Creato da: la.luna.piena1 il 15/03/2014
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21 OTTOBRE 1630. UNA TRAGICA VERITA' Capitolo nr 16

Post n°301 pubblicato il 19 Maggio 2024 da la.luna.piena1

Vede questo libro? Dire che sia eretico o blasfemo è dire nulla perchè questo, anzi colui che lo scrisse , si voleva sostituire a Nostro Signore. Si, mio caro Fra Anselmo, qui dentro si trovano scritte le antiche formule suggerite dal demonio stesso per dare vita a dell'inerte materia come può essere l'argilla. Secondo lei è possibile dare vita a della banale argilla? Far si che la polvere, che alla fine della nostra esistenza, veda sempre la vita?  Il Nostro Signore mentre soffiava la linfa vitale in Adamo disse che si è polvere e alla polvere si tornerà. Il Golem, che sarebbe l'abominio creato dagli ebrei, non è altro che un idolo fasullo e come tale deve essere cancellato dalla memoria degli ebrei stessi. Fra Anselmo, con le mani giunte dietro la schiena, lo ascoltava in assoluto silenzio, ma la sua mente ad un certo punto non ascoltava più le parole, ma faceva ipotesi su ipotesi. Ipotesi inconcepibili, pensava il povero frate, ma a cui bisognava dare  una verifica. Oramai le stava provando tutte e quando sembrava che la matassa si sbrigliasse questa si attorcigliava sempre di più e quindi si doveva ricominciare quasi da zero. Il Golem? A cosa sarebbe servito poi questo Golem agli ebrei? Va bene che erano costretti a vivere dentro ad un ghetto, non uscire dopo certi orari e guai a loro se venivano scoperti a fare affari con i gentili sia dentro o fuori dal ghetto. No! questa del golem era un'assurdità bella e buona, ma un controllo non avrebbe mai fatto male. Il giorno dopo, decise di ritornare da Donna Rachele e senza farsi annunciare prima, ad una certa ora di buon mattino era davanti al portone a bussare insistentemente al portone, fino a quando un servo gli aprì. Senza esitazione si fece portare al cospetto di Donna Rachele che si era appena svegliata. :Mio buon frate qual buon vento vi porta a quest'ora davanti al mio cospetto? Che cosa avete scoperto di così tanto importante da farvi dimenticare le buone maniere? Dopotutto sono una vedova e non vorrei che le false dicerie rovinassero i miei affari. < Tacete, Madonna e rispondete a questa mia domanda! Che cosa vi era scritto nelle pergamene che servivano per il prestito? Vi erano scritte per caso le formule magiche per dare vita al Golem? Rispondete , orsù!> Donna Rachele , lo guardò basita e subito dopo esplose in una sonora risata. Il Golem? Credete voi, a questa superstizione ebraica? Va bene che voi gentili avete coltivato il seme dell'odio e adesso questo seme è diventato una fiorente pianta con forti radici, ma nelle pergamene non vi era niente di tutto ciò. Quello che vi era scritto per voi gentili forse non vale niente, ma per gli ebrei vale tanto, anzi vale più della loro vita stessa. Caro il mio povero frate siete lontano da capire fino in fondo il tutto, ma ciò che vi era scritto non riguardava tutto ciò. Mentre loro due parlavano delle famose pergamene arrivò la domestica accompagnata dalla bambina che piano piano si stava riprendendo dal trauma. Non parlava ancora, ma era meno diffidente rispetto agli estranei e quando vide Fra Anselmo lo guardò e gli fece un piccolo sorriso. La bimba si avvicinò prima a Donna Rachele e le diede un bacio sulle guance, poi si avvicinò un po' esitante al frate. Lo guardò, guardò il crocefisso che portava al collo e poi all'improvviso si mise a piangere. Il suo pianto sembrava irrefrenabile, il petto scosso dai singulti, le lacrime che non si fermavano anche se sia la domestica e Donna Rachele cercavano di calmarla. Ad un certo punto la bambina, con enorme sorpresa di tutti disse che quel crocifisso e questo saio l'aveva già visto quella notte che era uscita di nascosto dal ghetto e quindi aveva visto qualcosa d'importante. Non era possibile, pensò Fra Anselmo; la bambina di sicuro si sbagliava. Un uomo di chiesa che nel cuore della notte è in giro per le strade con intenzioni assassine. Da un lato non ci voleva credere, da un altro pensava che oramai la soluzione era abbastanza vicina e bastava solamente gettare un'esca saporita per vedere prima o poi un pesce ad abboccare all'amo.

