchetto Treu lo condivido, perché è il risultato di una concertazione e regolazione positiva del mercato del lavoro».

E la Biagi?
«Nel programma si parla del suo superamento, si indicano le forme di lavoro flessibile da cancellare» Nessuna abrogazione, come chiede il Prc?
«Io l'ho anche usata, la Biagi, per dare un giro di vite ai call center dove si abusava del lavoro a termine. Ci sono parti buone e sbagliate».

Nel programma c'è scritto che il governo è contrario ai contenuti di quella legge.
«...e alle forme di lavoro più precarizzanti».

Ci saranno dunque altre modifiche oltre quelle previste dal protocollo?
«Seguiremo il programma: supereremo la Biagi anche con profonde correzioni. Il protocollo non esaurisce certo la tematica del mercato del lavoro, abbiamo ancora tre anni di legislatura e il Protocollo è solo una tappa. Però è l'accordo più importante fatto dall'83 ad oggi e sa perché? Perché gli altri erano scambi, questo è totalmente acquisitivo a vantaggio dello stato sociale. Sono quasi 40 miliardi di euro in dieci anni».

Nel protocollo ci sono un paio di passaggi controversi sulla Biagi. Sindacati e sinistra chiedono di renderli più incisivi.
«Abbiamo già detto che nella traduzione del protocollo in una norma di legge chiariremo alcune cose. La nostra intenzione resta quella di combattere l'uso distorto dei contratti a termine».

Però il termine perentorio dei 36 mesi è saltato.
«Daremo indicazioni molto severe agli uffici provinciali del lavoro, dove sarà obbligatorio stipulare eventuali contratti a termine successivi al periodo massimo dei tre anni. Il nuovo contratto dovrà essere un'eccezione motivata, e sorveglieremo sull'applicazione non strumentale di questa norma».

Lo staff leasing, non doveva essere cancellato?
«La verifica che abbiamo previsto sullo staff leasing si muoverà comunque nella direzione del programma, che prevede la sua cancellazione. Se Rifondazione vuole cancellare il pacchetto Treu parla del suo programma, non del nostro. Non è che se ne può inventare ogni giorno uno diverso: il programma quello è, e abbiamo già fatto tantissime cose a vantaggio della parte più debole del paese».

Lo spieghi al Prc.
«Sono loro che le devono spiegare ai loro elettori, sennò prevale l'anatema e la disputa ideologica. Abbiamo premiato il lavoro a tempo indeterminato, reso più costoso quello determinato, iniziato l'assunzione dei precari, dato sostanza alle loro pensioni e a quelle dei giovani. Abbiamo creato nuovi ammortizzatori e dato nuove tutele, fatto norme migliori sulla sicurezza del lavoro. Abbiamo assunto 1.400 ispettori e cominciato a ridurre il lavoro nero. Il controllo dei cantieri ha portato alla sospensione di 1.760 imprese e all'emersione in dieci mesi 143 mila lavoratori. Secondo l'Inps nell'edilizia i contributi sono aumentati di 56 milioni. Tutto questo cos'è? Quando servono soldi, Rifondazione questi provvedimenti che hanno portato gettito se li ricorda. Poi per la propaganda politica non vanno bene...».

Critiche pretestuose?
«Quando prescindono dal programma del governo, sì».

Che ne pensa della manifestazione del 20 ottobre? Caruso ci sarà, e anche Paolo Ferrero.
«Mi auguro che i ministri si astengano dal partecipare ad una manifestazione contro il governo e alla quale partecipano queste frange così radicali. Anche perché, poi, io non credo assolutamente al doppio abito, non puoi essere di governo e di opposizione».

 
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Post N° 844

Post n°844 pubblicato il 12 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Caruso: "Mi autosospendo
dal gruppo di Rifondazione"

"Mi autosospendo dal gruppo Prc-Se". Dopo le polemiche seguite alle sue parole su Tiziano Treu e Marco Biagi il parlamentare di Rifondazione prova così a mettere fine a quello che definisce un "linciaggio politico". Un comunicato di poche righe in cui rende nota la sua decisione dopo giorni di richieste di dimissioni, di scuse.

Parlando dell'ex ministro e del giuslavorista ucciso dalle Br Caruso aveva detto: "Le loro leggi hanno armato le mani dei padroni, per permettere loro di precarizzare e sfruttare con maggior intensità la forza-lavoro e incrementare in tal modo i loro profitti, a discapito della qualità e della sicurezza del lavoro". Un po' meno di quell'"assassini" che era la primissima accusa lanciata ma comunque troppo poco per frenare le polemiche.