 
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21 OTTOBRE 1630 UNA TRAGICA VERITA' Capitolo nr15

Post n°300 pubblicato il 05 Maggio 2024 da la.luna.piena1

La bambina fu messa in un giaciglio a riposarsi, si sperava che con questo ennesimo trauma subito, non la facesse parlare per tanto tempo o per sempre. Oramai si sapeva che solamente lei poteva dire chi fosse la persona a cui si dava la caccia o che lo potesse indicare. Indicare, ma come? Mica si poteva farle vedere tutte le persone che vivevano nel ghetto o in alcuni quartieri cristiani. Bisogna trovare un modo per avanzare nelle indagini prima che a Roma si perdesse la pazienza. Fra Anselmo non sapeva come fare e chiese una udienza a Donna Rachele . Chiedere udienza, lui uomo di chiesa ,un uomo mandato da Roma con pieni poteri, chiedere e per di più ad una donna, una vedova. Si sperava solamente che le male lingue sempre pronte a malignare, questa volta tacessero. Si trovarono seduti su una panchina di marmo, ricoperta di cuscini damascati e sul tavolino alcuni vassoi contenenti frutta di stagione. Per prima cosa, il povero frate chiese come stava la bambina e che se per caso si fosse ripresa. Donna Rachele non diede risposte positive e quindi il discorso fu intavolato sugli ultimi fatti. Il tutto verteva su quelle antiche pergamene avute in cambio di un prestito cospicuo e soprattutto si doveva cercare il proprietario delle pergamene. Donna Rachele disse che il servo era quello ai servizi dell'Inquisitore di Ferrara, ma le sembrava molto strano che un uomo di chiesa, sempre alla ricerca di libri eretici da bruciare, fosse colui che le possedeva. Fra Anselmo la guardò sorridendo e le disse che a volte non è vantaggioso bruciare un'eresia se questa può portare un vantaggio economico. Un vantaggio, madonna, le disse non per se stessi, ma per la Santa Chiesa che ha tante spese. Fu la volta di Donna Rachele a guardarlo e ribadì dicendogli: Se lo dite voi, eccelso frate.....
Parlarono ancora per un paio d'ore e poi Fra Anselmo prese commiato e si incamminò verso il palazzo. Mentre camminava, la sua mente rimuginava ciò che sapeva e ciò che poteva dire o fare. L'unica soluzione possibile era quella di avere un colloquio non tanto con il domestico dell'Inquisitore perchè senz'altro gli era fedele, ma con l'Inquisitore stesso e se per caso lo si metteva sul chi va là, pazienza. 
Cambiò strada e si diresse seduta stante verso il tribunale dell'Inquisizione sperando che colui che si cercava fosse a bruciare qualche libro eretico. Ecco il bruciare un libro, la sapienza di decenni bruciata in un minuto e perchè? Perchè un uomo giudicava offensivo verso la Chiesa o verso Dio parole scritte da altre persone e di altre religioni. Non doveva essere Dio stesso a giudicare ? Non aveva donato il libero arbitrio all'uomo? Sorrise pensando che se avesse dato vita ai suoi pensieri di sicuro si sarebbe trovato in un batti baleno sotto i ferri del boia. Fu fortunato  e trovò l'inquisitore intento a bruciare ciò che non doveva bruciare. Vedendolo arrivare gli chiese : Qual buon vento , frate, la fa scendere in queste segrete?
Fra Anselmo fece un bel respiro e iniziò a parlare. Si domandava come mai uomini di altre religioni o Chiesa, fossero interessati e magari possedere libri che sicuramente potevano danneggiare la Santa Chiesa Romana.  Dopotutto solamente la Bibbia, possedeva la parola giusta di Dio, mentre tutte le altre erano in odore di eresia. L'inquisitore lo fece parlare e poi gli rispose. Caro Fra Anselmo, a volte per combattere un'eresia bisogna conoscerla fino in fondo e magari usarla per il proprio vantaggio. Un vantaggio anche economico per la Santa Chiesa. Questo mercemonio non è vendere l'anima al diavolo, anzi è proprio il contrario. Si combatte usando le stesse armi e solamente chi ha fede nella giustizia vincerà. Come sta vedendo io brucio i tomi pieni di eresia o che non possono portare vantaggi. Bruciandoli aiuto  la nostra Chiesa ad illuminare le menti di coloro che fino ad adesso hanno vissuto nel buio dell'ignoranza o della superficialità. Le faccio un esempio pratico per farmi capire. Vede questo libro?
Un libro pieno di eresia, blasfemia e quindi perchè permettere di leggerlo? Molto meglio farlo bruciare fra le fiamme purificatrici e pregare che il nostro Buon Dio illumini la mente di colui che lo ha scritto o di chi lo ha letto. 