Parole "devastanti" ammetterà poi lo stesso deputato di Rifondazione che chiederà anche scusa. Ma intanto la palla di neve è diventata valanga portando sconcerto e divisione anche all'interno di Rifondazione comunista. I vertici sono coesi: "Parole indegne ma i processi non si fanno sui giornali, a settembre riuniremo il gruppo parlamentare e decideremo", dice il capogruppo Gennaro Migliore dopo la dura condanna del segretario Franco Giordano e il malumore fatto trapelare dallo stesso Fausto Bertinotti in una telefonata a Treu. Ma la base non è tutta contro il parlamentare e fa giungere via web la solidarietà al disobbediente campano. Il tutto mentre la destra attacca lancia in resta e gli alleati nell'Unione chiedono a Rifondazione di "chiarire la propria posizione".

Insomma una bufera che ha esposto il partito a bordate di ogni tipo. E così oggi Caruso decide per l'autosospensione e specifica: "E' una scelta individuale e personale fatta senza alcuna sollecitazione. Voglio provare a mettere un freno a questo linciaggio politico". Una scelta che Migliore apprezza: "Credo che Caruso si sia reso conto della difficoltà in cui il suo gruppo si è trovato dunque questa scelta mi pare un segno di rispetto".

Ma, Treu, il bersaglio della polemica di Caruso non si accontenta. "E' una prima misura minima - dice - ma non credo sia sufficiente, aspettiamo cose più politicamente significative, soprattutto da parte del Prc. C'è un problema politico generale, perché le sue affermazioni non sono state smentite da alcuni altri suoi colleghi, dalla Menapace a Cento, che anche se con altri toni, hanno continuato un attacco sbagliato contro leggi che non sono colpevoli del precariato. Semmai hanno cercato di regolare e migliorare il sistema, e i dati lo confermano. A settembre mi aspetto una presa di posizione più significativa".

 
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Post N° 843

Post n°843 pubblicato il 10 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Caruso: "Biagi un povero Cristo - Mi spiace, ma anche lui sfruttato"

Alla fine, dopo dodici ore di polemiche e di attacchi per quelle parole assurde contro i giuslavoristi Biagi e Treu, l'onorevole disobbediente Francesco Caruso trova la frase che corregge fino a smentire quello che aveva detto in mattinata. "No ho mai accusato nessuno di essere un assassino - precisa - Non volevo offendere chi ha sofferto e ancora soffre. Penso che sarebbe giusto però abrogare le leggi dei due giuslavoristi che hanno reso assai più precarie le condizioni di lavoro. Fare questo può essere una forma di risarcimento e di rispetto per i morti sui posti di lavoro. Abrogare questo impianto normativo e ridare dignità e diritti ai precari è uno dei punti del programma di centrosinistra. Lavorare perchè ciò avvenga è un mio preciso dovere etico, prima ancora che politico".

Onorevole Caruso, il suo segretario Franco Giordano dice che
le sue parole su Biagi e su Treu sono "incompatibili con Rifondazione". Cosa risponde?
"Mi spiace che Giordano pensi questo. Comunque io non sono iscritto a Rifondazione e non vedo come possa essere incompatibile con qualcosa di cui non faccio parte".

Non la possono espellere, come è già successo a un suo collega senatore?
"Non possono espellermi da un partito a cui non sono iscritto. Posso mettermi fuori dal gruppo: se la mia presenza dentro Rifondazione è un problema, se ne potrà discutere nella prima riunione alla riapertura dei lavori parlamentari".

Le sue parole sui due illustri giuslavoristi sono inaccettabili. Lei ha detto che "Biagi e Treu, con le loro leggi, sono degli assassini". Biagi è stato assassinato dalle Br nel 2002, sotto casa. La reazione di Giordano non è così insolita.
"Una delle caratteristiche di Rifondazione è proprio la pluralità di pensiero e di esperienze. Finora sono state una ricchezza e non un limite. Comunque spiego meglio quello che volevo dire...".

Ecco, lei ha detto "Biagi e Treu assassini".
"Sta venendo fuori un polverone assurdo. Mi rendo conto che quello che ho detto non è politically correct. Volevo dire è che quel povero uomo di Biagi, il pacchetto di norme sulla flessibilità e sulla riforma del lavoro che portano il suo nome, tutto questo è stato strumentalizzato dalla destra per creare condizioni di lavoro assurdo, precario, instabile, incerto".