 
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22 ottobre 1630 UNA TRAGICA VERITA' capitolo 14

Post n°299 pubblicato il 21 Aprile 2024 da paolaassisi

Scrosci di pioggia turbavano la notte e urla di vento penetravano nella casa di donna Rachele ed erano pianti, urla stridenti facevano vibrare i vetri e luce di di fugaci candele tremolavano. Nella casa la serva di Donna Rachele celava le grida tamponando gli occhi ed il volto con la veste. Donna Rachele cercava comprendere fra pianti e grida disperate. La bimba è fuggita! E’ fuggita donna Rachele! Ed infine fra grida nell’infuriare del temporale, nel tuonare del temporale infine la serva spiegò.

Dianzi la bimba tenuta per mano serena in Via San Romano emise un urlo, nella gonna della serva si celò e poi piangendo fuggì mentre un chierico o frate o non so usciva improvviso da un androne. Invano la serva disse averla rincorsa, la bimba urtando i passanti fece cadere altra bimba che portava seco un cesto di pani. I pani rotolarono nella via e un mulo spaventato si scosse e la vista della bimba celò. La bimba era scomparsa, nel ghetto. La serva invano cercò penetrarvi ma l’ora era tarda e prima di potervi entrare e cercare ove fosse la bimba, furono chiusi i cancelli del ghetto e la serva null’altro potè che aggrapparsi al cancello e raccontare il successo. 

Donne ebree si guardavano l’un l’altra e alcuni giovani si dispersero nelle strade del ghetto cercando la bimba. Era scomparsa.

Nella dimora cadde il silenzio ma presto seguirono ordini concitati. L’intera servitù fu chiamata e munita di torce costretta, attraverso il passaggio che univa il palazzo al ghetto, uomini donne e fanciulli  slanciarono bussando alle porte, in ogni dove cercando. Donna Rachele, i capelli scarmigliati e piedi nudi, anch’essa corse nel ghetto bussando alla porta dove ancora si piangeva il padre della bimba, il rabbino ucciso. Ma la casa era deserta. Le imposte chiuse, dal camino neppure un filo di fumo usciva. Era silenzio di vuoto.

Che fare? Ormai l’intero ghetto si era mosso. La bimba scomparsa. E infine nel ghetto cessò il suono dei passi, la notte calò silenziosa sul ghetto. Ultime gocce di pioggia cadevano sui tetti e le strade e fu silenzio in attesa del giorno. 

Donna Rachele fu accompagnata alla sua casa da donne premurose che sicure le dissero…. Riposa. Al sorgere del sole la bimba sarà ritrovata ed ella accettò sedersi in cucina, in ginocchio silenziosamente pregando.

Ma non fu alba. Fu prima dell’alba. Un bussare violento alla porta scosse donna Rachele dalla preghiera! Ma lume non v’era. L’ultima candela era spenta ormai e solo fiochi braci baluginavano ancora nel camino, tremando. Ma ella al buio si scosse. Corse, corse dalla ripida scala  null’altro anelando che giungere alla porta! 