Onorevole, cosa c'entra la riforma del lavoro di Marco Biagi con le morti bianche nei posti di lavoro?
"Quelle leggi sono state usate per armare le mani dei padroni e permettere loro di precarizzare e sfruttare con maggiore intensità la forza-lavoro e incrementare i profitti. Mille e duecento morti sui posti di lavoro in un anno, una media di quattro morti al giorno: questo è inaccettabile; questo deve far vergognare. Allora però succede che nessuno si sente responsabile per questi morti, così, sono morti per caso. E invece no: ci sono responsabilità politiche precise. Sono sconcertato".

Da cosa?
"Da questo moto isterico e collettivo di autoassoluzione che parte dalla casta, dalla classe politica. Qualcuno si vuol prendere la responsabilità politica di queste morti?".

Quali sono le "responsabilità politiche precise"?
"Quelle di uno Stato e di un governo che accettano - tanto da definirle per legge - condizioni di lavoro precarie, instabili e incerte. Ecco: io questo volevo dire. Mi spiace per Biagi, lui è solo un povero cristo che è stato usato. Anzi, sfruttato".

Caruso, dove si trova adesso?
"A Serra d'Ajello, provincia di Cosenza. Ci sono trecento persone, i dipendenti dell'istituto Papa Giovanni che rischiano di perdere il posto di lavoro dopo gli sperperi e le ruberie dei responsabili dell'istituto su cui indaga la procura".

 
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Post N° 842

Post n°842 pubblicato il 10 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Esplode ditta fuochi d'artificio Muore il figlio del titolare

Caruso: «Treu e Biagi gli assassini»

Una fabbrica di fuochi pirotecnici è esplosa oggi a Cerchio (L'Aquila). Lo stabilimento è andato distrutto. Una persona è morta. La persona deceduta è Renato Amiconi, di 29 anni, di Cerchio, figlio del titolare della ditta.

In un primo momento si era temuto che vi potesse essere una seconda persona coinvolta: invece i Carabinieri dopo avere sentito alcuni testimoni e familiari hanno accertato che al momento dell'esplosione nella casamatta stava lavorando solo un uomo. I Carabinieri della stazione, coadiuvati da quelli di Avezzano, e i Vigili del Fuoco di Avezzano sono riusciti ad isolare le fiamme provocate dall'esplosione dalle altre tre case matte presenti nella zona. Per il momento non si conoscono le cause dell'incidente.

L'esplosione, riferiscono fonti dei vigili del fuoco, ha investito una vasta zona e potrebbe aver coinvolto altre due casematte nelle vicinanze.Nel corso dell'ultimo quinquennio si sono verificati, nel settore della pirotecnia, 366 infortuni sul lavoro (circa una settantina l'anno) di cui ben 23 con esiti mortali (per una media di quasi 5 morti l'anno). Lo rende noto, in un comunicato, l'Inail poco dopo l'esplosione della fabbrica di fuochi d'artificio a Cerchio (L'Aquila).

Secondo l'Inail, la quota più elevata di infortuni si registra nelle regioni del Mezzogiorno con circa il 60% degli infortuni in generale e la totalità delle morti. Attività, quelle pirotecniche, dall'«elevato potenziale di rischio, soprattutto nella fase di lavorazione e preparazione dei prodotti pirotecnici. Si tratta - si legge nel comunicato - di un settore produttivo di »nicchia« (circa 850 aziende assicurate per un totale di poco più di 1.500 addetti) caratterizzato da una struttura estremamente precaria e frammentata (una media pari a meno di 2 addetti per azienda), da un tipo di lavorazione a carattere prevalentemente artigianale e manuale e da un forte radicamento nelle regioni del Mezzogiorno, dove la pratica dei botti e dei fuochi di artificio costituisce l'immancabile corollario, soprattutto nella stagione estiva, alle tradizionali feste popolari».

Sulle morti sul lavoro si scatenano le polemiche per le parole, poi corrette del parlamentare indipendente di Rifondazione comunista Francesco Caruso. Riferendosi ai morti di mercoledì Caruso ha detto: «Angelo aveva 35 anni, viveva e lavorava a Mugnano, Cristian ne aveva solo 16 di anni, viveva e lavorava a Bolzano. Angelo e Cristian ieri sono morti assassinati nei loro rispettivi cantieri di lavoro. I loro assassini sono Treu e Biagi, le cui leggi hanno armato le mani dei padroni, per permettere loro di precarizzare e sfruttare con maggior intensità la forza-lavoro e incrementare in tal modo i loro profitti, a discapito della qualità e della sicurezza del lavoro». La sortita ha provocato reazioni di condanna da tutte le forze politiche, dal ministro del Lavoro Cesare Damiano («da Caruso parole demenziali») e dallo stesso Prc.
Anche il Quirinale interviene: «Indegno vaneggiamento».