Chi è chi è strillando senza risposta cercando nel buio il trave che chiudeva la porta ed infine lo trovò, lo scosse, lo tolse e la porta dischiuse! Un volto! La veste grondante di pioggia, i bianchi capelli avvolti nel saio, l’involto che teneva abbracciando nel volto distrutto dalla corsa, gli occhi luminosi ridenti mostrando, guardando, Padre Francesco sulla soglia s’accostò e l’involto come grande fagotto nelle braccia di donna Rachele posò. La bimba tremante abbracciò.

Non voglio dire quali attimi seguirono, l’emozione mia fu tanta che ricordo non ho. 

Ma ricordo le luci. La serva alimentava nel camino una fiamma rigogliosa, la bimba stringeva fra le mani una tazza calda di latte e come smarrita riguardava quel luogo, caldo, sicuro. Donna Rachele, le lacrime ancora cadenti, sedeva vicino a Padre Francesco, ascoltando rapita, riconoscente. Padre Francesco non tutto sapeva eppure aveva trovato nascosta sotto l’altare di Santa Chiara la bimba tremante. Alla vista del saio la bimba si scosse e piangendo era fuggita. Ma Padre Francesco svelto l’aveva ripresa e vedendo il terrore il volto aveva scoperto dal cappuccio del saio e la bimba riconoscendolo l’aveva abbracciato e più l’aveva lasciato. Per quale motivo la bimba avesse provato terrore vedendo il saio, non sapeva ma certo la vista di un saio l’aveva indotta alla fuga…. E nella cucina cadde il silenzio….

 
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21 OTTOBRE 1630 UNA TRAGICA VERITA' Capitolo nr13

Post n°298 pubblicato il 07 Aprile 2024 da la.luna.piena1

Il povero Frà Anselmo non sapeva più che cosa pensare. Si rendeva conto che più il tempo passava e più era facile che l'assassino la facesse franca cristiano o ebreo che fosse. Non voleva lasciare impuniti questi 2 omicidi, anche se le vittime erano ebrei, perchè solamente il buon Dio poteva togliere ciò che nella sua bontà aveva donato: la vita. Tutto questo pensò mentre si era ritirato nei suoi alloggi e  seduto ad un tavolaccio, cercava di stilare alcune righe per farle poi mandare, tramite un messaggero, a Roma. Non sapendo che cosa scrivere per spiegare la situazione e per evitare, soprattutto, le sfuriate a Roma decise di coricarsi, di aspettare l'alba e sperare nel buon Dio che lo aiutasse , dopotutto non si diceva che la notte porta consiglio? Le prime luci dell'alba videro Frà Anselmo già in piedi e senza nessuna idea in testa. La notte non portò consiglio, ma una inattesa sorpresa, questo si. Infatti c'era un piccolo servitore della vedova Rachele in attesa e lo doveva accompagnare a casa di costei per alcune cose che voleva dire e si raccomandava di non dire a nessuno dove era diretto se gli premeva la sua e la vita della vedova. Si stupì di tutta questa segretezza, ma non gli costava nulla a seguirla anche perchè in questo modo si era risparmiato di minacciarla di farla interrogare sotto tortura. Il piccolo "ambasciatore" gli disse di non camminare troppo svelto per  non far notare la premura di arrivare e di seguirlo in assoluto silenzio. Non si diressero verso la casa situata ai confini del ghetto con la città cristiana, ma si inoltrarono in alcune vie sempre più inserite del ghetto stesso. Arrivarono davanti ad un portone e dopo una serie di bussare, come se fosse un segnale pre stabilito, entrarono in un corridoio mal illuminato. La vedova Rachele li stava aspettando seduta su una panchina pieni di cuscini damascati, piluccando dell'uva posata su un vassoio vicino a lei e con enorme sorpresa, Frà Anselmo vide che vi era una bambina di 7-8 anni. Gli adulti si salutarono cordialmente e prima che il frate potesse pronunciare una parola fu zittito con una mano e la vedova iniziò una specie di monologo. < Prima che ci sia una terza vittima, perchè ci sarebbe stata e volendo avere la coscienza pulita la prego di ascoltarmi e senza farmi troppe domande. Come sa benissimo prima mio marito e adesso io imprestiamo scudi alle famiglie che ne hanno bisogno, ma non li diamo così facilmente come potrebbe sembrare. Chiediamo un qualcosa come un pegno che rimane di mia proprietà fino a quando la somma intera non viene restituita. Meno di un mese fa è venuto un servitore a chiedere soldi in prestito e come pegno mi offriva alcuni manoscritti scritti nella notte dei tempi. Ovviamente nessun servitore può avere dei manoscritti importanti e di valore e incuriosita gli chiesi di farmi vedere alcune pergamene per sapere se mentiva o meno. In quel momento che stavo trattando l'affare con costui, entrò una mia domestica e vedendola impallidire capii che lei lo conosceva. Il servitore disse che sarebbe ritornato al tramonto con il materiale chiesto e si congedò. Appena rimasi da sola chiamai la domestica e con mio enorme stupore mi disse che quel servitore era al servizio dell'Inquisitore di Ferrara e di stare ben attenta perchè non era escluso una trappola per essere arrestata come proprietaria di libri eretici. Ero molto incerta se trattare ancora questo affare o con una scusa rifiutare il tutto, ma la curiosità era tanta che decisi di rischiare. Al tramonto il servitore ritornò e mi fece vedere alcune pergamene. Mi feci il segno della croce perchè quelle pergamene non erano altro che il Deuteronomio. Le parole che ogni ebreo deve sapere fin dalla giovane età.

Questo fece cadere le mie ultime perplessità e gli dissi che si poteva fare benissimo l'affare. Quando rimasi sola feci chiamare il  rabbino ucciso e le feci vedere a lui per capire se effettivamente erano vere o copiate. Il rabbino disse che erano autentiche e che bisognava  assolutamente avere le altre pergamene. Gli dissi che alla fine non potevano rimanere nel ghetto per sempre perchè appena venivo rimborsata le dovevo restituire come nei patti. Il rabbino disse che vi erano due possibilità: la prima era quella di farle ricopiare e dare indietro quelle false, oppure essere rimborsata dalle famiglie del ghetto e far si che rimanessero nelle mie mani. Che cosa fare? Decisi di lasciare fare al rabbino perchè non volevo che si sapessero certe cose per non rovinare la mia nomea e quindi trovarmi a non fare più affari come stavo facendo. Ammetto che mi sono comportata molto male, forse pure in modo egoistico, ma non mi potevo immaginare che quelle pergamene non erano importanti per i miei fratelli ebrei, ma anche per un "gentile" in particolare. Talmente importanti che pur  di ottenere certi importanti affari  non si era tirato indietro ad uccidere il rabbino prima e poi un povero frate che forse era ignaro di tutto. Frà Anselmo disse che il suo ragionamento era molto chiaro, ma quella bambina che  si era seduta vicina a lei chi era? Rachele, guardò prima il frate e poi la bambina facendole un dolce sorriso. Si voltò di nuovo e gli disse che quella bambina era la figlia del primo rabbino ucciso e per un piccolo caso non era stata uccisa anche lei, ma lei era l'unica che aveva visto tutto. Lo fermò immediatamente aggiungendo che per il forte trauma da quella notte non aveva proferito più una  parola.
 
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21 OTTOBRE 1630 UNA TRAGICA VERITA' Capitolo nr12