Poi però Caruso ha corretto il tiro: «Mi dispiace profondamente per il polverone che si è sollevato. Mi preme sottolineare che Treu e Biagi non sono gli assassini, ma coloro i quali hanno fornito armi e strumenti a padroni senza scrupoli che sono i veri assassini dei lavoratori, e che continuano ad abbassare i sistemi di sicurezza e i salari degli operai».

A scaricare Caruso c'è anche il segretario di Prc Franco Giordano. «Le parole di Francesco Caruso sono culturalmente incompatibili con l'impostazione da sempre adottata dal Partito della rifondazione comunista. Sono parole in libertà di cui il solo responsabile è il deputato Caruso. Resta invece aperta e ferma la battaglia politica e culturale di Rifondazione comunista contro la precarietà e contro la drammatica cronaca di morti annunciate e di incidenti sul lavoro».

 
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Post N° 841

Post n°841 pubblicato il 10 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Comunicato del Cdr de "L'Unità"

Trasparenza. È ciò che il Cdr, le redattrici e i redattori de l'Unita hanno sempre chiesto alla proprietà. Trasparenza sui piani industriali e sul futuro del giornale. E trasparenza torniamo ad esigere oggi di fronte a voci, sempre più insistenti e particolareggiate, su trattative in corso per la cessione del pacchetto azionario di maggioranza della Nie. Nel rivendicare la trasparenza come elemento fondamentale di corrette relazioni sindacali, il Cdr ribadisce che non esistono preclusioni di principio all'ingresso di nuovi soci, a patto che vengano salvaguardate due condizioni per noi irrinunciabili: la piena garanzia di autonomia della linea editoriale; il rafforzamento de l'Unità come ‘primo giornale', il che comporta adeguati investimenti e il potenziamento degli attuali organici redazionali.

 
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Post N° 840

Post n°840 pubblicato il 10 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Panorama: l'Unità a Massimo Moratti
"Annuncio dopo l'estate".

Ma tutti smentiscono

Il nuovo proprietario dell'Unita", il quotidiano dei Ds, è Massimo Moratti, petroliere e presidente dell'Inter. Lo scrive "Panorama": secondo il settimanale l'accordo è già stato siglato ma "l'annuncio arriverà tra settembre e ottobre. In ballo c'è l'organo del Partito democratico, il nodo è interno ai Ds", spiega al settimanale un socio della Nuova Iniziativa Editoriale, la società che pubblica il quotidiano. Ma ufficialmente la N.i.e. smentisce seccamente e annuncia azioni legali, anche se il Cdr accenna a "trattative sia sul versante romano che su quello milanese".

L'indiscrezione di Panorama. Il nocciolo azionario costituito 7 anni fa da Mediobanca intorno a vari imprenditori, tra i quali Marialina Marcucci (presidente), Francesco D'Ettore, Giancarlo Giglio, Marco Boglione e Massimo Ponzellini, ha infatti deciso di passare la mano. I costruttori romani Pierluigi e Claudio Toti, spiega ancora 'Panorama' nell'anticipazione trasmessa alle agenzie di stampa, paiono volersi fermare all'iniezione milionaria fatta nell'ultimo aumento di capitale della Nie.

Secondo 'Panorama', Veltroni ha sollecitato il Monte de Paschi a intervenire ma la banca ha risposto: sì all'editoria, soltanto con quote di minoranza. Il sindaco di Roma avrebbe così deciso di affidarsi a Guido Rossi, al tempo stesso consigliere personale del ministro degli Esteri Massimo D'Alema e amico di Massimo Moratti.

Il presidente dell'Inter, avvicinato fuori dal suo ufficio, ha reagito così: "Ma no, non è vero". Altre smentite sono arrivate da Marialina Marcucci e dal portavoce di Veltroni, che ha escluso qualunque ruolo del sindaco nella vicenda.

La società editrice. "In relazione alle notizie di agenzia ed alle anticipazioni dell'articolo di Panorama oggi in edicola, la società N.i.e s.p.a. editrice de l'Unità smentisce che siano stati conclusi accordi di qualsivoglia genere e con qualsivoglia soggetto, che abbiano determinato o possano determinare cambi nel controllo della società": è quanto si legge in una nota del giornale firmata dalla presidente del consiglio di amministrazione Marialina Marcucci che informa "di aver dato mandato ai propri legali di tutelare la società in tutte le sedi ritenute opportune a fronte di notizie prive di ogni riscontro con la realtà".