Post n°297 pubblicato il 24 Marzo 2024 da la.luna.piena1

Frà Anselmo, al suo ritorno dalla casa della vedova, fu informato da uno dei due chierici che il magister aveva finito il suo lavoro e che voleva parlare con lui per ciò che aveva trovato, ma solamente a lui e nessun altro. Sebbene l'ora si era fatta tarda e che il povero frate iniziava ad avere un po' di appetito la curiosità prese il sopravvento e senza indugi si incamminò verso le aule della università che non erano a breve distanza. Dire che camminò era quasi un eufemismo perchè mancava poco che si fosse messo a correre. Intuiva dentro di se che c'era una svolta e forse, molto forse la soluzione non era tanto lontana. Appena arrivò chiese ad uno studente dove era l'aula del magister e con sorpresa l'alunno gli rispose che il magister lo stava aspettando. Entrò e lo vide piegato su un tavolo dove vi era adagiato un povero cadavere semi sezionato. Sapeva che queste lezioni erano semi proibite e per questo le si faceva alla sera tarda. Il magister sentendo i suoi passi in avvicinamento si alzò come un fuso, lo guardò e lo salutò . Prima che Frà Anselmo gli rivolgesse la domanda, lo fermò con un gesto della mano e con una campanella chiamò un inserviente per far sparire il cadavere e dare una pulita per le lezioni del giorno dopo. Uscirono  dall'aula e e si ritrovarono in un piccolo studio colmo di libri appoggiati in qualsiasi spazio e alcuni aperti su tavole del corpo umano. Il magister disse che una cosa così non l'aveva  mai vista. Una ferocia  così disumana non era da esseri umani, ma da demoni. Disse che entrambi i due omicidi erano avvenuti usando la stessa arma e la stessa ferocia. L'assassino o gli assassini non avevano esitato a colpire con un bastone, probabilmente, prima di dare la stilettata definitiva. Frà Anselmo iniziò a capire che non si doveva più cercare nel ghetto, ma bensì nella città cristiana perchè solamente i "gentili" come erano chiamati i cristiani dagli ebrei potevano portare con se armi da difesa senza incappare in guai pesanti. Quindi  si doveva ritornare a torchiare la vedova Rachele sui suoi affari e assolutamente bisognava che dicesse tutto ciò che sapeva. Caso mai facendole paventare l'idea  di un interrogatorio fatto non più fra le sue mura domestiche, ma in una segreta del tribunale dell'inquisizione. Con questo pensiero semi abbozzato si congedò dal magister e uscendo si incamminò verso il palazzo che lo ospitava. Appena arrivò chiese ad un domestico di portargli qualcosa da mangiare, ma che fosse frugale. Aveva bisogno di riposarsi senza avere incubi causati dal troppo cibo che poteva  aver ingerito.  Per il povero frate era destino che quella sera non andasse niente come desiderava lui. Infatti era intento a mangiare un po' di formaggio con delle olive quando gli fu detto che il Cardinale di Ferrara aveva l'urgente necessità di parlare con lui e che lo aspettava immediatamente a palazzo e per far prima fuori c'era la carrozza ad aspettarlo. A malincuore lasciò nel piatto le ultime olive e i pezzi di formaggio e dopo un po' era al cospetto del Cardinale che non era tanto di buon umore. Il cardinale gli chiese se era stato necessario tutto quel via vai fatto in questo giorno. Far indagare a un magister le ferite mortali per capire il tipo dell'arma usata. Non bastava sapere che la morte delle due vittime era da pugnale? Un banalissimo pugnale che qualsiasi criminale poteva portare con se, magari nascondendolo fra le pieghe degli abiti che indossava. Poi a cosa era servita la visita alla vedova? Non era necessario far sapere che quella vedova continuava a fare affari al posto del marito, pace all'anima sua. Frà Anselmo ascoltò a capo chino la sfuriata del cardinale, aspettando il momento migliore per dire il suo pensiero. Aveva già capito che il Cardinale aveva messa una spia a controllare i suoi movimenti e quindi tanto meglio che si potesse giocare  a carte aperte. La filippica del Cardinale durò una 15 ina di minuti, camminava avanti indietro, le mani unite dietro la schiena e sempre più nervoso. Frà Anselmo, vedendolo calmo e fermo in cerca della sua risposta, fece un bel respiro e iniziò a controbattere. In primis non era un volgare pugnale, ma bensi' uno stiletto  con lama fatta a Toledo (si capiva dal taglio di entrata) quindi un'arma non per tutti. Si aveva bisogno del magister per vedere se i colpevoli erano uno solo, come sospettava, o i delitti erano scollegati tra loro. Infine le domande fatte alla vedova servivano per restringere il campo di ricerca e con le ultime scoperte aveva ragione a pensare che l'assassino non era un ebreo, ma un cristiano e forse di buona famiglia. Il Cardinale lo guardò meravigliato e gli chiese se voleva andare avanti alla ricerca. Il frate disse che non era lui a decidere, ma bensì il Santo Padre che lo aveva mandato apposta. Si sarebbe ritirato nei suoi alloggi, avrebbe scritto una lettera a Roma e poi avrebbe atteso gli ordini su come procedere. Il Cardinale disse: Sia fatta la volontà di Nostro Signore e poi lo congedò  

 
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