La posizione del Cdr. "Sappiamo che sono in corso trattative sia sul versante romano che su quello milanese, ma a che punto siano arrivate non lo sappiamo". Così Umberto De Giovannangeli del Cdr. "Come rappresentanti sindacali - prosegue - abbiamo sempre chiesto il rafforzamento della compagine azionaria che consentisse il rilancio del giornale. Abbiamo anche fatto 3 giorni di sciopero per rivendicare la necessità dello sviluppo del quotidiano".

Al futuro azionista, chiunque sarà, però il Cdr chiede due cose "fondamentali": "garantire autonomia e indipendenza del giornale, perché i giornalisti dell'Unità vogliono fare questa professione. Ben venga qualsiasi editore che voglia veramente fare questa professione". E ancora: "chiunque assumerà il pacchetto azionario garantisca che il quotidiano si rafforzi come 'primo giornale' e quindi si impegni a mantenere l'organico e non pensi a un ridimensionamento. Su questi punti il Cdr sarà vigile e intransigente".

 
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Post N° 839

Post n°839 pubblicato il 10 Agosto 2007 da cgil3palermo
 

Gentilini: "Pulizia etnica contro i culattoni"
Il prosindaco di Treviso dichiara guerra ai gay

C'è bisogno di iniziare una "pulizia etnica contro i culattoni". Con queste parole durissime Giancarlo Gentilini, prosindaco leghista di Treviso, ha dichiarato guerra agli omosessuali. Colpevoli, a suo dire, di aver trasformato il parcheggio di via dell'Ospedale in un luogo di incontro dove si consumano rapporti sessuali, suscitando le proteste degli abitanti della zona. "Darò subito disposizioni alla mia comandante dei vigili urbani affinché faccia pulizia etnica dei culattoni - ha detto ai microfoni di Rete Veneta l'ex sindaco sceriffo della Lega, riportano oggi i quotidiani locali - Devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c'è nessuna possibilità per culattoni e simili".

Gentilini è famoso per essere stato più volte protagonista di polemiche infuocate, l'ultima delle quali dopo il pestaggio dell'onorevole Vladimir Luxuria da parte della polizia russa. A tenere banco soprattutto le sue dichiarazioni sugli extracomunitari, che aveva definito "perdigiorno", suggerendo che "i gommoni degli immigrati devono essere affondati a colpi di bazooka".

E adesso ha annunciato un "giro di vite" contro gli omosessuali e gli scambisti. "Useremo la videosorveglianza per stroncare il via vai di scambisti", denunciato dagli abitanti nel parcheggio "a luci rosse", dove è stata segnalata anche la presenza di prostitute. "Darò disposizione di rinforzare le telecamere. Ma a me interessa piuttosto fare i controlli mirati - ha detto ancora Gentilini -. Quando la mia polizia vigilerà per la zona ci sarà un fuggi fuggi generale".

Per il sindaco di Treviso Giampaolo Gobbo, le dichiarazioni del prosindaco "non sono preoccupanti. E' il suo modo di essere. Lui parla sinceramente, con un linguaggio concreto che tutti capiscono. In questo caso si parla di decoro pubblico e noi cerchiamo di spostare gay, prostitute, coppie omosessuali o eterosessuali, fa lo stesso, che si scambiano effusioni sotto gli occhi di tanta gente". Un problema, spiega Gobbo, di dimensione nazionale, "e infatti ci stiamo attivando perchè venga cambiata la legge Merlin. Bisogna riaprire le case chiuse e creare quartieri a 'luci rosse' come succede nel resto d'Europa: garantiscono protezione sanitaria e tasse pagate".

Ma le associazioni omosessuali annunciano guerra. "Non possiamo - spiega Rossana Praitano, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli - restare in silenzio dopo affermazioni agghiaccianti come queste. Per questo quereleremo il prosindaco per apologia di Nazismo. Ci appelliamo al ministro degli Interni - aggiunge il presidente nazionale dell'Arcigay Aurelio Mancuso - affinchè intervenga nei confronti di una amministrazione che incita alla violenza"

E in risposta alle esternazioni di Gentilini, il deputato di Sinistra Democratica Franco Grillini propone di organizzare "subito un bel "kiss-in" a Treviso accompagnato dall'inaugurazione di una 'gay-street'". "E' importante - spiega Grillini - dar vita subito ad azioni di protesta, come si è fatto a Roma per il famoso bacio omosessuale"

 
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